Un libro per ricordare il giornalista Alessandro Bozzo
redazione | Il 25, Mar 2014
Giovedì, a Cosenza la presentazione del libro “Sacro Fuoco. Storie di libertà di stampa”, scritto da amici e colleghi di lavoro
Un libro per ricordare il giornalista Alessandro Bozzo
Giovedì, a Cosenza la presentazione del libro “Sacro Fuoco. Storie di libertà di stampa”, scritto da amici e colleghi di lavoro
Giovedì, alle 18, sul Terrazzo Pellegrini di Cosenza, si terrà la presentazione del libro “Sacro Fuoco. Storie di libertà di stampa”, a cura di Tommaso Scicchitano.
Relatori:
Arcangelo Badolati, Annarosa Macrì, Marta Perrotta, Roberto Grandinetti, Marco Cribari
Conduce:
Antonietta Cozza
Conclude:
Tommaso Scicchitano
Tennis e pochi aggettivi. Il tennis è narrazione, pura drammatizzazione di un duello
che avviene, brutale, in pochi scambi, e lascia ad ogni punto un
perdente e un vincente sul terreno di gioco. Così era la scrittura di Alessandro
Bozzo: essenziale, lapidaria, epidittica. “Frasi corte e pochi
aggettivi”.
Ad un anno dalla sua scomparsa – era il 15 marzo del 2013 – amici e colleghi di lavoro
ricordano Alessandro Bozzo con una pubblicazione a più mani dal
titolo “Sacro fuoco. Storie di libertà di stampa” curata da Tommaso Scicchitano.
Il volume si avvale del contributo di undici giornalisti e,
nella sua particolare eterogeneità, compone un affresco sulla libertà di stampa
in Calabria e sulle trame complesse che si intrecciano nella
pubblicazione di una notizia o nella sua manipolazione o, addirittura, nella sua
omissione. La manipolazione delle notizie è consuetudine in molte
redazioni d’Italia, e la Calabria veste la maglia nera. Alessandro Bozzo ha pagato
in prima persona l’opposizione a questa nefanda e nefasta
consetuidine. Lui, capace di appiccare il sacro fuoco della passione giornalistica
nell’animo di compagni di viaggio più timorosi.
Dunque “queste pagine – scrive Tommaso Scicchitano nella presentazione – hanno
l’intento di dare voce a chi paradossalmente dovrebbe darla,
strappa quel velo ipocrita che vorrebbe farci credere che la libertà di stampa è
garantita. L’unica verità che c’è da sapere
sull’informazione è che la verità è garantita dalla passione del giornalista,
il quale si trova a dover lottare contro la tentazione di
autocensura, contro il direttore richiamato dall’editore accusato a sua volta dal
politico, contro chi non vuole dare le notizie, contro le querele
facili e le richieste di risarcimento danni stratosferiche, spesso contro la paura
di prendere un buco”.
Nelle pagine della sinossi Rosamaria Aquino racconta delle tribolate condizioni di
lavoro dei cronisti calabresi e dell’abitudine alle ingerenze
dell’editore e dei politici suoi sodali. Una sciagurata abitudine che porta alla
censura self made, la piaga verso cui si ha il dovere morale di
reagire. I giornalisti che non fanno i giornalisti si devono sentire in colpa. Mestiere
complicato quello del cronista, perché alcune volte si è
tenuti a condurre delle controinchieste sulle verità ufficiali offerte dalla procura
e dalla stampa pigra – come spiega Arcangelo Badolati.
Gabriele Carchidi ripercorre le prime stagioni di “Calabria Ora”, mostrando,senza
peli sulla lingua, la pressante influenza dell’editore. Marco
Cribari invita ad amare la verità, l’autentico :la verità vale più della libertà
perché si può anche essere liberi di scrivere cose non vere.
L’affetto degli amici, per Alessandro, è vivissimo. Eleonora Formisani ricorda
la sua meticolosità, il suo “voler vederci chiaro”. Eugenio Furia
mette a fuoco l’Alessandro compagno di scrivania, in redazione, i consigli dati,
i suoi convincimenti, le sue arrabbiature, i suoi slanci purissimi.
Sacro fuoco della passione per la scrittura e per il racconto giornalistico. E per
il tennis, anche. E per il Canada, e per Donnici.
L’obbligatorietà della sincerità e dell’esattezza, nella cronaca giudiziaria,
emerge nella nota di Roberto Grandinetti, “avversario” di
Bozzo nei corridoi della procura. La voglia di raccontare le “cose come stavano”,
e non come qualcun altro avrebbe preferito, è la protagonista delle
storie narrate da Camillo Giuliani e da Pablo Petrasso, storie coinvolgenti che mostrano
cosa sia l’urgenza della verità e come non sia
sopprimibile. Lucia Serino fa notare, con accortezza, che in questo mondo popolato
dai social, dove tutti siamo bravi a condividere, è fondamentale
chiedersi chi va a scovare i contenuti scomodi. C’è sempre un giornalista coraggioso
che va a smuovere la crosta che copre le cose che qualcuno
vuole tenere all’oscuro. Poi siamo tutti bravi a condividere. Conclude Alfredo
Sprovieri, con uno schizzo che racchiude tutto Alessandro: «Frasi
corte e pochi aggettivi, cazzo».