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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 06 MAGGIO 2024

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Morto per trasfusione, pool di esperti per l’autopsia. La Procura: «Criticità segnalate dal 2012»

Si aggrava la posizione del laboratorio di San Giovanni in Fiore da dove proveniva la sacca che avrebbe contenuto germi, al punto da fare morire un uomo dopo la trasfusione. Doppio filone di indagini: il decesso del 75enne e la trafila per il controllo e l’utilizzo del sangue. Ma i medici si giustificano con la carenza di personale. M5S: “Ministero disponga un’inchiesta”

Morto per trasfusione, pool di esperti per l’autopsia. La Procura: «Criticità segnalate dal 2012»

Si aggrava la posizione del laboratorio di San Giovanni in Fiore da dove proveniva la sacca che avrebbe contenuto germi, al punto da fare morire un uomo dopo la trasfusione. Doppio filone di indagini: il decesso del 75enne e la trafila per il controllo e l’utilizzo del sangue. Ma i medici si giustificano con la carenza di personale. M5S: “Ministero disponga un’inchiesta”

 

 

COSENZA – “Dalla documentazione acquisita risulta che dall’ottobre del 2012 furono segnalate, dalla competente struttura commissariale della Regione Calabria, precise criticità concernenti il servizio trasfusionale dell’azienda ospedaliera di Cosenza”. E’ quanto ha reso noto la Procura della Repubblica di Cosenza che lunedì mattina provvederà ad affidare l’incarico ad un collegio di periti per l’autopsia sul corpo di Cesare Ruffolo, l’uomo di 75 anni morto dopo una trasfusione di sangue contaminato da germi. Le indagini “proseguono in una duplice direzione” e sono state delegate ai carabinieri del Comando per la tutela della Salute.
“Gli accertamenti sinora compiuti – è scritto nella nota della Procura – hanno consentito di stabilire che la contaminazione batterica ha riguardato esclusivamente le sacche di sangue provenienti dal presidio ospedaliero di San Giovanni in Fiore. Le indagini proseguono in una duplice direzione. La prima mira a ricostruire le cause e le responsabilità relative al decesso di Cesare Ruffolo. A tale scopo, il 5 agosto si procederà al conferimento di incarico autoptico ad un collegio di periti, formato da un medico legale, da un ematologo e da un infettivologo. Il secondo filone investigativo si propone di ricostruire il contesto entro il quale è maturato tale infausto evento, con riferimento alla sussistenza di condotte omissive poste in essere dai responsabili delle strutture sanitarie interessate e dai vertici dell’Azienda ospedaliera di Cosenza; e ciò in considerazione del fatto che dalla documentazione acquisita risulta che dall’ottobre del 2012 furono segnalate, dalla competente struttura commissariale della Regione Calabria, precise criticità concernenti il servizio trasfusionale dell’azienda ospedaliera di Cosenza”.
“Ulteriori profili omissivi – prosegue la nota della Procura – oggetto di indagini riguardano le ragioni per le quali la Procura non è stata informata del decesso di Ruffolo da parte dell’azienda ospedaliera, pur essendo stata quest’ultima informata del fatto che la morte era verosimilmente da ricondurre alla trasfusione di sangue infetto. I filoni di indagine impongono lo svolgimento di atti garantiti e quindi saranno emesse informazioni di garanzia nei confronti di tutti coloro ai quali, allo stato, sono da addebitare le predette condotte”.
I MEDICI SI GIUSTIFICANO. “Ci sono servizi trasfusionali che continuano a lavorare avendo il 50% del personale previsto, a volte anche meno”. Lo afferma in una nota il Presidente dell’Ordine dei Medici di Cosenza, Eugenio Corcioni, facendo riferimento alla vicenda dell’uomo di 75 anni morto dopo una trasfusione di sangue contaminato da germi. “Eppure, vale la pena di ricordarlo, alla stessa Regione Calabria – aggiunge Corcioni – erano negli anni pervenute richieste, sollecitazioni, preghiere, documenti ed inviti per fare in modo che venissero rispettate le norme riguardanti i centri trasfusionali. Nei centri trasfusionali i medici ed i laureati sono meno del 1993, pur avendo carichi di lavoro sei volte maggiori. Sono rimasti tre primari di ruolo su 11 previsti. Ci sono centri trasfusionali che non potrebbero rimanere attivi, perchè il personale residuo è sottoposto a turni continui, con sovraccarichi estenuanti di lavoro. Medici che sono trascurati da tutti: i direttori generali non li sentono e non li vedono, nemmeno se si dimettono da responsabili della struttura per le gravi carenze a cui non riescono a far fronte”. “Tutto questo – prosegue – solleva forse da colpe individuali, anche di natura penale? Evidentemente no, se e quando saranno accertate. E’ necessario, però, che sul sistema trasfusionale regionale si faccia luce e si assumano impegni. E non si tratta di soldi e disponibilità economiche perchè ci risulta che il sistema trasfusionale regionale non sia riuscito a spendere nemmeno i fondi che dal 2005 arrivano dal governo nazionale. Serve una riforma profonda e complessiva dell’intero servizio, perchè non si ripetano mai più casi come quello di cui ci siamo occupati”.

M5S: Ministero disponga inchiesta
I deputati del Movimento 5 Stelle, Dalila Nesci, Sebastiano Barbanti, Federica Dieni e Paolo Parentela, hanno presentato una interrogazione ai Ministri della Salute e della Giustizia con la quale chiedono una commissione d’inchiesta e l’invio di esperti dell’Istituto Superiore di Sanità per compiere accertamenti sulla morte di un uomo di 75 anni dopo una trasfusione di sangue contaminato nell’ospedale di Cosenza. Nell’interrogazione si chiedono anche verifiche sul comportamento di sanitari e dirigenti dell’ospedale di Cosenza. I deputati ritengono anche di ”estrema gravità la mancata comunicazioni alla magistratura da parte dell’Ospedale di Cosenza e della distruzione delle sacche giacenti, di cui si è appreso oggi, che renderà le indagini ben più difficili. ”Si tratta – afferma Nesci – di fatti di una gravità inaudita, crimini atroci e barbari. La morte del signor Ruffolo era evitabile, vista la precedente infezione batterica da trasfusione, poi risoltasi bene, per fortuna. Le cronache giornalistiche raccontano di una situazione mostruosa, probabilmente senza precedenti in Italia”. Per Barbanti e gli altri deputati firmatari dell’interrogazione, l’episodio dimostra che la ”sanità calabrese ha raggiunto l’insicurezza assoluta, per cui lo Stato deve rispondere subito, ripristinando la normalità, la legalità e la giustizia”.