Sicilia: l’ingratitudine del grillino De Maio Riflessione sui risultati elettorali delle recenti elezioni siciliane
di Giovanni Alvaro
La prima cosa che De Maio ha pensato di fare, sicuramente consigliato dai suoi guru, è stata quella di annullare la sfida lanciata a Renzi sulle fake news, propalate innanzitutto dai 5 stelle, sfida che doveva tenersi in una televisione privata subito dopo i risultati elettorali della Sicilia. E lo ha fatto con una motivazione che ha teso a sbeffeggiare il ragazzotto di Rignano sull’Arno dimostrando, così, la sua immensa ingratitudine verso colui che gli ha permesso di camuffare la cocente sconfitta che il suo movimento ha rimediato nell’isola di Trinacria. Si, perché, il M5S non ha vinto nulla ma ha solo perso.
Leggendo i risultati elettorali balza evidente agli occhi che il M5S ha ottenuto il 26,67% come lista di partito mentre il candidato a Governatore della Sicilia è arrivato al 34,65% con una differenza di quasi 8 punti percentuali. Questa differenza ha la genesi, tecnicamente, nel voto disgiunto tra il voto alla lista e il voto al Candidato a Presidente, previsto in quella Regione e, politicamente, nella riemersione dell’odio verso il Cavaliere che ha spinto moltissimi elettori di sinistra, convinti della impossibilità di poter sperare di entrare in partita, a spostare la propria preferenza sul geometra candidato a Presidente permettendogli di piazzarsi al secondo posto.
Pensare, però, che i voti confluiti sul geometra nisseno siano voti ormai conquistati dal m5s è un errore nel quale si è immersa la maggioranza dei commentatori che seguivano lo spoglio sui vari canali televisivi. Addirittura qualcuno è arrivato a dire che il voto disgiunto aveva favorito sia il Movimento di Grillo che la coalizione di centro-destra ma è stata la solita mascalzonata degli odiatori di professione. Il povero Musumeci semmai ha subìto un danno dato che il voto disgiunto lo ha penalizzato del 2,20 per cento. Infatti le liste che hanno sostenuto Musumeci hanno raccolto il voto del 42,04 per cento degli elettori mentre il candidato a Governatore si è fermato al 39,85. Questo significa che le liste pur essendo riuscite a captare parte del voto grillino non sono riuscite ad ottenerlo pienamente dato che chi ha votato una delle liste della coalizione ha poi deciso di votare Cancelleri.
Per completare il quadro va anche detto che la coalizione di centrosinistra ha realizzato il 25,41% mentre i voti arrivati a Micari si sono fermati al 18,65 con una differenza del 6,76% ceduta quasi interamente a Cancellieri mentre solo lo 0,92 per cento, è arrivato sulla candidatura di Claudio Fava. Erano sufficienti i voti dati ai partiti aggregati attorno a Micari (25,41) e i voti captati dalla lista ‘Centopassi per la Sicilia’ (5,23) per superare abbondantemente il 26,67 del M5S. Se Renzi non fosse stato il ‘rottamatore’ del suo partito la coalizione del centrosinistra poteva collocarsi al secondo posto e la sconfitta degli sbruffoni pentastellati sarebbe stata molto più visibile perché fortemente in contrasto con i proclami di Grillo che invitava i giornalisti, nelle settimane passate, ad andare in Sicilia per assistere alla storica conquista dell’isola prima della presa di Palazzo Chigi.
Il voto disgiunto, fatto a dispetto, stavolta non è servito come era servito in passato in altre parti del Paese. Pur restando ancora un pericolo per la nostra democrazia i pentastellati hanno imboccato la via del tramonto. Anche Renzi deve essere messo in condizione di non nuocere. Ma questo è di competenza soprattutto di quei democratici che pur albergano anche a sinistra. Per quanto riguarda i liberal essi escono rinfrancati dal voto in Sicilia che dimostra che le condizioni per ottenere quello che Berlusconi chiama ‘il ritorno della democrazia al governo’, ci sono tutte. Queste condizioni possono essere capovolte solo dall’interno. Ogni contraente deve trarne le conclusioni.