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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 05 MAGGIO 2024

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Lega: le indagini della Dda di Reggio partirono nel 2009 dalla cosca De Stefano

Lega: le indagini della Dda di Reggio partirono nel 2009 dalla cosca De Stefano

Il materiale sequestrato al vaglio della polizia postale. Naccari: “Se accuse vere, vertici chiedano scusa”

Lega: le indagini della Dda di Reggio partirono nel 2009 dalla cosca De Stefano

Il materiale sequestrato al vaglio della polizia postale. Naccari: “Se fossero vere accuse, i vertici chiedano scusa al paese e ai meridionali”

 

 

(ANSA) – REGGIO CALABRIA – Sono iniziate nel 2009, da accertamenti sugli affari nel nord Italia della cosca di ‘ndrangheta dei De Stefano di Reggio Calabria, le indagini della Dda reggina da cui sono nati i filoni di cui si occupano le Procure di Milano e Napoli, che hanno portato ad indagare l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito. Procedendo nei loro accertamenti, gli investigatori reggini si sono imbattuti in una serie di personaggi, tra i quali Romolo Girardelli, soprannominato “l’ammiraglio”, il faccendiere genovese che già nel 2002 era finito in una inchiesta della Dda perché sospettato di essere un riciclatore dei De Stefano in contatto con elementi di spicco della cosca che operavano in Liguria ed in Francia quali Paolo Martino e Antonio Vittorio Canale. E’ stato seguendo le mosse di Girardelli che gli investigatori della Dia sono risaliti a Belsito, col quale il faccendiere era in società tramite il figlio Alex Girardelli, nella Effebi Immobiliare, società con sede a Genova e attiva nel settore immobiliare e commerciale. Dagli ulteriori riscontri sono emersi i rapporti con l’imprenditore veneto Stefano Bonet, il suo promotore finanziario Paolo Scala e l’avv. calabrese di origini ma con studio a Milano Bruno Mafrici, su cui adesso sono concentrate le attenzioni di tre Procure.

MATERIALE SEQUESTRATO A VAGLIO POLIZIA POSTALE

Tutto il materiale informatico sequestrato nel corso delle perquisizioni disposte nei giorni scorsi dalla Dda di Reggio Calabria nell’ambito dell’ inchiesta che vede indagato per riciclaggio l’ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito, passerà adesso al vaglio della polizia postale per il suo sviluppo. Si tratta di migliaia di documenti, messaggi, e-mail dai quali i magistrati reggini sperano di ottenere la conferma della loro ipotesi investigativa e cioé che i soldi movimentati da Belsito insieme agli altri indagati, anche su Cipro e la Tanzania, provengano, in tutto od in parte, dagli affari illeciti della cosca De Stefano e che le operazioni fossero finalizzate al loro riciclaggio. Dagli accertamenti potrebbero emergere anche ulteriori spunti investigativi. Si tratta, comunque, di un lavoro enorme che richiederà almeno una settimana di lavoro per la prima analisi. Quindi il materiale passerà al vaglio degli inquirenti e sarà confrontato con quello già raccolto nel corso delle indagini e con le dichiarazioni rese dagli indagati nel corso degli interrogatori degli ultimi giorni. Interrogatori, è la sensazione che si raccoglie in ambienti investigativi, che sarebbero stati utili al proseguo delle indagini. Il sequestro della documentazione informatica è stato disposto dalla sola Dda di Reggio Calabria. Il materiale che ne scaturirà sarà poi messo a disposizione dei pm delle altre due Procure qualora fosse di loro interesse. E’ anche per questo che i magistrati delle tre Procure si rivedranno a Milano nella settimana dopo Pasqua, per uno scambio di informazioni e del materiale raccolto fino ad ora.

LIMIDO (DESTRA): CHI DI SPADA FERISCE DI SPADA PERISCE

“Quanto sta accadendo oggi alla Lega Nord riporta alla mente una vecchia massima latina: ‘Chi di spada ferisce di spada perisce'”. E’ quanto afferma, in una nota, il segretario regionale calabrese de La Destra, Gabriele Limido. “Ricordo ancora – prosegue Limido – le urla e gli schiamazzi nelle piazze e nelle aule parlamentari contro la partitocrazia e il ladrocinio ‘romano’ dei partiti. Sventolavano le bandiere di un moralismo che, alla luce di quanto sta accadendo, si sta rivelando falso e ipocrita. Facevano i puritani ma sono finiti male. Erano gli anni ’92/’93. Tangentopoli imperversava e in Parlamento i deputati leghisti agitavano i cappi contro gli uomini e i partiti di maggioranza di quel momento. Un periodo esaltante per quel movimento. Ma, a volte, la storia non insegna nulla. Pensano di essere intoccabili, ma chi sbaglia prima o poi paga. E speriamo duramente questa volta, soprattutto per l’odio che hanno riversato verso la nostra Italia unita e il nostro Sud”. “A sentire le dichiarazioni del leader della Lega Umberto Bossi – prosegue Limido – sembra di ascoltare la pantomima dell’ex ministro Claudio Scajola quando sosteneva che a sua insaputa, qualcuno aveva pagato l’acquisto della casa con vista sul Colosseo. E Bossi non si allontana di tanto quando afferma che a sua insaputa, ‘qualcuno ha pagato la ristrutturazione della mia villa di Gemonio’. Quanta distanza siderale c’é tra questi omuncoli che hanno governato la nostra Patria e chi, quando cadde per mano fratricida, lasciò la sua famiglia in povertà. Pensare così significa soffrire di ‘torcicollismo’ e/o di nostalgismo?”.

NACCARI: SE LE ACCUSE FOSSERO VERE, I VERTICI CHIEDANO SCUSA AL PAESE E AI MERIDIONALI

“Se fosse vero quello che emerge dalle carte dell’inchiesta pubblicate in queste ore dai giornali, potremmo affermare che la Lega Nord, partito che si è elevato a novello moralizzatore del Bel paese, ha tradito le aspettative del suo vasto ed onesto elettorato e la fiducia del Paese. Verrebbe da dire, chi predica bene alla fine razzola sempre peggio degli altri, ma da garantista penso sia meglio aspettare gli esiti delle indagini”. Lo afferma l’on. Domenico Naccari, delegato ai rapporti con le comunità regionali del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. “Un movimento – prosegue Naccari -, che ha edificato la sua fortuna politica sulle ceneri di Tangentopoli al grido di “Roma ladrona”, dando improbabili lezioni di etica pubblica e inveendo senza pudore contro il Sud e i meridionali “spreconi”. Se fossero accertate le gravissime accuse di tre procure italiane, il partito di Bossi dovrà rendere conto sul piano politico all’intero paese. Gli italiani stufi di sopportare il dito medio del Senatur, il tricolore calpestato a Pontida, le gratuite offese ai romani, agli insegnanti del sud nonché i continui sproloqui sull’Unità d’Italia e contro il capo dello Stato, si aspettano le scuse ufficiali. Scuse – conclude Naccari – da rivolgere alla Capitale d’Italia e soprattutto a quel Mezzogiorno vilipeso a giorni alterni dai vertici leghisti”.

redazione@approdonews.it