Taurianova, Palazzo Contestabile aperto al pubblico Sia pure per cinque giorni, in occasione della manifestazione promossa dagli "Amici del Palco". La riflessione del sociologo Mimmo Petullà
La recente manifestazione – promossa dall’associazione “Amici del palco” – si è rivelata come uno degli eventi più culturalmente dirompenti che siano stati pensati. L’immediato e suggestivo impatto che la sua realizzazione ha evocato – nella realtà territoriale di Iatrinoli – è da considerarsi, per taluni aspetti, senza precedenti. L’individuata combinazione d’interessanti temi a carattere storico e artistico, rappresentati nelle categorie di una diversità essenziale e circolante – come pure nel sottofondo di una delicata musica classica – ha trovato, nel Palazzo Contestabile, un inedito e straordinario respiro. La portata dell’evento, tuttavia, si lascia cogliere – ancora prima – nel riuscito tentativo di trasformare tale monumentale luogo della memoria in uno scenario pubblico e dinamico, il cui fascino ha finanche trasceso la natura degli stessi contenuti espositivi. Un più estensivo apprezzamento, pertanto, non si lascia unicamente racchiudere nella partecipativa e considerevole risposta, ma nell’aver incoraggiato la cittadinanza a riconoscere e “abitare” il suindicato spazio. In modo particolare nel breve periodo di svolgimento dell’iniziativa, esso è stato concepito e fruito non come una realtà dalle anonime connotazioni, bensì come parte simbolicamente attiva e costitutiva del più ampio vissuto collettivo. In questa direzione di senso, ha acquistato un positivo significato non solo il funzionale atteggiamento di quanti hanno inteso contemplare i soggetti artistici proposti, ma in modo particolare quello di coloro che si sono lasciati sedurre dalla cornice dell’antico e imponente edificio, come ad “appropriarsi” di esso, fino a stabilire un contatto emotivo – direi empaticamente diretto e corporeo – capace di aprirsi a generativi e indissolubili legami. In ogni caso, è a tutti i livelli auspicabile che il processo di costruzione sociale del patrimonio simbolico urbano si possa diffondere e consolidare – così come da tempo sta avvenendo, a Radicena, per il palazzo Zerbi e per la Chiesa del Rosario – ovviamente nella prospettiva di una rafforzativa definizione dell’identità comunitaria, non perdendo di vista il più ampio e corresponsabile impegno a problematizzare criticamente il presente.