Unical, laurea ad honorem a Karl-Otto Apel Lo studioso è una figura centrale della filosofia contemporanea a livello mondiale
Lunedì, 19 ottobre, alle ore 10:00, nell’Aula Magna dell’Università
degli Studi della Calabria, il Dipartimento di Studi Umanistici conferirà
la laurea magistrale honoris causa in Scienze della Formazione
Primaria al filosofo tedesco Karl-Otto Apel.
Apel è una figura centrale della filosofia contemporanea a livello
mondiale. Nasce a Düsseldorf (Germania) il 15 marzo 1922, consegue
il Dottorato nell’Università di Bonn nel 1950. Nel 1961 ottiene
l’abilitazione alla libera docenza nell’Università di Mainz. Come
ordinario di Filosofia esercita la docenza dal 1962 al 1969
nell’Università di Kiel; dal 1969 al 1972 nell’Università di Saarbrücken,
finché si trasferisce a Francoforte nell’Università “Johann Wolfgang
Goethe” in cui è professore emerito dal 1990. Più volte visiting
professor in molte università americane e europee, nella sua lunga e
prestigiosa carriera è stato insignito di innumerevoli premi e
riconoscimenti ed ha ricevuto più volte lauree honoris causa.
Congiuntamente a Jürgen Habermas ha elaborato l’etica del
discorso (o della comunicazione), un approccio nuovo in filosofia,
che Apel configura come terzo paradigma della filosofia prima,
passando dalla filosofia dell’essere (Aristotele) e dalla filosofia del
soggetto (Kant) alla filosofia intersoggettiva o dell’argomentazione.
In completa controtendenza rispetto alle filosofie del postmoderno,
da Foucault a Derrida e Rorty, insiste sulla possibilità di un’etica
universalmente condivisibile. Quel che Apel cerca sono le condizioni
di un’etica minima universalizzabile che sappia rispondere alle sfide
di un mondo globalizzato e in dipendenza dalla tecnica. Come
rispondere ai rischi (per esempio ecologici) di un mondo globalmente tecnicizzato senza un’etica comune,
condivisa o condivisibile? Per Apel, la risposta a questa domanda può avvenire solo spostando la filosofia
tradizionale sul piano della comunicazione e dell’argomentazione, perché è la comunità comunicativa, nella
sua forma intersoggettiva e argomentativa, che apre alle condizioni di un’etica condivisibile universalmente e
vincolante per tutti nel mondo. E di un’etica del genere abbiamo bisogno, soprattutto oggi in un’epoca in cui
regna sovrana la tecno-scienza con tutti i suoi vantaggi ma anche con tutti i suoi incommensurabili svantaggi.
La società del rischio esige un’etica della responsabilità, minima, universalizzabile, nell’interesse non solo del
presente ma anche del futuro dell’umanità. Come giungere ad un’etica che possa essere condivisa
globalmente? Apel, nella sua teoria dell’etica del discorso, dimostra che i presupposti di un’etica valida
universalmente non sono da cercare in nuove filosofie o in rinvio alle tante filosofie del passato. I presupposti
dell’etica sono già sempre costituiti nel discorso filosofico stesso. Nel momento in cui ci rimettiamo seriamente
al discorso, siamo già all’interno di alcune pretese universali di validità che abbiamo, già sempre, riconosciuto:
1) la pretesa di senso (in un discorso serio si fanno domande sensate); 2) la pretesa oggettiva di verità (le
domande che formuliamo in un discorso pretendono di dire il vero e di valere per tutti – questa pretesa è
riferita al mondo esterno); 3) La pretesa soggettiva di franchezza (chi partecipa al discorso lo fa in modo
franco e nella ricerca comune della verità – questa pretesa è riferita al mondo interiore); 4) La pretesa
intersoggettiva morale di giustezza (le tesi che nell’argomentazione risultano vere devono essere condivise –
questa pretesa è riferita al mondo sociale).
Per Apel, se queste pretese vengono soddisfatte siamo nella situazione discorsiva ideale, cioè all’interno di un
modello di società giusta che coincide con la comunità comunicativa democratica di uomini uguali e liberi
che dialogano sui problemi e cercano di risolverli razionalmente. Queste pretese rendono il discorso
strutturalmente etico. Se, come propone Apel, ci rimettiamo a quest’etica, abbiamo un orizzonte comune,
normativo, intersoggettivo, valido non solo per cogliere le sfide del mondo globalizzato, ma per trovare, nella
ricerca comune, anche le giuste risposte; giuste perché sono risposte nell’interesse generale di tutti e non per
pochi privilegiati. Giuste, inoltre, perché nell’interesse anche delle future generazioni e nell’interesse di quanti
non sanno e non possono articolare i propri interessi, come per esempio i bambini.