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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 05 MAGGIO 2024

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“La cosca Pesce voleva corrompere un giudice di Cassazione”

“La cosca Pesce voleva corrompere un giudice di Cassazione”

Lo ha detto in dibattimento un agente della polizia penitenziaria

“La cosca Pesce voleva corrompere un giudice di Cassazione”

Lo ha detto in dibattimento un agente della polizia penitenziari 

 

 

– PALMI (REGGIO CALABRIA) – La cosca Pesce di Rosarno era intenzionata a corrompere un giudice della Corte di Cassazione per far scarcerare uno dei boss, Salvatore, padre della pentita Giuseppina. A riferirlo e’ stato un ispettore della polizia penitenziaria deponendo nel processo in corso davanti ai giudici del Tribunale di Palmi contro i presunti affiliati alla cosca.

L’ispettore, riprendendo quanto aveva già detto in una precedente udienza, dopo essere stato sottoposto al controesame da parte dei difensori, è stato nuovamente sentito dalla pm Alessandra Cerreti. Rispondendo alla domanda del pm, l’ispettore ha sostenuto che da alcuni colloqui intercettati tra il 2006 ed il 2007 nei carceri di Palmi e Milano tra Salvatore Pesce e la moglie Angela Ferraro e tra quest’ultima ed il fratello Giuseppe, emerge l’intenzione della cosca di avvicinare un giudice di Cassazione per ottenere la scarcerazione di Salvatore in cambio di 100 mila euro. Dalle intercettazioni, ha riferito il sottufficiale, emerge che in passato ci sarebbe stato un altro tentativo andato a buon fine, ma che il secondo fallisce per il rifiuto di un avvocato a fare da tramite. Al termine dell’audizione del sottufficiale ha chiesto di parlare Antonino Pesce, ritenuto il capo assoluto della cosca e attualmente detenuto per scontare una condanna all’ergastolo. “Mio figlio – ha detto – non c’entra niente, è solo una vittima e l’hanno messo al 41bis per non farlo difendere. Lui è innocente e se ci sono responsabilità sono mie perché a casa mia comando io”. Un’affermazione, quest’ultima ripetuta più volte. Antonino, che ha comunque sostenuto di essere responsabile di alcunché, ha fatto riferimento al figlio Francesco, condannato nel settembre scorso a 20 anni di reclusione per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, tra i quali una squadra di calcio di serie D, ed estorsioni. Un altro figlio di Antonino, Giuseppe, è attualmente latitante. “Produrrò i documenti che mio figlio era un campione di calcio ed incensurato”, ha detto Antonino Pesce, aggiungendo che il figlio avrebbe dovuto farsi giudicare non dal gup ma da un tribunale per potersi difendere. Dopo le dichiarazioni spontanee di Antonino Pesce, il tribunale ha infine stabilito che la deposizione della collaboratrice Rosa Ferraro, cugina di Giuseppina Pesce, avrà luogo nell’aula bunker di Milano dal 24 al 26 novembre prossimi. Rosa Ferraro dal giugno del 2006 vive sotto protezione in una località segreta dopo che la polizia penitenziaria ha scoperto un progetto di omicidio ai suoi danni.

redazione@approdonews.it