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Tutti con Benny mentre si sgonfia lo scoop dell’inchino della Madonna al boss

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Clamorosa attestazione di affetto per don Benedetto tornato a Tresilico. L’autore del video: “Non ho filmato alcun inchino e l’ho detto a chi me lo ha poi richiesto” – di LUIGI MAMONE

Tutti con Benny mentre si sgonfia lo scoop dell’inchino della Madonna al boss di Oppido

Clamorosa attestazione di affetto per don Benedetto tornato a Tresilico. L’autore del video: “Non ho filmato alcun inchino e l’ho detto a chi me lo ha poi richiesto”

di Luigi Mamone

 

Una manifestazione corale di affetto, tributatogli non solo dai parrocchiani di Tresilico ma da tantissimi gruppi parrocchiali della intera Diocesi, ha accolto don Benedetto Rustico al suo ritorno in Parrocchia dopo la discussa processione del 2 Luglio che ha innescato sull’onda del presunto inchino davanti la casa del boss, un tritacarne mediatico senza precedenti. Il sacerdote unitamente a don Mimmo Caruso ha celebrato il rito che alla fine della Festa patronale precede il ricollocamento nella sua nicchia sull’altare maggiore della bella statua lignea di scuola napoletana, che raffigura la Madonna delle Grazie seduta su un piccolo trono con in braccio Gesù Bambino. Don Caruso ha spiegato nel corso dell’omelia, il significato dell’essere piena di Grazie attribuito a Maria. Don Benedetto invece al termine della celebrazione prima che i portatori rimuovessero la Vergine dal Trono della processione per ricollocarla nella teca sull’altar maggiore ha avuto parole di ringraziamento e ha auspicato chela Madonna dia a tutti la forza per resistere ad ogni avversità. I fedeli, in un numero strabocchevole hanno più volte applaudito al grido di Viva Maria e hanno in maniera altrettanto calorosa – ed erano in migliaia – tributato a Don Benedetto una manifestazione di vicinanza e di stima che la dice lunga sull’affetto che questo sacerdote barbuto goda fra il popolo dei fedeli diocesani. Su Facebook il gruppo “Io sto con Benedetto” ha già raccolto migliaia di adesioni . Giovani che anni fa – bambini o adolescenti – ad Amato, a Cannavà e poi a Oppido – erano cresciuti insieme con l’allora giovane sacerdote che insegnò loro ad essere gruppo, a vivere in ecclesialità e a credere in se stessi e a capire la bellezza di vivere in posti apparentemente piccolissimi ma nei quali si poteva fare tanto per fare comunità e per crescere insieme sono tutti presenti e dicono chiaro “nessuno si permetta di calunniare don Benedetto. E che nessuno dia del colluso con le ‘ndrine a don Benedetto che in una terra difficile la mafia la lotta – con i fatti e non solo a parole e con sterili marce di apparente antimafia”. Non hanno mezzi termini i fan di “Benny” come qualcuno lo chiama. “Don Benedetto è uno di noi, uno che ai mafiosi ha mostrato di non aver paura. Uno tosto, abituato a non chinare la testa”. In sacrestia ci sono i gruppi di AC di tutta la Piana del Tauro. Qualcuno ironizza: forse – dice – in qualche scritto forcaiolo – oltre al Vescovo e al clero adesso cominceranno a prendersela anche con l’Azione Cattolica? Chissa…. Visto il clima di facile demonizzazione che percorre la stampa calabrese non è da escludersi. Intanto la verità sullo scoop comincia ad emergere sempre più inquietante. Il collega che ha girato le immagini che in questi giorni sono state trasmesse in tutto il mondo dopo che finanche l’Associated Press le ha acquistate, alla nostra precisa domanda “Ma l’inchino lo hai filmato?”, con la correttezza e la linearità e l’onesta figlia di una deontologia professionale e di azione che da sempre lo contraddistinguono ci ha risposto: “no, io non ho girato alcuna immagine nel posto dove vi sarebbe stato l’inchino. L’ho anche detto a chi mi ha chiesto le immagini ma per loro andava bene quello che io avevo” e che le televisoni di tutto il mondo hanno mostrato sostenendo sulla base di non so che cosa che l’inchino ci sarebbe stato e traendo in inganno così anche alti prelati artefici di dichiarazioni e decisioni a dir poco inopportune o affrettate e, pare, anche lo stesso Papa Francesco. Scoop o sciacallaggio mediatico? Questa è la domanda che ormai serpeggia sempre più insistente. Una anziana donna, la vedova di uno che per decenni fu promotore della festa, ci raggiunge in lacrime davanti la Chiesa di Tresilico per dirci: “Non è assolutamente vera la storia dell’inchino al boss. Dove oggi abita Mazzagatti era proprietà mia. Lui ha comprato da noi 10 o 15 anni fa. La processione da sempre – trenta o cinquant’anni non fa differenza – si fermava nell’incrocio anche quando Mazzagatti abitava da un’altra parte e – aggiunge – il Maresciallo lo sapeva perché anche negli anni precedenti la processione si è fermata in quel posto. I tasselli della verità alternativa su un caso presunto – tanto quanto l’inchino – di sciacallaggio mediatico senza precedenti prendono corpo. Gli oppidesi non ci stanno a essere presi per mafiosi o per ignavi ossequiosi verso il boss e le ‘ndrine e a gran voce dicono “Vogliamo vedere le immagini! “Se ci sono le immagini dell’inchino, della riverenza o di quello che è stato le tirassero fuori e le mostrassero in pubblico: a noi a e tutto il mondo! Il feulleiton continua e cresce il malumore verso la decisione autocratica del Vescovo di sospendere le processioni. Secoli di tradizioni religiose e di religiosità popolare spontanea e che forse proseguiva cristianamente gestualità di antichi riti arcaici e pagani cancellati per decreto? Lo scenario appare angosciante. Un magistrato, analista attento e super partes della vicenda, ha twittato: “Vergogna, Vergogna, Vergogna. Con questa linea di pensiero andrebbero sospesi anche incontri di calcio, funerali e matrimoni”. E mentre lo scialo dei triti fatti continua sull’onda di tsunami provocata dal presunto scoop emergono a margine, come punte di un iceberg, le note poco edificanti di una Chiesa che – diversamente da quel che va dicendo Papa Francesco – in molti angoli della Piana del Tauro appare, fra lotte interne per cariche e prebende e la gestione dei sempre più ingenti patrimoni confiscati alla criminalità organizzata, assai poco vocata alla auspicata povertà francescana.