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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 15 DICEMBRE 2024

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Viaggio alla scoperta di Oppido Mamertina Continuiamo a scoprire la storia e le tradizioni dei paesi della Piana di Gioia Tauro

Viaggio alla scoperta di Oppido Mamertina Continuiamo a scoprire la storia e le tradizioni dei paesi della Piana di Gioia Tauro
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di Domenico Caruso

Un po’ di storia

Oppido è un centro rilevante dal punto di vista archeologico, come risulta dagli scavi effettuati nella Contrada “Mella” che rivelano la presenza dell’antico popolo dei Tauriani e quello della città bruzia di Mamerto.

Erede di quest’ultima, il paese (da “Oppidum”, accampamento militare) fu riedificato intorno al 1044 divenendo fin d’allora Diocesi.

  1. Pensabene scrive che “Oppidum” indicava un abitato in altura che era al tempo stesso una difesa. Quindi divenne sinonimo di città. “Tresilico” (sostiene ancora il noto filologo) è separato da Oppido appena da un piccolo corso d’acqua, che in passato dovette essere più consistente. Ciò fa pensare che alla base ci sia il latino popolare “(in) transibilis” (non traghettabile) diventato coi bizantini “transilico”, tresilico. (v. Dizionario Etimologico – DES)

La città di Oppido subì vari assalti a cominciare dal 1059 da parte di Ruggero il Normanno, ma fu il “Flagello” del 1783 a raderla al suolo e ad uccidere 1.198 abitanti, quasi la metà della popolazione.

Nel 1864 alla nuova Oppido, riedificata nella Contrada Tuba fu aggiunto l’appellativo di “Mamertina”.

Il Comune di Oppido comprende anche tre Frazioni: Messignadi (la più grande), Castellace e Piminoro.

Le origini di Messignadi, risalgono al periodo della Magna Grecia e nel secolo XIII, sotto Carlo d’Angiò, il centro appartenne al feudo di Oppido. Distrutto dal sisma del 1783, fu presto riedificato. Nelle pergamene greche riguardanti la Diocesi di Oppido, nel 1188 è chiamato “Mesinido”. Nel 1799 fece parte del Dipartimento della Sagra con sede a Seminara. Dal 1588 divenne “universitas” e quindi Comune del Regno di Napoli fino al 1854, quando passò come Frazione di Oppido. Nella contrada Filesi si possono notare i ruderi di un antico convento domenicano del 1513, la cui chiesa era intitolata a S. Maria della Palomba.

Le origini di Castellace precedono quelle di Oppido; le prime notizie risalgono al 1195. Fino al 1600 appartenne alla Diocesi di Reggio Calabria. Ricco centro agricolo, abitato da popoli indigeni e greci, in passato richiamò numerosi lavoratori delle località limitrofe per la raccolta delle olive. Distrutto dal “Flagello” del 1783, venne riedificato nella più vicina zona pianeggiante.

Il villaggio di Piminoro, a 700 metri sul livello del mare, venne fondato dal vescovo di Oppido Mons. Alessandro Tommasini (1792-1818) come sede estiva dei seminaristi. Fu, quindi, popolato da famiglie di contadini giunte da Fabrizia (CZ).

Fu scelto dal porporato, che lo chiamò “Piminoro” (“monte dei pastori”), a motivo della salubrità dell’aria in quanto Oppido risultava una zona malarica.

Il Comune di Tresilico, soppresso con regio decreto, nel 1927 divenne rione di Oppido. E’ sede del Santuario dedicato alla Madonna delle Grazie.

Personaggi

Sono numerosi i personaggi illustri di Oppido per cui mi limiterò a segnalare quelli della “Storia oppidese” di Antonio Roselli.

Candido Zerbi (1827-1889), con una vasta preparazione sulla “Divina Commedia”, tanto da ricevere le congratulazioni del Torricelli; Domenico Antonio Malarbì (1732-1784), letterato e matematico; Mons. Nicolantonio Gangemi (Pedavoli 1766 – Napoli 1837), archeologo e “salvatore” della Diocesi di Oppido; Giuseppe Ioculano (1864-1918), medico letterato; Domenico Carbone Grio (Tresilico 1839 – RC 1905), dottore garibaldino; Candido Zerbi (1827-1889), uomo politico e storico; Francesco Saverio Grillo (1835-1912), eclettico uomo di cultura.

Ricorrenze storiche

La battaglia di Seminara.

La prima battaglia si ebbe nel 1495 allorquando Ferdinando II d’Aragona dovette abbandonare la capitale partenopea (stretta d’assedio da Carlo VIII d’Angiò) e rifugiarsi a Messina. Da qui chiese l’aiuto del consanguineo Ferdinando V di Spagna (“il Cattolico”), che gli inviò il “Gran Capitano” Consalvo Fernandez de Cordoba ed i rinforzi con i quali – dopo l’assedio e la conquista di Reggio – passò a Seminara. I francesi, pur sconfitti, attesero l’occasione della rivincita che ottennero qualche tempo dopo. Nella seconda battaglia gli spagnoli passarono all’offensiva. Il 13 aprile 1503 un esercito giunto dalla Sicilia annientò i francesi fra Gioia e Seminara.

La nomina di Consalvo a viceré del Regno di Napoli, da parte de “il Cattolico”, diede inizio alla dominazione spagnola caratterizzata essenzialmente dalla corruzione amministrativa e dal fiscalismo che fiaccò l’economia. Il terrore delle incursioni turchesche completò il resto.

La visita di Lear

L’illustre paesaggista e scrittore inglese Edward Lear (1812-1888) nell’estate del 1847 si fece a piedi il giro della Calabria Ultra Prima, in compagnia di un amico e di un cavallo per i bagagli. Nel suo “Diario” riferisce che il 24 agosto, partito da Casalnuovo giunse a Oppido che gli si offrì quale “città ampia e passabilmente costruita”. Ma qui, un imprevisto inconveniente sconvolse i suoi piani. Non trovando il canonico Don Pasquale Zerbi, dal quale era diretto, si recò in una “abietta locanda: una orribile spelonca” per trascorrere la notte. Dopo aver fatto colazione sui gradini del locale, entrò nelle stanze da letto, dove l’esercito di parassiti che le infestava era così folto che né lui né il compagno Ciccio riuscirono a dormire. Rimasero svegli contemplando con raccapriccio i “letti animati” fino all’arrivo del nuovo giorno che per loro rappresentò certamente una liberazione.

Il previtocciolo

Nel 1971 esplose il famoso caso letterario del romanzo “Il previtocciolo”, firmato con lo pseudonimo di don Luca Asprea, pubblicato dalla Feltrinelli e presentato da Franco Cordero.

Quest’ultimo scrisse: «Aspro, alluvionale come una fiumana di dialetto imprecatorio, spesso sgradevole, talvolta ingenuo, eppure pietoso sotto la ferocia delle immagini speculari, moralmente ispirato, sottile nell’esplorazione dei fatti e degli interni d’anima, poetico, questo libro è più edificante di mille sermoni dolciastri».

Il sesso è il tema dominante del libro. Si legge nella quarta di copertina dell’edizione 2003 di L. Pellegrini (CS), «[E’] comunque l’asse ordinatore di tutta la vita paesana, schiacciata e deformata dalla immorale morale sessufobica, e dal malcostume dei preti, che trasformano l’altare in un mattatoio di carni femminili, la sagrestia in un’alcova, la confessione in un’estorsione di segreti sessuali».

Il libro suscitò uno strepitoso successo e venne tradotto anche in francese, incontrando pareri opposti. L’autore è don Carmine Ragno, ex seminarista cattolico poi prete ortodosso, nato a Oppido nel 1923 e deceduto a Roma nel 2005.

Uno dei tanti detti riportati nel testo dichiara:

«I danari

fanno i morti parlare!

L’uomo senza moglie

è mezzo morto;

l’uomo senza danaro

è morto tutto!».

(9 – continua)