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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 28 APRILE 2024

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Sostanze pericolose nelle attrezzature per gli sport all’aperto Messi sotto accusa i marchi The North Face, Patagonia, Mammut, Salewa e Columbia Lo dice uno studio di Greenpeace

Sostanze pericolose nelle attrezzature per gli sport all’aperto Messi sotto accusa i marchi The North Face, Patagonia, Mammut, Salewa e Columbia Lo dice uno studio  di Greenpeace
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Abiti, scarpe, tende, zaini, corde e perfino sacchi a pelo dei principali prodotti
per gli sport all’aperto di celebri marche contengono sostanze altamente tossiche.
È quanto emerge da una serie di analisi realizzate da Greenpeace nel quadro della
campagna denominata “Tracce nascoste nell’outdoor” presentate el corso dell’ISPO
Monaco (la maggiore fiera del settore outdoor in Europa). I risultati mostrano elevate
concentrazioni di acido perfluoroottanoico (PFOA), un composto perfluorurato (PFC)
a catena lunga collegato a numerose patologie e malattie gravi come il cancro. The
North Face, Patagonia, Mammut, Salewa e Columbia i marchi messi sotto accusa perché
continuano a usare PFC per impermeabilizzare i loro prodotti nonostante “si dichiarino
a parole sostenibili e amanti della natura”. Greenpeace ha analizzato 40 prodotti,
votati nei mesi scorsi dagli appassionati di tutto il mondo sul sito web dedicato,
trovandovi PFC in elevate concentrazioni nel 90% dei casi. Solo in 4 prodotti (10%)
non sono stati rilevati PFC, “dimostrazione del fatto che solo poche aziende si stanno
muovendo nella direzione giusta”. “Questa sostanza, fferma Giuseppe Ungherese, campagna
inquinamento di Greenpeace Italia, già sottoposta a severe limitazioni in Norvegia.
I PFC sono composti chimici che non esistono in natura. Una volta rilasciati nell’ambiente
si degradano molto lentamente ed entrano nella catena alimentare, causando una contaminazione
pressoché irreversibile. Sono stati trovati perfino nelle aree più remote del pianeta,
in animali come delfini e orsi polari e nel sangue umano”.E concludono: “negli ultimi
anni molti marchi dell’outdoor hanno abbandonato i PFC a catena lunga a favore di
quelli a catena corta, sostenendo che fossero un’alternativa meno dannosa. Eppure,
recentemente, più di 200 scienziati da 38 Paesi, osserva Giovanni D’Agata, presidente
dello “Sportello dei Diritti [1]”,mato la Dichiarazione di Madrid che raccomanda
di evitare l’uso di tutti i PFC, inclusi quelli a catena corta, nella produzione
dei beni di consumo”. Alcune sostanze presenti nei vestiti non solo inquinano i fiumi
dei paesi di produzione ma hanno effetti sull’attività ormonale di chi li indossa
o sono addirittura cancerogeni.