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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 02 MAGGIO 2024

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“Oh mamma, mi ci vuol la fidanzata!” Elucubrazioni social-popolar-megalomanie rancorose

“Oh mamma, mi ci vuol la fidanzata!” Elucubrazioni social-popolar-megalomanie rancorose
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“Oh mamma, mi ci vuol la fidanzata. Uh mamma, mi ci vuol la fidanzata. Io vorrei quella cosa tanto cara, deliziosa, che fa il cuore sospiroso, che fa il cuore palpitar.”, cantava così, Natalino Otto. Ma se al posto della “fidanzata”, inserissimo la parola “giornalista”, nascerebbe una pletora di aspiranti “fidanzati” dove il “trovato fidanzato (anche sessualmente variopinto)” o trovatore checchè si dica, diverrebbe maestro tra i nani, ballerini e mezze calzette.

Non è un passo demenziale come in tanti, forse, avranno intuito, ma una riflessione seria che attraverso ciò che si legge nei social, nei blog così come in molti contesti dove il dono della parola coincide con libertà, e dove gli “imbecilli” di Eco allargano il proprio raggio d’azione operativo.
L’avvento dei social ha costruito personaggi che hanno cercato ed ottenuto (con successo), la loro valvola di sfogo, il toccasana per le frustrazioni nonché le loro morbosità da curriculum per far capire (o poveri illusi), le loro credenziali che non hanno o se ce l’hanno con annessi (molti) scheletri negli armadi, e questo un social, difficilmente lo fa vedere in prima persona se non per conto terzi.

Tu li vedi addobbati, li vedi filosofi e giornalisti (in cerca d’autore), li vedi vittime e cornuti, ma li vedi adulteri dei loro stessi ideali pur di uno spicciolo o di una alice sott’olio, detta comunemente “acciuga”.
C’è il playboy dalle foto spaparanzato con gel o nel peggiore dei casi, brillantina Linetti in testa che sorseggia un drink, una sorta di mistura fatta di acqua piovana e colorante che molte volte somiglia ad un piscio in autogrill. C’è il gay che sembrano Socrate in gonnella con dietro il proprio “curriculum vitae” attaccato sotto le scarpe come la busta del famoso comico cabarettista di Zelig, e che non perde occasione per dire, “Io ce l’ho più grosso di te!”, cosa (?) non si sa.

E poi ci sono i giornalisti quelli avanguardisti, antimafiosi, anticlericali, antitetanici ed antibiotici che, nelle loro elucubrazioni eterosessuali sconvolgono i palinsesti con filippiche d’oltretomba che lasciano solo ai posteri non l’ardua sentenza, ma l’arduo compito dello stomaco di assorbirne la lettura per i pochi eletti. E che figli dello loro “disgrazie” cercano vetrine non appannate per affacciarsi ad un direttore che verrà e dirà, “vieni a lavorare con me”, e poi, dopo averli conosciuti, quel “vieni” diviene, “Vai a trovarti pane”.
Ed infine ci sono loro, le donne, ah le donne, quelle scosciate, con seni a go go, e se cadenti, c’è sempre un braccio a sorreggerli, quelle che hanno un sorriso per ogni occasione e che, c’è sempre un “sei bellissima” di circostanza e d’occasione. Anche a quelle con l’account falso (purchè “respira”), l’uomo è cacciatore, ma inconsapevole preda di giornata.

Signori, questo è la vetrina dell’improponibile di quelle che nessuno mai lava perché gli aloni servono e celano quello che di (molto) triste c’è dietro.
“Mamma voglio anch’io una pupetta per baciare che non faccia come quelle in sogno, sospirare. Che mi stringa forte sul suo cuore, innamorata, si, oh mamma, mi ci vuol la fidanzata”.