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TAURIANOVA (RC), VENERDì 03 MAGGIO 2024

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Nuovi risvolti nel processo sul presunto caso di malasanità all’ospedale di Polistena

Nuovi risvolti nel processo sul presunto caso di malasanità all’ospedale di Polistena

Ammessa dal tribunale la costituzione di parte civile dei genitori del bambino che ha subito gravi lesioni subito dopo la nascita e delle associazioni Codici onlus e Codici Salute

Nuovi risvolti nel processo sul presunto caso di malasanità all’ospedale di Polistena

Ammessa dal tribunale la costituzione di parte civile dei genitori del bambino che ha subito gravi lesioni subito dopo la nascita e delle associazioni Codici onlus e Codici Salute

 

 

Nel processo che si sta celebrando presso la sezione distaccata di
Cinquefrondi del Tribunale di Palmi contro i dottori Pietro Interdonato e
Francesco Romeo accusati di lesioni gravissime nei confronti del piccolo D.
S. A. il Giudice Monocratico, dott. Giuseppe Ramondino ha ammesso la
costituzione di parte civile dei genitori Rosanna Laruffa e Francesco De
Salvo, in proprio e nella qualità di genitori esercenti la potestà parentale
sul minore, assistiti dall’avvocato Antonino Napoli e delle associazioni
Codici Onlus e Codici Salute, rappresentati dagli avvocati Ivano Giacomelli
e Concetta Polifrone.
I difensori degli imputati, a fronte delle richieste di ammissione di parte
civile, nulla hanno osservato in merito alla costituzione dei genitori, in
proprio e nella qualità di genitori esercenti la potestà parentale, mentre
si sono opposti alla costituzione delle associazioni Codici Onlus e Codici
Salute.
Il Giudice ha ammesso la costituzione sia dei genitori che delle
associazioni Codici Onlus e Codici Salute ritenendo che entrambe
rappresentano interessi collettivi stante gli scopi sociali di tutela e
promozione della salute in ogni suo aspetto anche nei confronti delle
vittime della sanità.
Il processo è stato rinviato all¹udienza del 22 ottobre 2013 davanti al
Tribunale di Palmi in ragione della soppressione della sezione distaccata di
Cinquefrondi.
Il dott. Pietro Interdonato, difeso dagli avvocati Antonio Strangi e
Vincenzo Borgese, ed il dott. Francesco Romeo, difeso dall¹avvocato Antonio
Romeo, sono accusati, per come si legge dal capo di imputazione, di non aver
effettuato tempestivamente un taglio cesareo alla sig.ra Rosanna Laruffa ­
che, alla 36a settimana di gravidanza ad alto rischio, caratterizzata da
rilevanti problemi di ipertensione, versava in una condizione di travaglio
pre­partum con sofferenza fetale ­ e non aver assicurato una sollecita ed
adeguata terapia neonatale al piccolo A., determinando l¹aggravamento di
un¹encefalopatia ipossico-ischemica insorta a livello fetale negli ultimi
giorni della gravidanza e così concorrendo a cagionare al piccolo A. D. S.,
nato alle ore 8.45 del 31.08.2010, lesioni gravi e gravissime.
Più in particolare, la sera del 30.08.2010 la sig.ra Laruffa, avvertendo
contrazioni che progressivamente aumentavano e si facevano dolorose,
contattava telefonicamente il dott. Romeo, suo ginecologo di fiducia, senza
però ricevere indicazioni di recarsi in ospedale.
Successivamente, avvertendo dolori ancora più forti, si recava di propria
iniziativa presso il presidio ospedaliero di Polistena, da dove suo marito
Francesco De Salvo contattava telefonicamente più volte il Dott. Romeo, il
quale però non acconsentiva alla richiesta del De Salvo di recarsi in
ospedale, affermando che avrebbe seguito la situazione da casa tenendosi in
contatto con l¹ospedale.
Nonostante la situazione di travaglio fetale e benché già alle ore 2.30/2.50
lo stato ipertensivo della sig.ra Laruffa fosse stato ricondotto a livelli
compatibili con un taglio cesareo, il Dott. Interdonato, ginecologo di turno
quella notte, non attivava le procedure per l¹effettuazione del parto
cesareo, ma manteneva la paziente in osservazione sino alle ore 8.30 del
mattino, quando, dopo che alle 7.30 un esame cardiotocografico aveva
evidenziato un tracciato anormale e dopo che alle 8.25 un¹ecografia
effettuata dal Dott. Romeo, frattanto giunto in ospedale per l¹inizio del
suo turno intorno alle ore 8, aveva rivelato la riduzione del liquido
amniotico ed una flussimetria alterata, si procedeva agli atti preparatori
del taglio cesareo, che veniva posto in essere intorno alle ore 8.45.
Al momento del parto, inoltre, non veniva predisposto quanto necessario per
l¹immediato trasferimento del nascituro in una struttura ospedaliera dotata
di terapia intensiva neonatale, a ciò si provvedeva solo dopo più di un¹ora
dal parto, dapprima cercando infruttuosamente disponibilità di posti presso
la TIN di Reggio Calabria e poi rivolgendosi alla TIN di Lamezia Terme,
dove, peraltro, il piccolo A. doveva essere portato mediante elisoccorso a
seguito dell¹accertata difficoltà di reperire un¹ambulanza in sede.
In questo modo il Dott. Romeo ed il Dott. Interdonato, per colpa consistita
in imprudenza, imperizia e negligenza, sottovalutando la gravità della
situazione di travaglio pre-partum della Sig.ra Laruffa e di sofferenza
fetale del nascituro, non avviando la partoriente ad una struttura
ospedaliera adeguata, dotata di reparto di terapia intensiva neonatale,
ritardando di cinque-sei ore l¹effettuazione del taglio cesareo rispetto al
momento in cui questo era necessario e praticabile ed inoltre provvedendo
con ulteriore ritardo al trasferimento del neonato presso un ospedale dotato
di TIN, concorrevano ad aggravare nel piccolo A. D. S. un¹encefalopatia
(leucoencefalomalacia periventricolare) ipossico-ischemica insorta a livello
fetale negli ultimi giorni della gravidanza e così cagionandogli una
compromissione della funzione neuro-psichica foriera di lesioni gravi e
gravissime.
In sostanza per la Procura della Repubblica di Palmi, per i periti del
Tribunale ed il consulente dei genitori del piccolo A. vi sarebbe stata
colpa grave consistita in negligenza e/o imperizia da parte dei medici
ginecologi imputati per il mancato monitoraggio di gravidanza ad alto
rischio, per non aver trattato adeguatamente o ignorato lo stato di ipossia
fetale, nell’aver eseguito il parto cesareo in ritardo, nel non aver attuato
i protocolli del caso, per mancata, ritardata o errata diagnosi durante la
gravidanza, per aver somministrato farmaci non appropriati al trattamento
della patologia.