Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), DOMENICA 05 MAGGIO 2024

Torna su

Torna su

 
 

L’Everest dei due presidenti Ad un mese dal voto Emanuele Pecheux analizza le differenze tra l'elezione del consiglio regionale della Calabria e quella dell'Emilia Romagna

L’Everest dei due presidenti Ad un mese dal voto Emanuele Pecheux analizza le differenze tra l'elezione del consiglio regionale della Calabria e quella dell'Emilia Romagna
Testo-
Testo+
Commenta
Stampa

Dunque, ad un mese dalle elezioni i consigli regionali di Calabria ed Emilia Romagna finalmente si insedieranno: il giorno dell’antivigilia di Natale il primo e il 29 dicembre il secondo.

Era anche ora.

Mentre le procedure connesse alla proclamazione degli eletti in Emilia sono state relativamente (si fa per dire) rapide (il 4 dicembre si conoscevano ufficialmente tutti gli eletti) il parto della Corte d’Appello di Catanzaro per stabilire gli eletti è stato travagliato e complesso, una sorta di romanzo d’appendice a puntate iniziato con la pietosa vicenda delle due sezioni contestate di Castrolibero City e via via  accompagnato dai “si dice”, dai “forse” e relativi veleni e non è detto che la parola fine del capitolo sia stata posta definitivamente,  in considerazione del fatto che si preannunciano già ricorsi, a cominciare da quello di Wanda Ferro.

Le ragioni dell’ ennesima commedia degli orrori calabrese non sono difficili da comprendere: mentre la legge elettorale dell’Emilia Romagna è stata redatta con una logica se vogliamo basica, con interventi essenziali volti a semplificarla rispetto al Tatarellum (riduzione del numero dei consiglieri, nessuna soglia di sbarramento e abolizione del listino maggioritario) quella calabrese, una complessa rielaborazione della precedente, già abbastanza complicata, è risultata essere un crogiuolo di dispositivi di diversa interpretazione al punto che, lungo le settimane successive al voto, le notizie che filtravano su numeri e nomi degli eletti sono state contraddittorie e frammentarie.

Un pasticcio confezionato da legislatori che evidentemente sono stati guidati da una robusta dose di approssimazione e superficialità  come dimostra, ad esempio, l’introduzione della cervellotica e grottesca norma che istituisce la figura del “consigliere supplente”.

In ogni caso, al netto di imprevisti, il Consiglio regionale della Calabria si insedierà ma, se in Emilia Romagna il neo presidente Stefano Bonaccini ha annunciato che entro la fine di questa settimana renderà pubblico il quadro della nuova giunta regionale, per la giunta calabrese il presidente Oliverio ha già fatto sapere di non avere “alcun assillo”.

Già da queste notizie si può apprezzare il diverso approccio dei due presidenti che pure hanno in comune un’origine politica speculare. Entrambi sono nati politicamente nel Pci-Pds-Ds anche se le differenze tra i due sono certamente apprezzabili.

L’ uno, il giocondo e spregiudicato modenese Bonaccini (47 anni) figlio di una delle città tra le più rosse della rossa Emilia è il tipico rampollo di quel fortissimo apparato della regione dove le leve del potere sono sempre rimaste saldamente nelle mani del partito. La sua educazione sentimentale è simile a quella dei suoi predecessori in riva al Reno: il partito alla stregua  di casa, caserma, chiesa scuola e bottega (cooperativa, ca va sans dir).

Di tutt’altra pasta l’altro, il silano Oliverio (62 anni) figlio di un Pci di frontiera in una sinistra, quella cosentina degli anni 80, in cui i socialisti Giacomo Mancini e Francesco Principe, pur così diversi, erano leader indiscussi, con cui si dovette misurare mostrando peraltro, pur essendo un fighter, un combattente, sin da giovanissimo consigliere e assessore regionale, insospettate doti di duttilità, pragmatismo e flessibilità unite a una inflessibile determinazione che lo hanno portato in seguito, con il suo inner circle di compagni di scuola post comunisti, con cui talora finge di litigare, ad attraversare sempre saldamente in sella un trentennio di complesse vicende politiche.

Entrambi, per ragioni diverse, dovranno scalare l’Everest senza ossigeno.

Il loro mandato non sarà certo un letto di rose.

Se in E. Romagna Bonaccini dovrà fare i conti con un’opinione pubblica avvelenata per gli scandali che hanno coinvolto molti esponenti del Pd nella passata legislatura e con un a parte del tradizionale elettorato che o non è andata alle urne o ha votato a destra, il compito di Oliverio si presenta non meno semplice poiché appare codesta davvero l’ultima occasione per schiodare la Calabria dalla incomoda posizione della Cenerentola nel rating delle regioni d’Europa.

Con gli annessi e connessi che tale impresa comporta.

In altre parole, ad entrambi spetterà il compito di applicare prassi di governo in netta antitesi con il loro background politico e culturale.

Per ora solo il modenese Bonaccini, stante forse la vicinanza con Fiorano, sembra avere già ingranato la marcia.

Oliverio, verosimilmente abituato al diesel, sta ancora scaldando il motore ed è auspicabile che non la tiri alle lunghe perché, come recita il detto: “chi ha tempo non aspetti tempo”.

Emanuele Pecheux