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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 06 MAGGIO 2024

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L’autopsia Ricordi macabri del giurista blogger Giovanni Cardona

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Mi trovavo da pochi giorni tirocinante, quando il titolare dello studio mi accennò ad un omicidio avvenuto due giorni prima e mi anticipò che l’indomani mattina ci saremmo recati al Reparto di Anatomia Patologica dell’Ospedale di Messina per assistere all’autopsia ordinata dal giudice istruttore.

“Fa’ molta attenzione alle modalità della perizia, mi disse, ed assimila più che puoi il linguaggio tecnico che verrà usato perché ti sarà molto utile conoscerlo durante tutta la carriera forense”.

Rammentai subito i fatti.

La vittima, un noto personaggio cittadino, era stato trovato riverso in una stradina interpoderale dell’entroterra aspromontano, con il petto abbondantemente intriso di sangue.

Essendo stato in vita un uomo schivo, taciturno, estremamente riservato e non avendo avuto inimicizie, almeno così sembrava, era riuscito difficile sin dall’inizio delle indagini trovare moventi accettabili da cui prendere lo spunto per risalire all’autore del delitto. Ed era proprio in presenza di una tale situazione di incertezza che il magistrato, attribuendo molta importanza ai rilievi necroscopici, li aveva affidati addirittura al famoso Professore A. docente e scienziato, l’uomo del quale si diceva che la medicina legale non avesse praticamente segreti.

Lo conobbi, la mattina dopo, quando gli fui presentato nella sala destinata alle operazioni. Bel tipo, dal viso asciutto e mollo espressivo, cordiale, dotato oltre che di una vastissima cultura anche di un’esposizione elegante e misurata, della quale dette subito prova allorquando, su richiesta del magistrato e dopo che erano state esaurite le prime formalità, incominciò a dettare al cancelliere il verbale degli accertamenti che stava eseguendo.

“Soggetto normotipo – iniziò a dire – dell’apparente età di anni sessanta circa, in buone condizioni di nutrizione e sanguificazione della lunghezza – l’infermiere che lo assisteva manovrò con l’asta metrica – di centimetri centosettantacinque…”.

Mi sorpresi per un attimo a pensare alla mirabile carriera di colui che in quel momento avevo l’onore dl vedere all’opera. Docente a ventisei anni, poco dopo cattedratico in uno degli atenei più prestigiosi del Paese, e poi un succedersi continuo di riconoscimenti giunti da ogni parte del mondo, conferenze e relazioni a livello internazionale, pubblicazioni, consulenze, perizie, insomma un successo che indubbiamente premiava una personalità di spicco, una mente superiore.

“Ai quadranti inferiori dell’addome – il Prof. A. proseguiva nella descrizione – noto chiari segni della fenomenologia trasformativa che insorge a distanza dell’obitus per effetto…“.

Vedendo che il cancelliere faceva fatica a seguirlo sostò brevemente, in cortese attesa. “All’emitorace sinistro, lungo la linea emiclaveare anteriore, esattamente in corrispondenza del quarto spazio… – sollevò qualcosa con una pinzetta, forse un lembo epidermico, ed il giudice si spostò in avanti, per seguire più da vicino le operazioni – rilevo una lesione rotondeggiante, del diametro di circa mezzo centimetro, a margini fortemente contusi ed escoriati”.

Mi accorsi che nei presenti l’attenzione era talmente intensa da sembrare quasi sensibile, e che persino l’infermiere, il quale chissà quante volte aveva sentito i medici del Reparto usare i termini che sono tipici nell’esame esterno del cadavere, persino lui, ripeto, era lì, in atteggiamento rispettoso, che non perdeva una parola.

“Previa sommaria toeletta della regione” – il Prof. A. passò con una spugna imbevuta d’acqua sul petto della vittima, liberandola da ogni traccia di sangue – “evidenzio altre due lesioni, che interessano la muscolatura toraco-appendicolare,” per la precisione il grande pettorale destro nella sua quota sterno-costale, limitatamente ai piani superficiali”.

Le mani si mossero, esperte e sicure, attorno alle ferite, facendo uso via via di pinze, bisturi, garza, perfino di un doppio decimetro; poi egli, tratto dalla vetrina dei ferri un arnese metallico sottile, si avvicinò al foro che aveva descritto per primo e, con gesto rapido, ve lo introdusse, affondandolo.

Fremetti, e il cancelliere fece finta di cercare qualcosa nel fascicolo che aveva innanzi a sé. Il Prof. A. manovrò ancora per qualche istante con la sonda, pinzettò, misurò, ripetendo anche più volte gli stessi accertamenti, probabilmente per determinare con maggiore esattezza la profondità, le caratteristiche, l’entità della ferita, dopo di che, proceduto all’apertura della cavità toraco-addominale, ne descrisse gli organi che andava sezionando, per ognuno dei quali scese al dettaglio, contribuendo così ad accrescere, e di molto, le scarse nozioni che allora possedevo di anatomia topografica. Inutile aggiungere che attorno al tavolo incisorio era un silenzio reverente, fatto di ammirazione e di rispetto per cotanto uomo, il cui intervento avrebbe sicuramente portato alla soluzione del caso.

Seguendo l’opera del Perito ed ascoltando quanto egli dettava stavo ad un certo punto pensando che raramente mi sarebbe accaduto di assistere a rilievi necroscopici di siffatta perfezione quando il Prof. A. si rialzò, depose gli strumenti sul piano di marmo e si volse.

Lo sguardo, velato da un’ombra di tristezza, si portò oltre le nostre persone e parve perdersi nell’infinito. “Sono pronto a concludere”, disse, e il cancelliere impugnò la penna. “Il foro rilevato all’emitorace sinistro, inizialmente esplorato con un comune specillum, é stato prodotto da un proiettile d’arma da fuoco, che é penetrato in profondità secondo un tramite leggermente obliquo e per un decorso di circa sedici centimetri, interessante a tutto spessore l‘area cardiaca“.

L‘attesa di tutti parve divenir densa. ”Sono in grado di affermare – la penna corse rapida sul foglio del verbale – che detta lesione, fra le tre riscontrate sul cadavere, è quella che ha provocato il decesso della vittima, avvenuto istantaneamente in seguito alla perforazione del muscolo cardiaco“.

Pausa. Gli occhi di tutti erano fissi su di lui.

“Le altre due – il Prof. A. mi venne vicino e mi posò una mano su una spalla, fissandomi con gravità – le altre due, mio giovane amico, fortunatamente sono lievi: un cadavere fortunato!”.

Da quel giorno decisi di dedicarmi esclusivamente allo studio, alla interpretazione ed alla applicazione del diritto civile!