Virus Febbre del Nilo in aumento nelle ultime settimane Colpite le province di Cremona, Mantova, Reggio nell'Emilia, Rovigo e Verona
Pochissimi ne parlano, ma lo “Sportello dei Diritti [1]” ha continuato fin dall’inizio
dell’estate appena passata a diffondere i dati relativi alla pericolosa diffusione
di un virus conosciuto come “Febbre del Nilo occidentale” che anche il centro
europeo per la prevenzione delle malattie e controllo (ECDC) ha tenuto sotto stretto
monitoraggio. Stavolta il campanello d’allarme è suonato anche in altre province
italiane. Sono, quindi, 10 sino alla data di oggi, i casi registrati in Italia tra
l’1 e il 25 agosto, di malattia neuroinvasiva da West Nile virus, verificati in particolare
in tre regioni: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Questi sono i dati ufficiali
confermati dal servizio di sorveglianza del Centro nazionale di epidemiologia e dell’Istituto
superiore di sanità. Il 55% dei casi riguarda uomini con un’età media di 64 anni.
Per quanto riguarda la distribuzione per province sono così di seguito suddivise:
Cremona (1), Mantova (3), Reggio nell’Emilia (1), Rovigo (2) e Verona (2) e uno della
provincia di Modena già interessato confermati. Nei giorni scorsi il virus West
Nile Virus ha fatto la sua comparsa anche in queste due province dove, come è noto,
abbondano piantagioni e allevamenti. Per l’Unione Europea, invece sono 54 complessivamente
i casi confermati ad oggi e 63 i casi registrati nei paesi limitrofi. Per Giovanni
D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti [2]”, poiché gli esperti ritengono
che il collegamento fra il ciclo rurale e quello domestico è determinato da alcune
zanzare della macchia che potrebbero penetrare negli ambienti domestici infettando
il pollame o altri animali d’allevamento e da compagnia, i quali poi potrebbero
essere punti da zanzare nella fase della viremia, si raccomanda di evitare, in zone
a rischio, il contatto con animali deceduti e di prevenire la proliferazione delle
zanzare limitando le superfici umide tra le quali, rende bene l’idea, il classico
esempio del sottovaso sempre pieno d’acqua. È evidente, inoltre, che ai primi
sintomi, bisogna rivolgersi al proprio medico di famiglia. Si ricorda, a tal proposito
che gli indici segnalati sono rappresentati da febbre moderata dopo pochi giorni
di incubazione [3], che dura da tre a sei giorni, accompagnata da malessere generalizzato,
anoressia, nausea, mal di testa, dolore oculare, mal di schiena, mialgie (dolori
muscolari), tosse [4], eruzioni cutanee, diarrea [5], linfadenopatia e difficoltà
a respirare. In meno del 15% dei casi, negli anziani e nei soggetti più deboli,
possono aggiungersi gravi complicazioni neurologiche quali meningite [6] o encefalite
[7]. Non esistono al momento vaccini o trattamenti specifici, vengono di norma usati
farmaci per alleviare la sintomatologia tipica della malattia. É peraltro importante
sottolineare che l’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie)
ogni settimana pubblica un rapporto informativo sulla febbre del Nilo occidentale
che comprende mappe della attuale distribuzione geografica dei casi autoctoni umani
nell’UE e nei paesi limitrofi, tra cui un confronto con i dati precedenti, un aggiornamento
della situazione e una tabella del numero di casi di paese e zona. Esso è pubblicato
sul sito dell’istituzione europea ogni venerdì pomeriggio. L’obiettivo del progetto
è quello di informare le autorità competenti responsabili per la sicurezza della
salute delle aree nelle quali risulta possibile il contagio del virus del Nilo occidentale
agli esseri umani al fine di sostenere la loro attuazione della normativa sulla sicurezza
della salute. Secondo la normativa europea sulla sicurezza della salute, gli Stati
membri devono avviare misure di controllo per assicurare la sicurezza in caso di
casi di febbre del Nilo occidentale. Una sfida importante per l’attuazione del presente
regolamento è la raccolta tempestiva di informazioni accurate sulle zone colpite.