Si ai pornoshop nel centro storico, ma non vicino a scuole e chiese
Salva Italia no limits per il commercio
Si ai pornoshop nel centro storico, ma non vicino a scuole e chiese
È quanto emerge dalla sentenza 480/14 del Tar Lombardia, pubblicata il 7 maggio
dalla sezione staccata di Brescia che ha accolto, sia pure in parte, il ricorso della
società che gestisce il negozio di gadget sexy. Secondo la sentenza troppo rigide
le norme adottate dal consiglio comunale di Bergamo per regolamentare il settore
della distribuzione dopo la deregulation introdotta tra la fine del 2011 e l’inizio
del 2012: il dl 201/11. Il tutto grazie al decreto Salva Italia che ha cominciato
a liberalizzare il commercio e al successivo decreto Cresci Italia che ha rimosso
altri paletti. Infatti afferma la libertà di apertura no limits per nuovi negozi
sul territorio, tranne casi particolari come ad esempio le farmacie; il dl 1/2012,
poi, abroga ogni norme che pone «divieti e restrizioni alle attività economiche
non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite». Sì quindi
ai sexy shop nel centro storico, ma non a meno di quattrocento metri da scuole e
chiese. Quindi illegittimo il no alla Scia del negozio imposto dal Comune di Bergamo
all’attività economica. Mentre giusto lo stop alla vendita di gadget sexy a meno
di 400 metri dai luoghi sensibili.Secondo il giudice di merito, il provvedimento
dell’ente locale punta sì a valorizzare gli esercizi di vicinato e l’integrità
del territorio ma non compie un adeguato bilanciamento con il principio comunitario
della libera concorrenza e con la necessaria tutela delle attività economiche contro
le liberalizzazioni di Salva e Cresci Italia. Nulla giova all’amministrazione richiamo
ai beni architettonici, ambientali e di decoro. Inoltre la delibera bandisce dalla
zona antica della città oltre che determinati tipi di esercizi anche i distributori
automatici, ma non indica ad esempio modalità alternative che possano favorire un
accesso discreto agli apparecchi da parte degli utenti. Legittima è invece la delibera
consiliare laddove pone il keep out dei sexy shop ad almeno quattrocento metri dalle
scuole, in quanto luoghi frequentati da minorenni e dunque soggetti più vulnerabili:
qui, spiegano i giudici, entra in gioco la tutela della salute umana in senso ampio.
È invece il rispetto del decoro a imporre il trasloco dei pornoshop dalle immediate
vicinanze delle chiese e dei cimiteri, per rispetto alle persone che li frequentano.
Altrettanto vale per ospedali e case di cura. Giovanni D’Agata, presidente dello
“Sportello dei Diritti”. una sentenza che farà certamente discutere anche
se in ogni caso pone dei limiti alla libertà di iniziativa privata che sono condivisibili
sotto il profilo dei più giovani e per il “buon gusto” che così non viene totalmente
sacrificato.