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TAURIANOVA (RC), SABATO 27 APRILE 2024

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La “P(p)olitica ai tempi dei social e dei… “deliri di onnipotenza” in salsa servita nei peggiori ristoranti A volte, nella vita come in P(p)olitica occorre ricordarsi delle parole di Novalis, quando si vede un “gigante”, bisognerebbe esaminare prima la posizione del sole e badate bene che non sia l'ombra di un pigmeo

La “P(p)olitica ai tempi dei social e dei… “deliri di onnipotenza” in salsa servita nei peggiori ristoranti A volte, nella vita come in P(p)olitica occorre ricordarsi delle parole di Novalis, quando si vede un “gigante”, bisognerebbe esaminare prima la posizione del sole e badate bene che non sia l'ombra di un pigmeo

Di GiLar

La politica moderna mi appassiona sempre meno, così come il modo di farla in un connubio tra il “dire e il non dire” o meglio, la “paura” anche di fare nomi quando in questa cloaca si fanno allusioni senza mai citare il “colpevole”. La politica locale si è ridotta ad un chiacchiericcio da gossip come nei bar, nei peggiori bar…
A volte non mi sorprende cosa si scrive né chi lo scrive, mi sorprendono i “like istituzionali” di chi dovrebbe essere parte attiva e che invece è spettatore delegante in attesa della “folgorazione” o di un secchio d’acqua di qualche pozzo avvelenato.
“Non starò più a cercare parole che non trovo…”, citando Francesco Guccini né menzionerò il grande e irraggiungibile Umberto Eco e la sua teoria sui social sulle “legioni di imbecilli” perché penso che in fondo la parola va data a tutti e quel “quarto d’ora di popolarità” va concesso a prescindere, ma certamente andrebbe citato Flaiano sui “giornalisti” che se dovessero trovarsi a leccare il culo dei potenti e trovassero “carta vetrata”, non avrebbero più la lingua. Ma non è così, purtroppo…ahimè…
La politica si è ridotta a un mero fenomeno da baraccone, si improvvisa, così come si improvvisano intellettuali, artisti, poeti e scaricatori di porto, ma che in fondo tali “esperimenti umani” una volta li vedevi pascolare nei verdi prati di periferia ed ora, comandano, hanno diritto di veto perché quello della parola, ha i suoi contorni misteriosi negli alvei oscuri di un fiume mitologico e non più frequentato dagli dei.
E non c’è bisogno di andare nei grandi palcoscenici della politica nazionale, basta guardarsi intorno in quella diciamo, “localistica”, dove si denotano ubriacature di potere, deliri di onnipotenza e di intellettualità, appunto “deliri”, una sorta di gara a chi la riesce a saltare il gradino più alto, una gara di statue di cera da esposizioni museali per dilettanti in cerca di un proscenio.
Non c’è forma politica né sostanza di intenti, ma solo firme immaginarie di pensiero che i delegati, delegano, ma non favillano né sanno favillare (ed è questo il dramma).
“Narrami, o Musa, l’uomo dall’agile mente che a lungo andò vagando, poi che cadde Troia, la forte città, e di molte genti vide le terre e conobbe la natura dell’anima, e molti dolori patì nel suo cuore lungo le vie del mare, lottando per tornare in patria coi compagni”, e in questo immenso mare che naufragano le speranze di noi comuni mortali per un impeto di dignità altrui e mai per interposta persona dove il giornalismo deve sopperire alle mancanze “politiche” di chi da essa ne trae beneficio, prebende e tanto, ma tanto altro ancora. Dove l’apparenza di un selfie fa diventare la “sagra dei pappaluni” in uno grande slam.
Questa rubrica ha sempre criticato, anche duramente, i costumi politici seppur molte volte con ironia in quanto come ci insegnò il grande Romain Gary, “l’ironia è una dichiarazione di dignità”, quella che poi manca osservando i rappresentanti politici (a tutti i livelli) di turno. Tu vedi bandiere al vento di passaggi “transumanti” da un partito all’altro, nemmeno il tempo di distrarti che si passa da una “mutanda” verde a quella tricolore e viceversa. Li leggi nelle note stampa come una sorta di “lacchè” a tempo indeterminato e alcuni con contratto Co.co.co., tra uno spot, ora definito “reels” ed a volte “stories”, oggi la terminologia social è all’avanguardia, come una giostra che ripete lo stesso giro con gettoni dal costo di un incarico politico, tra portaborse, assistenti e qualche caramella da gusto dolciastro di un surrogato zuccherino.
Dov’è te li ritrovi a casa mentre comodamente stai consumando un pasto e mangi magari broccoli (non politici, ma commestibili), e ti dicono “Grazie al presidente tal del tali, al ministro zumpa i campagnaru ed a tutto il consiglio che voi potete mangiare broccoli e li mangerete sempre”.
È una politica dai connotati rurali e dai lineamenti da pedanteria acuta, termine molto caro ad Antonio Gramsci, ma in fondo cosa vuoi che sia che questa gente ha in mano un potere che decide, ma decide male, molto male e chi dovrebbe controllarlo non decide affatto!