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TAURIANOVA (RC), VENERDì 03 MAGGIO 2024

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Il rapporto annuale dell’Istat, la cattiva coscienza dei politici e il Mezzogiorno in ginocchio

Il rapporto annuale dell’Istat, la cattiva coscienza dei politici e il Mezzogiorno in ginocchio

Bruno Morgante analizza i dati

 

di BRUNO MORGANTE

Il rapporto annuale dell’Istat, la cattiva coscienza dei politici e il Mezzogiorno in ginocchio

Bruno Morgante analizza i dati


Ogni anno l’ISTAT con il suo rapporto annuale fa la fotografia del paese reale al netto del pessimismo o dell’ottimismo con cui la classe politica tende ad imbonire il popolo.

Se ne parla per un paio di giorni.

Una parte evidenzia che, in un quadro di crisi che coinvolge i paesi europei, l’Italia ha saputo tenere sotto controllo i conti ed annuncia riforme, rilanci dell’economia (ogni anno è così perché il politico sa che il popolo ha la memoria corta).

L’altra denuncia l’arretramento del paese e l’assenza di politiche espansive; il dramma dei giovani, salvo poi non avere politiche vere sull’occupazione; il dramma del Mezzogiorno che ogni anno va indietro ed è arrivato quasi nella maggioranza della sua popolazione alle soglie della povertà e al rischio di esclusione sociale, senza che vi sia uno straccio di idea su come uscire da questa situazione.

Ognuno prova fastidio di fronte ai dati della realtà perché preferisce fare comizi al popolo, fingendo di compenetrarsi nei suoi problemi e scaricando sull’avversario la responsabilità della situazione.

Fra poco non se ne parlerà più.

E’ importante analizzare i dati più significativi e che ci interessano come meridionali.

Circa cinquecentomila persone hanno perso il lavoro nell’industria.

Nel Sud la caduta dell’occupazione nell’industria è doppia rispetto al Centro-Nord (rispettivamente il 13,8% e il 6,9%).

Significa che il faticoso processo di inizio di industrializzazione che il Mezzogiorno ha conosciuto negli anni ottanta a seguito della riconversione industriale e della chiusura dei grandi impianti della chimica e dell’acciaio, sta conoscendo una crisi che può portare alla completa deindustrializzazione di questa area del paese.

Un italiano su quattro (il 24,7%) è a rischio povertà e la maggioranza di questi (circa il 40% della popolazione residente) si trova nel Mezzogiorno, che si avvia a diventare una delle aree più povere d’Europa.

Due milioni di giovani e di donne inattivi, in maggioranza meridionali, hanno rinunciato a cercare lavoro e restano in famiglia, che rappresenta il più formidabile ammortizzatore sociale.

Almeno 700.000 persone,su un totale di 1.370.000 spostamenti di residenza, hanno spostato nell’ultimo anno la loro residenza dal Sud al Centro-Nord.

Si tratta di un flusso migratorio a livello degli anni sessanta, solo che oggi sono tutti giovani e scolarizzati, per cui si crea un danno strutturale enorme in termini di risorse umane, che sono la risorsa fondamentale per programmare qualsiasi ipotesi di sviluppo locale.

Complessivamente l’Italia è arretrata ai livelli di dieci anni fa. Solo che questa è sempre una media perché il Sud è andato molto più indietro vanificando sacrifici che genitori hanno fatto per fare studiare i propri figli, che oggi, nella stragrande maggioranza, se li trovano o disoccupati in famiglia o costretti a cercare lavoro al Centro-Nord o anche all’estero.

Il Governo ha varato poche settimane fa il Documento economico e finanziario con le riforme di accompagnamento.

l’obiettivo più ambizioso che si pone questo importante atto del Governo è di tenere i conti pubblici in ordine, scontando una crescita molto lenta, senza intervenire con manovre dure per abbattere il deficit e permettere così investimenti per manovre economiche espansive e di ammodernamento dello stato e delle sue infrastrutture.

Il deficit pubblico è diventato l’alibi per nascondere l’assenza di politiche economiche per il paese, mentre non si è fatto niente in questi venti anni per abbatterlo, anzi è aumentato.

Il ministro Tremonti ha imposto, di fronte alla crisi che ha colpito l’economia mondiale, una politica di rigore che ci ha permesso di contenere i danni a livello di conti pubblici, ma che ha bloccato la crescita dell’economia reale.

Con l’economia che non cresce la diga eretta per proteggere i conti pubblici è destinata a sgretolarsi alla prima crisi internazionale, mentre il paese sta pagando prezzi altissimi in termini di allargamento delle disuguaglianze sociali, del blocco della mobilità sociale, della crisi di servizi pubblici, quali la scuola e la sanità, del divario, che sta diventando incolmabile, tra Nord e Sud.

Si intravedono i primi segnali di tensioni sociali e territoriali destinati ad aumentare.

La proposta avanzata da Amato di una politica di risanamento del bilancio pubblico,della riforma del welfare e degli ammortizzatori sociali, insieme a una vera lotta all’evasione fiscale e all’introduzione di una tassa una tantum da fare gravare sui redditi medio alti, per non deprimere i consumi, per portare il deficit pubblico dal 120% attuale al 60% del PIL, in linea con i paesi europei più forti, è stata da tutti rigettata.

Nessuno ha proposto un’alternativa, ma tutti si sono preoccupati di rassicurare che non vi saranno tasse patrimoniali.

Rischia di diventare sempre più ambizioso garantire la pace sociale, nel momento in cui entra in crisi la capacità delle famiglie di fungere da ammortizzatore sociale per cui verrà anteposto ad ogni discorso la legittima esigenza di vedere soddisfatti i bisogni primari.

redazione@approdonews.it