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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 28 APRILE 2024

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Siria, strage senza fine. 60mila morti dal 2011

Siria, strage senza fine. 60mila morti dal 2011

Giornalista americano rapito in Provincia Nordovest

Siria, strage senza fine. 60mila morti dal 2011

Giornalista americano rapito in Provincia Nordovest

 

 

(ANSA) Almeno 60 mila morti in Siria dall’inizio del conflitto secondo dati delle Nazioni Unite. Lo ha reso noto oggi l’Alto commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay, citando un rapporto “esaustivo” delle Nazioni Unite. Le persone uccise in Siria dal 15 marzo 2011 al 30 novembre 2012, sono state 59.648. “Non essendosi fermato il conflitto dalla fine di novembre 2012, possiamo desumere che agli inizi del 2013 i morti abbiano superato quota 60 mila. E’ un numero scioccante”, ha aggiunto Pillay. Il bilancio delle Nazioni Unite é nettamente superiore a quello stilato dall’Osservatorio siriano dei diritti umani, una ong con sede nel Regno Unito e vicina alla opposizione che stima intorno alle 46 mila le vittime dall’inizio del conflitto, iniziato nella primavera del 2011. L’analisi statistica pubblicata dall’Alto commissario Onu per i diritti umani è stata condotta da Benetech, una organizzazione con sede negli Stati Uniti e che secondo l’Onu ha “una grande esperienza nell’analisti statistica dei dati relativi alle violazioni dei diritti umani”. Lo studio mostra un aumento del numero dei decessi, documentato mese per mese dall’inizio del conflitto: dai circa mille morti al mese nel corso dell’estate del 2011 si è passati a oltre 5.000 vittime al mese nel luglio del 2012. L’analisi è durata cinque mesi ed è stata stilata usando una lista combinata complessiva di 147.349 uccisioni, segnalando e identificando in maniera precisa le vittime e in base a quattro parametri: nomi e cognome della vittima, luogo e data della morte. Tutti gli omicidi segnalati che non presentavano i quattro parametri venivano esclusi dalla lista. I dati sono stati presi da sette fonti differenti: il Centro di documentazione delle violazioni, la Rete siriana dei diritti umani, il Consiglio generale della rivoluzione siriana, il sito web Syria Shuhada, il gruppo March 15, l’Osservatorio siriano dei diritti umani e il governo siriano. Per il 76% dei casi documentati le vittime sono uomini, il 7,5% le donne e nel 16,4% il sesso della vittima non è stato stabilito chiaramente. Il numero più alto delle vittime è stato segnalato a Homs(12.560), e poi nella periferia rurale di Damasco (10.862) e a Idlib (7.686). Seguono Aleppo (6.188), Deraa (6.034) e Hama (5.080).

RAID AEREO EST DAMASCO,OLTRE 30 MORTI – E’ di oltre 30 uccisi il primo bilancio di un raid aereo compiuto dall’aviazione governativa siriana a est di Damasco. Lo riferiscono testimoni oculari citati dal comitato di coordinamento di Mliha, la località colpita. Secondo le testimonianze, il bombardamento aereo ha preso di mira un gruppo di auto civili in sosta nei pressi di una stazione di benzina lungo la strada che collega Mliha e Zibdin, sobborghi a est di Damasco. I comitati di coordinamento pubblicano foto dei corpi delle vittime, tra cui bambini. Alcuni corpi sono ridotti in brandelli, altri sono completamente carbonizzati e intrappolati nelle lamiere di quel che rimane di veicoli. Altre fonti parlano di circa 40 uccisi, ma le informazioni non possono essere verificate in maniera indipendente.

GIORNALISTA AMERICANO RAPITO IN PROVINCIA NORDOVEST – Il giornalista freelance americano James Foley, che lavora per l’agenzia France presse e per il sito GlobalPost, è stato rapito in Siria il 22 novembre scorso, nei pressi della città di Taftanaz, nella provincia nordoccidentale di Idlib, da un gruppo di uomini armati. Lo hanno rivelato oggi le due testate, spiegando che fino ad ora la famiglia non aveva voluto diffondere la notizia. – Una trentina di cadaveri con tracce di torture subite sono stati rinvenuti nel quartiere di Barzé, a Damasco, teatro di frequenti combattimenti tra esercito e ribelli. Lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti dell’uomo, ong con base a Londra. La famiglia Foley, spiega ancora l’agenzia France presse, aveva inizialmente scelto di mantenere il silenzio, sperando che la discrezione aiutasse gli sforzi per raggiungere la liberazione del reporter. Ma dopo numerose settimane di attesa, ha deciso di cambiare strategia: nei giorni scorsi ha creato un sito (www.freejamesfoley.com), una pagina Facebook e un account Twitter dedicate al rapimento, e oggi ha dato l’annuncio ufficiale della storia attraverso le due testate per cui il giornalista lavorava. “Vogliamo che James torni a casa sano e salvo, o almeno chiediamo di parlare con lui per sapere che sta bene – ha dichiarato John Foley, il padre – E’ un giornalista obiettivo, e chiediamo che sia rilasciato incolume. Alle persone che lo tengono prigioniero chiedo: per favore contattateci, così potremo lavorare alla sua liberazione”. Fino al giorno prima del suo rapimento, Foley aveva inviato reportage e video dal nordovest della Siria, teatro negli ultimi mesi di violenti scontri tra ribelli e regime di Damasco. Il suo ultimo articolo per il Global Post riferiva della frustrazione dei cittadini di Aleppo per il perdurare del conflitto, di cui non riescono a vedere una fine. Secondo le prime ricostruzioni, il 22 novembre sarebbe stato prelevato da quattro uomini armati di kalashnikov nelle vicinanze di Taftanaz,insieme al suo autista e al suo traduttore, che sono poi stati rilasciati. Con lui ci sarebbe stato un altro giornalista, di cui non è stato divulgato il nome, che risulterebbe a sua volta disperso. Reporter di guerra esperto, Foley aveva già coperto per il GlobalPost i conflitti in Afghanistan e Libia. Nell’aprile 2011, ricorda il sito americano, era già stato vittima di un rapimento nell’est della Libia, ad opera di un gruppo di sostenitori del regime di Gheddafi. Con lui erano stati prelevati altri due giornalisti, l’americana Clare Gillis e lo spagnolo Manu Brabo, mentre un quarto, il sudafricano Anton Hammerl, era stato ucciso. I tre avevano passato 44 giorni in prigionia prima di essere liberati.

Le teste decapitate e i volti sfigurati in modo da rendere impossibile la loro identificazione: è il macabro destino toccato alla trentina di persone i cui corpi mutilati sono stati rinvenuti nella notte in un quartiere settentrionale di Damasco. Lo riferiscono testimoni oculari citati dagli attivisti anti-regime. Le fonti affermano che i corpi decapitati sono stati ritrovati a Barze, rione solidale con la rivolta. Le informazioni non possono però essere verificate in maniera indipendente sul terreno.