Graziano sul viale del tramonto. Calenda non scambi il crepuscolo con l’alba
Ott 11, 2025 - redazione
C’è una malinconia quasi teatrale nei finali che si consumano in silenzio. Luci spente, poltrone vuote, applausi che non arrivano. Sul palco, ancora una figura che indugia, come se il sipario potesse riaprirsi per magia. Giuseppe Graziano, ex generale, ex consigliere regionale, si aggira oggi in quel lungo viale del tramonto che la politica riserva a chi non ha più elettori ma fatica a dire addio. Non è stato rieletto, ed è un dettaglio che conta.
Eletto anni fa con l’UDC, Graziano si era distinto per un gesto non da poco, ossia restare capogruppo anche dopo l’espulsione dal partito, come un inquilino che non riconsegna le chiavi.
Poi, con passo felpato, è arrivato il trasloco in Azione, dove l’accoglienza è stata calorosa, ma il pubblico decisamente meno entusiasta. Alle urne, nessuna riconferma, nessuna standing ovation. Solo il buio.
Ed è qui che la storia si fa più interessante. Perché mentre il popolo ha già voltato pagina, certa politica sembra ancora intenta a rileggerla, questa pagina.
Se Azione ambisce davvero a rappresentare un’alternativa, se Calenda vuole essere paladino del merito e della modernità, dovrà spiegare perché dalle retrovie sbuca ogni tanto qualche reduce di stagioni passate. Rinnovare non significa restaurare. E il nuovo, per definirsi tale, ha il dovere di chiudere con il vecchio.
Giuseppe Graziano è oggi il simbolo gentile e un po’ nostalgico di quella politica che non conosce l’uscita di sicurezza. Che resta in scena anche dopo il calare del sipario, sperando in un bis che nessuno ha chiesto. Ma ogni attore, persino il più navigato, dovrebbe sapere quando è il momento di inchinarsi e lasciare il palco. Quando il teatro è vuoto e la platea guarda altrove, restare sotto i riflettori diventa solo un esercizio di ostinazione.
Il tramonto, in fondo, può essere anche elegante. Calenda agevoli Graziano ad attraversarlo con misura, senza scambiare il crepuscolo per l’alba.