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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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Vittime del dovere: il vitalizio dev’essere pari all’assegno per quelle di mafia e terrorismo Le Sezioni Unite della Cassazione confermano la giurisdizione ordinaria e affermano il principio secondo cui la legislazione in materia è finalizzata da un intento perequativo. Confermati definitivamente i diritti di chi si sacrifica per lo Stato

Vittime del dovere: il vitalizio dev’essere pari all’assegno per quelle di mafia e terrorismo Le Sezioni Unite della Cassazione confermano la giurisdizione ordinaria e affermano il principio secondo cui la legislazione in materia è finalizzata da un intento perequativo. Confermati definitivamente i diritti di chi si sacrifica per lo Stato
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Chi si sacrifica per lo Stato non può essere discriminato rispetto alle altre vittime
ritenute degne di tutela dall’ordinamento italiano. In buona sostanza è questo il
principio stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza
7761/17, pubblicata il 27 marzo, hanno rigettato il ricorso del Ministero della difesa.
Per i giudici della Suprema Corte, infatti, l’assegno mensile in favore delle vittime
del dovere deve essere equiparato all’assegno attribuibile alle vittime del terrorismo
e della criminalità organizzata. La vicenda parte dalla domanda proposta al Tribunale
in funzione di Giudice del Lavoro di Firenze ai fini del riconoscimento dello status
di “vittima del dovere” per la concessione dei benefici assistenziali. Il giudice
ordinario condannava il ministero della Difesa e quello dell’Interno a riconoscergli
lo status e i relativi benefici di legge così come la la Corte di appello toscana
che confermava la prima sentenza anche in relazione all’ammontare del vitalizio.
L’importante decisione in commento oltrechè confermare la correttezza dell’individuazione
del giudice ordinario in funzione del giudice del lavoro in relazione a tali vertenze,
affronta l’evoluzione normativa comparandola anche con alcune decisioni amministrative.
Gli ermellini ricordano, infatti, che «con l’articolo 4, comma 238, della legge
350/03 l’ammontare dell’assegno vitalizio in favore della vittime del terrorismo
e della criminalità organizzata è stato raddoppiato; il dpr 243/06, emanato in
base all’articolo 1, comma 565, della legge 266/05 all’articolo 4 ha affermato
che l’assegno vitalizio dovesse essere corrisposto in un ammontare pari ad euro
258,23; tale disposizione avrebbe creato un’irragionevole diversità di trattamento
tra le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e le vittime del dovere:
pertanto, il Consiglio di Stato, con varie pronunce, ha, in via interpretativa, chiarito
che alla misura dell’assegno indicata nell’articolo 4 del dpr 243/06 non deve
essere attribuito il valore di cristallizzazione del relativo importo, in quanto
escludere le vittime del dovere e i soggetti equiparati dal disposto raddoppio dell’ammontare
dell’assegno equivarrebbe a creare un’ingiustificata disparità di trattamento».
In ragione di tali deduzioni in diritto, i giudici di legittimità hanno affermato
il seguente principio di diritto: «L’ammontare dell’assegno vitalizio mensile
previsto in favore delle vittime del dovere e dei soggetti ad esse equiparati è
uguale a quello dell’analogo assegno attribuibile alle vittime del terrorismo e
della criminalità organizzata, essendo la legislazione primaria in materia permeata
da un simile intento perequativo ed essendo tale conclusione l’unica conforme al
principio di razionalità-equità di cui all’articolo 3 della Costituzione, come
risulta dal “diritto vivente” rappresentato dalla costante giurisprudenza amministrativa
e ordinaria». In termini economici, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello
dei Diritti”, si tratta del riconoscimento formale di un sostanziale raddoppio
del beneficio economico relativo all’assegno mensile che per le amministrazioni dello
Stato doveva essere pari ad € 258,00 soggette a perequazione, mentre con la sentenza
in questione si conferma quell’orientamento secondo cui l’importo dev’essere pari
ad € 500,00 soggette a perequazione ossia l’importo elevato dalla L. 350 del 2003.
È bene ricordare che l’espressione “vittime del dovere”, non è solo una locuzione
di circostanza, ma individua, nella legislazione italiana, gli appartenenti alle
forze di polizia italiane ed alle forze armate italiane caduti o che abbiano contratto
infermità invalidanti nell’adempimento del loro dovere. Nella disciplina prevista
dal D.P.R. n. 243/2006 è previsto un particolare elenco di pubblici funzionari particolarmente
esposti ad essere vittime nello svolgimento del proprio dovere che sono: i magistrati
ordinari della magistratura italiana, gli appartenenti alle forze armate italiane:
all’Aeronautica Militare, all’Arma dei Carabinieri, all’Esercito Italiano, alla Marina
Militare, alla Guardia di Finanza; gli appartenenti alle forze di polizia italiane:
al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al Corpo Forestale dello Stato, alla Polizia
di Stato, alla Polizia Penitenziaria, alla Polizia Municipale. La normativa prevede,
inoltre, la corresponsione di un assegno di invalidità in genere a tutti gli altri
dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un’invalidità permanente in attività
di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di
lesioni. Sono equiparati agli individui suddetti, coloro che abbiano contratto infermità
invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni
di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano
riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali
od operative. Lo “Sportello dei Diritti”, associazione che da tempo segue
anche le vicende delle “vittime del dovere” plaude, quindi, alla decisione in
questione, confermando l’impegno ad assistere su tutto il territorio nazionale tutti
coloro che hanno diritto ai benefici della legge vigente che potranno continuare
a segnalarci la loro situazione agli indirizzi email info@sportellodeidiritti.org o segnalazioni@sportellodeidiritti.org.