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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 16 MAGGIO 2024

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Su Calabria on web l’intervista a Vito Teti

”Solo un Mezzogiorno aperto e cosmopolita potrà avere un futuro”

Su Calabria on web l’intervista a Vito Teti

”Solo un Mezzogiorno aperto e cosmopolita potrà avere un futuro”

 

 

REGGIO CALABRIA – ”Corrado Alvaro parlava della Calabria come di una terra difficile da raccontare anche perché essa è stata inserita in una sorta di geografia romantica. Calabria e Asturie: questo era l’accostamento che la sua padrona di casa berlinese ripeteva ad Alvaro come un ritornello”. È la riflessione dell’antropologo Vito Teti in una intervista concessa a ”Calabria on web”, il magazine del Consiglio regionale (www.calabriaonweb.it). ”Viaggiatori e osservatori esterni, dal Cinquecento in poi – ha aggiunto – hanno parlato di Calabria come terra lontana e primitiva, Africa, India interna, e quindi come luogo dell’alterità estrema. Altre immagini hanno privilegiato aspetti esotici e di colore. E così abbiamo le immagini del buon calabrese, ospitale e generoso. Spesso gli stessi osservatori lo descrivevano come sanguinario, brigante, vendicativo, feroce, crudele, inserito in una terra di bellezze e di rovine, con paesaggi incantevoli, sublimi, anch’essi inafferrabili. Tutto e il contrario di tutto. La regione rappresenta una sorta di luogo ossimoro. Nel senso di terra indecifrabile, anche perché le élite della regione spesso per reagire agli stereotipi esterni hanno costruito un’identità difensiva, angusta, un senso di noi opposto agli altri”. A Luigi Pandolfi che lo intervista, Vito Teti, ordinario di etnologia dell’Università della Calabria, dove dirige il Centro di antropologie e letterature del Mediterraneo, nonché uno degli intellettuali meridionalisti più accreditati, dice: ”Solo un Mezzogiorno aperto e cosmopolita potrà avere un futuro”. Spiega l’antropologo, che per i tipi della Einaudi ha appena pubblicato il saggio il ‘Maledetto Sud’ mentre di recente il suo romanzo ‘Il patriota e la maestra’ fa parte della terna che gareggia per il Premio letterario Tropea: ”Abbiamo pensato, in molti, che il Nord fosse il responsabile di tutto, ma adesso, a cinquant’anni dalle illusioni moderniste e del boom economico, dobbiamo riconoscere che i ceti politici meridionali, che hanno contato e come nella prima e nella seconda Repubblica, hanno avuto responsabilità a volte maggiori di quelli del Nord. Abbiamo contrastato le immagini odiosamente razziste della Lega, ma spesso, con i nostri comportamenti, abbiamo finito per dare consistenza agli stereotipi più cupi”. A proposito del ruolo degli intellettuali, Teti dice: ”Dalle élite intellettuali, che sono numerose nella regione, ci si attenderebbe capacità, impegno, rigore, rispetto delle regole, senso etico, autonomia dalla politica. E invece, purtroppo, pure con lodevoli e significative eccezioni, non sempre è stato così. Noi denunciamo, ad esempio, la devastazione e il degrado del territorio incolpando la politica e i partiti e ci mancherebbe altro, però bisogna domandarsi quanto tecnici, ingegneri, architetti, geometri, geologi non siano stati compartecipi e complici di pratiche devastatrici, assecondando il politico o il datore di lavoro di turno, anche quando compivano chiare irregolarità e scelte illegali?”. Questo il messaggio che il professor Teti invia ai giovani calabresi e meridionali: ”Quello che penso di poter consigliare ai giovani è di continuare a studiare, a leggere, a tenersi informati, a viaggiare (sperando che possano farlo), ad avere la voglia di cambiare il mondo e di farsi promotori di una cultura delle regole, della legalità, del merito. Ad un giovane potrei dire (lo dico ai miei figli) che si può essere ”paesani” in senso angusto o in senso positivo; che una sottile linea d’ombra separa persuasione e retorica. Non si fugge dalle proprie origini, ma non bisogna restare prigionieri delle origini”. Alla domanda se esiste un’identità meridionale, l’antropologo dell’Unical ha così risposto: ”C’è il Sud e ci sono tanti Sud. Il Meridione non è un’entità geografica, culturale, economica: ci sono doppiezze e articolazioni, aree più depresse e aree più sviluppate. C’è il Sud che accoglie davvero e c’è un Sud che usa la retorica dell’accoglienza per interessi non sempre trasparenti e legittimi. C’è il Sud delle mafie che devastano e inquinano tutto e c’è un Sud che non accetta più lo strapotere mafioso, che non tace, si ribella. Insomma, il ‘noi meridionali’, come l’identità meridionale, mi sembra sterile”.