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TAURIANOVA (RC), VENERDì 03 MAGGIO 2024

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Le Api sanno contare e riconoscere un volto La scoperta è di una giovane ricercatrice di Tolosa

Le Api sanno contare e riconoscere un volto La scoperta è di una giovane ricercatrice di Tolosa
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Il suo lavoro di tesi ha portato a dimostrare empiricamente “grande capacità di
astrazione delle API: “Le api sono in grado di distinguere un volto umano da una
qualunque altra immagine. “, lo dice la dottoressa Avargues-Weber, giovane ricercatrice
dell’Università di Tolosa. Le API, poste all’ingresso di un labirinto, hanno identificato
diversi segni rappresentati sulla mappa, e dopo un rapido apprendimento, hanno scelto
regolarmente l’uscita che si erano segnata in quanto porta a una ricompensa. Nonostante
un cervello piccolo rispetto alla testa, le API sono dotate di “buona visione e una
grande memoria”. Inoltre la ricercatrice dell’Università di Tolosa ha messo alla
prova le api con diversi compiti. Prima ha insegnato loro a distinguere tra punti
e linee disegnati a caso su un foglio e gli stessi segni organizzati in modo da comporre
naso, bocca e occhi di un volto, seppur stilizzato. Quando le api mostravano di riconoscere
l’immagine di un volto (posandosi sul disegno giusto) ricevevano po’ di zucchero.
Successivamente ha provato a capire se le api, dopo aver ripetuto l’esercizio almeno
cinque volte, avevano ormai imparato a riconoscere lo schema di un volto senza bisogno
di una ricompensa. Scoprendo così che, anche eliminato il premio in zucchero, gli
insetti si soffermavano sull’immagine giusta. “Le api catalogano correttamente
le figure quando sono formate da parti con una precisa posizione, come i lineamenti
di un volto”, ha spiegato Aurore Avargues-Weber, coautrice della ricerca. Questa
osservazione ha spinto la studiosa a effettuare un’altra prova: presentare agli
insetti prima una fotografia sovrapposta al disegno di una faccia disegnata, poi
la sola fotografia. In questo modo la ricercatrice ha cercato di capire se le api
fossero in grado di riconoscere lo schema del disegno in un’immagine reale. Gli
insetti hanno riconosciuto la fotografia sia in presenza sia in assenza del disegno,
mentre non sono stati in grado di farlo quando la dottoressa scambiava, volutamente,
le proporzioni tra naso, bocca e occhi o la loro disposizione nella foto. “Le api
sono in grado di imparare come è organizzato un volto e distinguerlo dai numerosi
oggetti del loro ambiente anche se ancora non riescono a distinguere un viso da un
altro”. “E cosa ancora più straordinaria, riescono a fare questo lavoro di analisi
di un’immagine utilizzando un cervello microscopico, mentre noi impegniamo intere
regioni del cervello”. Un’altra grande capacità è l’adattabilità all’ambiente,
che ha dimostrato che questi insetti non erano solo guidati dal loro istinto. Grazie
ad una prova effettuata all’aria aperta, la giovane donna ha evidenziato la loro
capacità di “adattare il loro comportamento al loro ambiente ed esperienze”. Fino
ad allora, questa capacità di mettere elementi in relazione è stata considerata
dalla comunità scientifica come appannaggio di alcune scimmie ed esseri umani. “Spesso
pensiamo che solo le grandi scimmie sono dotati di intelligenza, ma è falso”, insiste
la signora Avargues-Weber. La giovane donna ora intende capire come le API svolgono
compiti di questa complessità con così pochi neuroni (1 milione, rispetto ai 100
miliardi per un essere umano). Lei sta prendendo in considerazione diversi spunti
di riflessione: i loro cervelli hanno un più efficace metodo rispetto a quello umano
per elaborare le informazioni? O potrebbe essere che un neurone è stato utilizzato
per funzioni diverse? Un tentativo di risolvere questo enigma, porterà questa volta
a studi di laboratorio. Oltre al mondo animale, l’osservazione sul funzionamento
cognitivo delle API potrebbero aiutare a meglio comprendere il cervello umano e potrebbe
influenzare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Inoltre secondo la ricercatrice,
le molecole tossiche dei pesticidi “non uccidono direttamente le API, ma interrompono
il loro sistema nervoso”. “La memoria diminuisce, perdendo e confondendo gli odori”.
I primi studi scientifici su questo insetto, osserva Giovanni D’Agata, presidente
dello “Sportello dei Diritti [1]”, sono apparsi all’inizio del secolo scorso.
L’austriaco Karl Von Frisch aveva poi decifrato “il linguaggio delle API”: per indicare
una fonte di cibo a loro congeniale, le API eseguono una danza. E aveva anche dimostrato
la facoltà delle API per distinguere il colore. A suscitare la curiosità degli
scienziati francesi era stato, nel 2005, Adrian Dyer della Monash University (Virginia,
Usa). Dyer aveva insegnato alle api ad associare immagini di volti umani dietro ricompensa
(una buona dose di zucchero), senza però chiedersi se gli insetti avessero riconosciuto
nelle foto volti o fiori un po’ strani. Oggi Aurore Avargues-Weber, 31 anni, ricercatrice
presso l’Università delle scienze di Tolosa, è la francese premiata solo quest’anno
dal programma internazionale della Fondazione l ‘ Oréal-Unesco “for women in science”.
Creata nel 2007, assegna borse di studio dell’importo di 20.000 euro con l’obiettivo
di incoraggiare le giovani donne di talento “a continuare la loro carriera scientifica”.
Nata a Chalon (Saône-et-Loire), Aurore Avargues-Weber ha lavorato presso il centro
di ricerca sulla cognizione animale dall’Université Toulouse III-Paul Sabatier,
dove ha completato la sua tesi.