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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 16 MAGGIO 2024

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La consigliera di Parità De Blasio interviene sulla delicata situazione delle carceri italiane

La consigliera di Parità De Blasio interviene sulla delicata situazione delle carceri italiane

La sua riflessione si sofferma sulla condizione dei figli disabili dei carcerati

La consigliera di Parità De Blasio interviene sulla delicata situazione delle carceri italiane

La sua riflessione si sofferma sulla condizione dei figli disabili dei carcerati

 

 

Riceviamo e pubblichiamo:

La disastrosa situazione delle carceri italiane e le polemiche e proteste levatesi da più parti, a cominciare dai detenuti fino all’autorevole voce di denuncia del Capo dello Stato che invita all’adeguamento del sistema carcerario in maniera tale da poter garantire il rispetto e la garanzia dei diritti umani in favore dei reclusi, impongono ormai un’adeguata riflessione sull’apparato penitenziario, sia in ordine alle strutture che in materia di legislazione.

Se da una parte infatti si ribadisce e afferma lo spirito del principio sancito dalla Costituzione in ordine alla finalità rieducativa e non afflittiva della pena, tesa al recupero del reo, e quindi ad offrire condizioni di detenzione che non cancellino il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo e che favoriscano il suo più completo reinserimento nella vita sociale civile dopo aver scontato la condanna, dall’altra la realtà sembra tutt’altra cosa. E appare triste come in un momento di effettivo fallimento del sistema detentivo, si assiste ad azioni come quella che ha riguardato l’immediata chiusura del Carcere di Laureana di Borrello, reale ed isolato modello di attuazione del principio di rieducazione e non di soggezione del condannato.

Nello spirito dell’Ordinamento penitenziario, regolato con una legge del 1975, integrata con una serie di correttivi ed aggiunta di norme di più recente emanazione, viene trattato il rapporto del detenuto con la famiglia ritenuto un elemento importante del trattamento detentivo, riconoscendo l’assoluta rilevanza delle relazioni affettive, che incidono oltre che sulla vita del detenuto dentro le mura carcerarie, anche in ordine alla sua aspettativa di vita futura.

Senza contare che il mantenimento delle relazioni familiari serve ad attenuare i disagi e le sofferenze dei figli, soprattutto minori, malati e disabili a cui nessuna colpa può essere attribuita e che vengono così ingiustamente ed eccessivamente penalizzati per l’assenza totale del genitore carcerato, anche nei momenti di maggiore difficoltà della loro vita mancando di un punto di riferimento necessario alla crescita ed al superamento delle continue difficoltà collegate alla crescita o a situazioni di gravi patologie.

Indubbiamente la legge prevede e disciplina tali ipotesi, in quanto l’art. 21 bis del sopra richiamato regolamento penitenziario prevede la possibilità per la madre detenuta (o per il padre nei casi previsti) di essere ammessa alla cura ed all’assistenza all’esterno dei figli di età non superiore ai dieci anni. Il successivo art. 21 ter disciplina le visite al minore infermo, da concedersi sia al padre che alla madre detenuta, in caso di “imminente pericolo di vita o di gravi condizioni di salute del figlio minore, anche non convivente”, previa autorizzazione del magistrato di sorveglianza o, in caso d’urgenza, del direttore dell’istituto tendendo conto della durata del ricovero e del decorso della patologia.

Nulla purtroppo la legge dice in relazione ai figli affetti da grave ed accertata disabilità, a volte tali da compromettere la visita in carcere al genitore detenuto, non prevedendo quindi la possibilità in tali casi di poter fruire dei contatti col genitore, la cui assenza viene percepita come abbandono tale da influire negativamente a livello psico-fisico sul disabile, nonché crea ulteriore sofferenza e malessere al detenuto.

La disabilità inoltre costituisce una sorta di situazione eccezionale e permanente nel soggetto, indipendente dalla sua età anagrafica, per cui l’esigenza di favorire anche saltuariamente il rapporto genitore figlio non può ritenersi limitata alla minore età del disabile, ma assicurata anche a situazione di figli di età avanzata ma le cui condizioni mentali o fisiche non corrispondono alle aspettative di vita di un normale soggetto maggiorenne.

Sarebbe auspicabile, quindi, l’intervento del legislatore che possa prevedere un compiuto aggiornamento della legge attuale, prevedendo esplicitamente una previsione in tal senso, senza che caso per caso le eventuali autorizzazioni debbano essere rimesse al buon senso o alla valutazione discrezionale del magistrato, Si faccia parte attiva in tal senso la politica, le istituzioni, chi è competente a proporre una modifica di legge adeguata alle istanze dei detenuti, soprattutto di quelli che vivono particolari situazioni di vita familiare che vanno ad aggiungersi al dramma della carcerazione.

Cominciamo con questi piccoli interventi a rendere più tangibili e riconosciuti i diritti dei carcerati, concedendo loro qualcosa di quello che la vita ogni giorno gli toglie, a prescindere dalle loro accertate responsabilità e per rendere più concreta la possibilità di un loro recupero e ritorno alla vita normale.

Daniela De Blasio, Consigliera di Parità