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TAURIANOVA (RC), VENERDì 13 DICEMBRE 2024

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U ‘mbitu

U ‘mbitu

| Il 28, Ago 2011

La tradizione piu’ bella di Taurianova

di Cece Alampi

U ‘mbitu 

La tradizione piu’ bella di Taurianova

 

TAURIANOVA – La città di Taurianova, ogni anno il 29 agosto,  celebra  la sua tradizione  più bella, importante e sentita: il falò dell’invito, o meglio, “u ‘mbitu”, come è comunemente chiamato in dialetto.

Questa grande tradizione a Taurianova è diventata parte integrante delle grandi manifestazioni di festa e di gioia, in onore della venerata Patrona della città, la Madonna della Montagna ed ha assunto, con il tempo, per il modo in cui si svolge e per gli steli secchi di lupini, “i luppinazzi”, che vengono bruciati con il falò, un significato profondo che va al di là del suo etimologico significato di invito, di richiamo, di avviso,  per la novena e per la festa successiva.

Il termine dialettale “u ‘mbitu”, infatti, significa “invito”. Invito, cioè, alla novena e alla festa successiva che i cittadini di Taurianova facevano a tutti gli abitanti delle campagne e dei paesi del circondario.

Anticamente infatti in mancanza di altri mezzi di comunicazioni, il fumo del falò e il chiarore che produceva era un chiaro segnale per tutti che il giorno dopo sarebbe iniziata la novena della Madonna della Montagna.

La tradizione, però, ha radici profonde che vanno anche al di là della devozione alla Madonna della Montagna nell’antica Radicena e si collegano, certamente, alla devozione a S. Orsola, l’antica Patrona e alle fiere di bestiame e attrezzi agricoli che a Radicena avevano raggiunto fama nazionale e più anticamente ancora, prima del cristianesimo, come affermano illustri studiosi. al culto del fuoco.

Molti sono gli scrittori e gli studiosi che si sono occupati della tradizione dei falò a Taurianova e nel circondario. Ricordiamo Fedele Lamari che considera l’usanza come cerimonia espiatoria per cui il popolo, dopo aver offeso la Divinità, per impetrarne il perdono e “per avere sempre vicina la protezione della Madonna, volle col rogo, quasi fosse un lavacro, purificare esteriormente le case, i villaggi, le contrade”. Del falò parla pure Antonino Basile, il quale, dopo aver spiegato che nel tempo il rito del falò per la cultura contadina, ha assunto significati magico religiosi, si sofferma sull’uso di spargere le ceneri sui campi o negli angoli delle case, come rito di purificazione e di propiziazione.

Del falò dell’invito di Taurianova si sono occupati anche Angela Maccarrone Amuso in un interessante libro, pubblicato nel 1987, dove parla del rito del fuoco e religione tra sacro e profano e Cecè Alampi in un altro interessante volume sulla storia e sulla devozione alla Madonna della Montagna a Taurianova.

Ma perché vengono bruciati gli steli secchi di lupini, “i luppinazzi”, e non altro materiale, lo stesso combustibile, come ad esempio rami di ulivo o di agrumi di cui la nostra zona è ricca. La spiegazione la conoscono bene i nostri  anziani che conoscono le leggende sorte intorno alla figura della Madonna.

Una leggenda racconta che la Madonna per sfuggire ai soldati di Erode che cercavano di uccidere il Bambino Gesù che portava in braccio, si nascose in mezzo ad un campo di lupini secchi che al suo passaggio fecero tanto rumore da richiamare l’attenzione dei soldati. La Madonna per questo maledisse i lupini esclamando: “chimmu ndaviti la mia amarizza”. Infatti i lupini da allora sono amari – racconta ancora la leggenda – e solo una lunga lavorazione riesce ad addolcirli.

Quindi i taurianovesi bruciano i lupini e non altro materiale infiammabile, per  vendicare l’antico torto subito dalla Madonna.

Molti degli anziani ricordano che fino ad una trentina di anni fa, i luppinazzi venivano offerti per grazia ricevuta o per voto alla Madonna, dai  massari del circondario, specialmente dalla zona di Sambiase. Purtroppo da oltre trenta anni  i lupini nella nostra zona non vengono più coltivati ed è diventato difficile procurarseli anche nella nostra Piana. Da allora  vengono offerti dal sig. Antonino Colloca di Vena Superiore in Provincia di Vibo Valentia.

Anticamente, raccontano gli anziani, giorno ventinove Agosto, puntuali, fin dal mattino, arrivavano i carri trainati dai buoi bardati a festa e con l’immancabile immagine della Madonna sulla testa, carichi di luppinazzi e li scaricavano in piazza, davanti alla Chiesa,  dove la sera venivano accatastati per essere bruciati.

Dalle fiamme che si alzavano se erano alte o basse, se diritte o giravano verso qualche direzione, se il fuoco scoppiettava o meno, i nostri progenitori traevano dei significati, degli auspici, per il futuro andamento della festa, o del tempo, o degli affari, o dei lavori.

Alla fine del falò, ognuno prendeva un po’ di cenere che portava a casa, come una reliquia sacra e riponeva agli angoli delle stanze e sopra le soffitte, contro le intemperie e poi spargeva nei campi per renderli più fecondi.

L’accensione  è stata fatta sempre dal Sindaco o dal Commissario Prefettizio della città o, comunque, dal primo cittadino eletto o nominato. Per il popolo è l’atto più solenne del primo cittadino, anzi è stato sempre l’atto che ha consacrato la sua autorità di fronte al popolo. Nessun atto, nessun comizio, nessun gesto seppur solenne o importante ha avuto mai l’assenso del popolo come l’accensione del falò. “Ndavi l’onori ca davanti a chiazza / ‘na vota a l’annu aduma i luppinazza”, recitava il verso di una antica poesia dialettale dedicata ad un Sindaco. Prima e dopo l’accensione del falò, inoltre vengono esplosi i fuochi artificiali, mentre durante  il falò, le campane della chiesa suonano a festa.

Prima dell’accensione che avviene all’imbrunire, verso le ore 20,00, nella sede del Comitato Feste si riuniscono tutti i componenti del Comitato Feste con il loro Presidente, il Sindaco con la Giunta Comunale e molte altre personalità ed autorità civili e militari, per formulare un brindisi di augurio per la buona riuscita della festa. Il Presidente del Comitato prende la parola saluta i convenuti e sottolinea l’importanza della presenza della Madonna per la città di Taurianova e l’importanza della  festa come occasione privilegiata per vivere insieme intorno alla Patrona, sentimenti di fede, di pace e amicizia. Il Presidente del Comitato da poi la parola al Sindaco il quale ringrazia il Comitato per l’impegno profuso e augura a tutta la città di ritrovare, con l’aiuto della Madonna, la fiducia per un cammino di progresso e di civiltà.

Subito dopo si forma una piccola processione che parte dalla sede del Comitato Feste con in testa il Sindaco e il Presidente del Comitato, seguita dagli Assessori Comunali, dalle altre autorità presenti e preceduta dalla Banda Musicale e si avvia verso la Piazza Macrì, antistante la Chiesa Parrocchiale dove viene venerata la Beata Vergine Maria della Montagna. E’ uno dei momenti più emozionanti di tutta la festa e la gente che fa ala al passaggio delle autorità lo sa benissimo e per questo sorge spontaneo e sincero il lungo applauso che accompagna l’accensione del falò.

Le fiamme, alimentate dagli steli secchi di lupino buttati sul fuoco da persone di tutte le età e condizioni, si alzano alte tra la gioia e la commozione generale. Anche se antichissimo, il rito del falò suscita sempre un brivido di emozione.

Ogni anno, sono migliaia le persone intorno al falò e per l’occasione, in paese, ritornano molti emigrati. Anche questa è una tradizione che va valorizzata ancora di più oltre che per la spettacolarità, anche perché è unica nel suo genere ed è una grande testimonianza che ci collega con tutte le generazioni del passato.

 

CECE’  ALAMPI