Il nuovo racconto di Mirco Spadaro
Alan Lake
Il nuovo racconto di Mirco Spadaro
<<Ciao, Cielo… >>, sussurrai alle ombre di quella notte così scura. Le figlie della notte abbracciavano la foresta attorno a me, cullando le nuvole nel loro vagare silenzioso. Inspirai, mentre l’aroma di rugiada ed il fragore della pioggia, appena passata, mi scorrevano nelle vene. Con la mano sinistra, colsi un bocciolo di rosa ancora chiuso. La ruvida “pelle” verde tra il pollice e l’indice. Quanti ricordi! Quante sensazioni! Il freddo. Il caldo. Tutto così vicino. Così lontano. Quasi annaspai, mentre i ricordi di un’estate lontana mi scorrevano negli occhi e fra le dita. Espirai, Alan Lake di fronte a me. Mille gigli bianchi coronavano la sua superficie. Esattamente, come tanti anni addietro. Forse, era tutto nella mia testa, come la malattia di uno schizofrenico, ma Alan Lake era qui. Il lago nascosto in una radura sperduta. Un ricordo, che riaffiorava dalle vecchie pagine di un libro ingiallito. Mi avvicinai alla sua superficie. E qui, esattamente come tanti anni prima, mi sedetti sulla sua riva. Questa volta, solo. Nessuna strada porta ad Alan Lake. Era il “nostro” segreto. Sospirai. Una brezza mi raggiunse il volto. Rabbrividii. Sollevai con la mano destra il cellulare. Tutto inutile: non c’era “campo” ad Alan Lake. Qui, ero finalmente solo. Troppo lontano, perché il rumore delle strade mi raggiungesse. Distante dai problemi. Dalla confusione o dal lavoro. Reclinai la schiena e poggiai la testa sul terreno. Le stelle, sopra di me, brillavano superbe. Da quanto tempo non le guardavo! Come era cambiato il mondo da quell’estate… Come ero cambiato io, da quel giorno lontano!. Un altro ricordo: una ragazza, quello stesso lago… un bacio. Sorrisi nuovamente. Non sapevo perché. Forse, perché certe cose non si dimenticano mai. Perché “ quello” era più di un bacio e qualcosa di meno dell’essere adulti. Se fissavo il placido specchio di acqua di Alan Lake, non vedevo più un uomo: ma due ragazzi. Più piccoli. Più giovani ed ingenui. Innamorati e persi in quella rosa strada, che è l’amore. Vidi con gli occhi ciò, che la mente aveva perduto. Fissai la ragazza ed il ricordo sembrò restituirmi lo sguardo. Mille sensazioni riempivano il mio spirito. Chiusi gli occhi. Il silenzio si popolò di tutte quelle promesse, che avevo fatto. La speranza, che quell’estate non finisse mai e mai la dimenticassi. Ma il tempo era passato. Io, però, non avevo dimenticato. Il mio cuore, certamente, aveva vagato. Rompendosi e riparandosi ad ogni scoglio ed ad ogni buca. Riaprii gli occhi.
“Eppure… alla fine ero tornato”, pensai, dopo aver preso dalla tasca un piccolo foglio. Il ricordo ed una promessa di quel tempo, che era stato. Scritto con il rossetto sul depliant di un cantante, ormai smarrito.
“ Buffo” pensai. Era tutto scritto da lei. Il suo nome lo avevo dimenticato. Un’ora ed un giorno, citava la carta: proprio oggi. Un luogo: Alan Lake. Scossi il capo: “ Che cosa stupida! ”.
Eppure, continuavo meccanicamente a guardare l’orologio: 23.50. Ancora dieci minuti. Alan Lake sembrava fissarmi come un padre al ritorno di un figlio. Ancora nulla. Il silenzio avvolgeva Alan lake nella sua cappa di sogni e ricordi. Nessun giglio si muoveva. Le 23.58. Tutto era in silenzio. Ad Alan lake non c’erano parcheggi. Nessuna macchina. Richiusi gli occhi. Inspirai. Qualcosa era cambiato. I ricordi si erano fermati. C’era qualcosa d’altro. Qualcosa, oltre l’odore dei pini e della pioggia appena caduta. Un profumo. Una fragranza, che non sentivo più da così tanto tempo, da aver temuto di averla quasi dimenticata. Il bocciolo di rosa scivolò tra le mie dita, cadendo nel caldo bagliore della luce, che si rifletteva sulla superficie di quel lago così silenzioso e magico. Un odore. Mi voltai: il profumo di Lei. E, improvvisamente, non ero che il ragazzino di tanti anni prima. Alan Lake alle mie spalle.
<<Ciao, … Cielo!>>