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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 05 MAGGIO 2024

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Il gesuita Bergoglio Emanuele Pecheux analizza la figura di papa Francesco

Il gesuita Bergoglio Emanuele Pecheux analizza la figura di papa Francesco
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Siccome si tratta di una circostanza sempre più rara, per una volta è giusto e doveroso sottolineare come la Rai (Terza rete) abbia segnato un punto a suo favore, nel prime time  dello scorso 26 dicembre, diffondendo per il ciclo “La Grande Storia” un docufilm della regista spagnola Maite Carpio dedicata a Jorge Bergoglio.

Introdotto e concluso dagli interventi tutt’altro che banali del gesuita Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, articolato in tre parti, il docufilm ripercorre la vita di Jorge Bergoglio con una narrazione piana ed incalzante che  mai scivola nell’agiografia: fornisce al contrario  suggestioni e chiavi interpretative per comprendere appieno una personalità complessa come quella del Pontefice, riuscendo ad evitare, in definitiva, il rischio di una celebrazione.

Quello della Carpio è soprattutto il racconto per immagini, efficace e non fazioso, della storia dell’Argentina della seconda metà del secolo scorso che si è intrecciata continuamente con le vicende del prete e del vescovo Jorge Bergoglio.

Opportuno in particolare è parso l’approfondimento del periodo del suo ministero episcopale, iniziato a Buenos Aires nel 2001. In pochi anni Bergoglio assunse una funzione essenziale per la Chiesa latino americana superando di slancio ma senza traumi l’imbarazzante equivoco generato dalla diffusione della teologia della liberazione mediante l’adozione di una prassi del tutto deideologizzata.

Entrambi i predecessori di Francesco, provenienti dall’Europa centrale e legati da un fortissimo “idem sentire” erano espressione di chiese di frontiera.

L’uno, il polacco, impegnato per anni in una aspra contesa con il comunismo, trasferita successivamente nell’esercizio di un magistero emergenziale e dunque conservativo e non privo, peraltro, di gravi ombre; l’altro, il bavarese, espressione dell’avanguardia cattolica nella terra di Lutero, per anni, ci si passi il termine un po’ irrituale, “guardiano dell’ideologia” come Prefetto della congregazione della fede. Tutti e due inevitabilmente agirono avendo come bussola l’affermazione verticalista del primato di Pietro in termini e con modalità rigidamente tetragone, tuttavia perdendo di vista il confronto con il modo contemporaneo, affidandolo ad organizzazioni neoecclesiali ostili alla Compagnia di Gesù che conobbe sotto Woijtila l’onta del commissariamento e affatto opposte a quelle che intende adottare un gesuita latino americano, espressione di quell’ Iglesia che nel subcontinente è molto di più che una religione istituzionale e che, di fatto, non ha mai conosciuto scismi o sostanziali aggressioni ideologiche.

Il naturale connubio tra il suo essere espressione dell’Iglesia sudamericana e le prassi ignaziane, a motivo della duttilità di entrambe sotto diversi profili, ha generato nella Chiesa nel breve volgere di pochi mesi una mutazione ravvisabile non solo nella ricercata informalità lessicale e gestuale (che già non è poco), ma ha provocato un  diverso approccio e trattazione tanto delle questioni legate alla dottrina, quanto a quelle del governo della Curia.

Sotto questo profilo il ducufilm della Carpio aiuta a comprendere i gesti anche clamorosi, si pensi al recentissimo e durissimo attacco portato da Francesco ai vizi e alle mollezze della Curia Romana e delle lobbies.

Va ricordato peraltro che uno dei primi atti pubblici dopo la sua ascesa al soglio fu visitare la cappella in San Paolo fuori le mura dove il fondatore dei gesuiti, Sant’Ignazio di Loyola, e alcuni suoi compagni, fecero la professione religiosa.

Sul suo essere e continuare a sentirsi prima di tutto gesuita, Francesco non nutre dubbi.

E, c’è da crederlo, resterà tale “perinde ac cadaver”.

Emanuele Pecheux