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TAURIANOVA (RC), SABATO 14 DICEMBRE 2024

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Viaggio di Domenico Caruso nei comuni della Piana Si comincia con la città di Gioia Tauro

Viaggio di Domenico Caruso nei comuni della Piana Si comincia con la città di Gioia Tauro
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di Domenico Caruso

«Bella e ridente dal massiccio colle,
Gioia si stende dolce verso il mare
dove il Tirreno allinea all’orizzonte
le isole di Lipari e lo Stromboli
tra Capo Vaticano e la Sicilia».

(Nicola Orso)

Iniziamo lo studio dei 33 Comuni della Piana nei suoi vari aspetti: storici e naturalistici, religiosi e folclorici, artistici e letterari. Anche le leggende e le curiosità ci aiuteranno a capire la nostra gente. Dal numero degli abitanti, registrati nel 2013, dipende l’ordine di pubblicazione. Il primo posto, così, spetta a Gioia Tauro.
Infatti, i gioiesi sono 19.681 ed hanno come Patrono Sant’Ippolito, che si festeggia il 13 agosto.
La città è sorta nell’antica area del Metauros (il fiume Petrace), uno dei centri greci minori lungo le coste del Tirreno. Fondata nel VII sec. dai Calcidesi di Zancle (l’attuale Messina), divenne colonia di Locri e Villa romana dopo la sua distruzione avvenuta durante la seconda guerra punica.
Per Giuseppe. Pensabene il nome deriva da “Iovia (aggettivo di Giove) non tanto per la sua importanza come nodo della Popilia ma per il clima dono di Giove pluvio, cioè umido”. (Dizionario Etimologico del dialetto fossile […] nell’area dello Stretto […] – (DES) – Vol. 2° Ed. AZ – RC).
A motivo della fertilità del suo entroterra Gioia fu abitata fin dal Neolitico, allorquando la zona veniva attraversata dai mercanti di ossidiana. Lo sbocco nel mare la rese importante fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente e le invasioni barbariche. Dagli scavi effettuati sono emerse importanti testimonianze archeologiche riguardanti tombe ad incinerazione ed inumazione che, partendo dal VII sec. a.C., giungono all’epoca romana. I corredi funerari trovati sono custoditi al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.
Sotto Tiberio (14-34 d.C.) Gioia Tauro fu degradata a stazione navale, per poi perdersi nel II sec. d.C.
La città appare nei documenti angioini del 1264 al tempo di Carlo I d’Angiò. Passò, allora, da Alfonso d’Aragona a Giovanni d’Alagno (1449) e ad Ugo d’Alagno; quindi fu incamerata nel regio demanio prima di appartenere ad Aniello Arcamone e a Consalvo de Cordova (1502).
Dalla conquista normanna all’arrivo di angioini e aragonesi, Gioia dovette figurare un modesto borgo con pochi abitanti. Nel 1503 lo scontro fra i due ultimi popoli pose fine al doloroso predominio sulla Piana.
Le frequenti scorrerie saracene dei secoli XVI e XVII depredarono dei beni la popolazione, già decimata, che veniva resa schiava e deportata in Oriente. Chi non trovava la somma per il riscatto (come rivela la leggenda di Donna Canfora) era venduto al miglior offerente. Sotto il dominio spagnolo il Borgo fu fortificato: su tre lati con bastioni e mura di cinta e ad est con un ponte levatoio. Divenuta cittadella di 1600 abitanti, Gioia fu dotata di quattro torri di avvistamento.
Le incursioni turchesche, a scadenza biennale, in coincidenza con la produzione olearia, costrinsero gli abitanti a creare delle fosse a difesa e conservazione sia della raccolta di cereali che dell’olio. Il Borgo, pertanto, venne definito Chianu d’i fossi (Piano delle fosse). Al degrado del territorio contribuirono i movimenti sismici e la malaria. I gioiesi, per primi, promossero opere di bonifica e alla fine del 1700 costruirono fuori le mura i magazzini con le cisterne per l’olio, dove i carri potevano prelevarlo e trasportarlo verso la marina.
Dopo la conquista del Regno di Napoli, Carlo III di Borbone il 17 febbraio 1735 visitò Rosarno rimanendovi fino al 5 marzo ospite del duca di Monteleone, Pignatelli. Raggiunse, quindi, Gioia e alcune ore più tardi Palmi.
Il Flagello del 1783 procurò a Gioia centomila ducati di danni e la morte di 18 persone. Pure il mare ricoperse per parecchi metri la spiaggia e distrusse l’estuario del Metauro. Nel 1861, dopo l’Unità d’Italia, richiamando l’antica denominazione a Gioia fu aggiunto Tauro. Dal 1895, con la costruzione della ferrovia della Stato, si intensificò il traffico commerciale. Il 22 ottobre 1963, con decreto del Presidente della Repubblica, Gioia Tauro si fregiò del titolo di Città.
Con l’entrata in funzione del Porto (1995), il suo volume di affari compete con i maggiori scali del Mediterraneo.
Fin dall’antichità è decantata la bellezza del luogo, come dimostra Gaio Lucilio (180-102 a.C.) nelle sue Satire: «Vedrai ciò che prima desiderasti – a Metauria si tiene un mercato annuo – l’agro è fertile e il mare pescoso».