Patrimonio da 150 milioni sequestrato all’imprenditore Rocco Musolino
redazione | Il 29, Mar 2013
Imprese, conti correnti e beni mobili ed immobili ai quali sono stati messi i sigilli dalla Dia e dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria su richiesta dei magistrati antimafia Prestipino e Musolino
Sequestro record nel reggino, patrimonio da 150 milioni confiscato all’imprenditore Rocco Musolino
Imprese, conti correnti e beni mobili ed immobili ai quali sono stati messi i sigilli dalla Dia e dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria su richiesta dei magistrati antimafia Prestipino e Musolino, secondo i quali l’ex sindaco di Santo Stefano d’Aspromonte sarebbe contiguo alla ‘ndrangheta
ROMA – Dalle prime luci dell’alba il personale del Centro operativo della Direzione investigativa antimafia (Dia) ed i Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria stanno eseguendo un decreto di sequestro nei confronti di imprese, conti correnti e beni mobili ed immobili, per un ammontare complessivo di oltre 150.000.000 di euro, riconducibili al noto imprenditore contiguo alla ‘ndrangheta Rocco Musolino di Santo Stefano d’Aspromonte, più volte sotto processo per fatti legati alla criminalità organizzata. Il provvedimento stato emesso dal Tribunale di Reggio su richiesta del procuratore aggiunto Michele Prestipino Giarritta e del sostituto Stefano Musolino della locale Dia. Si tratta di uno sei sequestri più ingenti mai effettuati nei confronti di un’unica persona. Solo come liquidità sui conti correnti è stata trovata una cifra attorno ai dieci milioni di euro. E poi terreni, boschi, vigneti e aziende, tra Reggio Calabria e la provincia.
Imprese operanti nei settori dell’industria boschiva e della compravendita e locazione di beni immobili, 84 fabbricati, di cui uno a Roma, 118 terreni e conti correnti: sono i beni sequestrati dalla Dia e dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria a Rocco Musolino, di 86 anni, di Gambarie d’Aspromonte, conosciuto come il “re della montagna”. Le indagini sono state avviate dai carabinieri nel 2008 dopo il tentato omicidio ai danni dello stesso Musolino, noto imprenditore nel settore dei legnami. Dalle indagini è emerso come Musolino sia stato più volte interessato per la risoluzione di disaccordi e problemi sorti a Santo Stefano d’Aspromonte e a Reggio Calabria per via di quello che gli investigatori definiscono il “prestigio criminale di cui godeva”. Secondo l’accusa l’imprenditore avrebbe esercitato la propria attività sfruttando i legami con la ‘ndrangheta. Legami che gli avrebbero consentito di operare fino a raggiungere una posizione di sostanziale monopolio, con modalita’ di sopraffazione e intimidazione tipiche dell’impresa mafiosa, nonché sfruttando le cointeressenze in tutti gli altri settori del mondo politico, economico ed istituzionale. Alcuni collaboratori di giustizia lo hanno indicato come personaggio di estrema importanza nell’ambito della cosca Serraino, all’interno della quale avrebbe esplicato funzioni di vertice. Secondo gli investigatori, Musolino, grazie alla vicinanza con la ‘ndrangheta avrebbe esteso la sua impresa fino ad ottenere un consistente vantaggio patrimoniale specie quando, intrattenendo rapporti economici con la Regione Calabria, ha lavorato e fornito prestazioni in cantieri in cui la presenza di esponenti delle cosche era massiccia. A Musolino e’ stato notificato un avviso di conclusione indagini per esercizio abusivo dell’attività finanziaria. Stesso provvedimento è stato notificato alla sua segretaria particolare Francesca Sinicropi, di 58 anni. Nell’ambito dell’inchiesta sono stati notificati avvisi di conclusione indagini anche a Saverio Pizzimenti (41), a Giuseppe Frasca (51) ed a Rocco Stilo (61) per avere aiutato Musolino ad eludere le indagini rendendo dichiarazioni false e reticenti ai carabinieri e riferendo al “re della montagna” il contenuto delle loro dichiarazioni.
L’APPROFONDIMENTO
Classe 1927, Rocco Musolino, è stato protagonista di diverse inchieste e processi di ‘ndrangheta, dai quali ne è uscito sempre assolto. Nonostante questo, per i magistrati della Dda di Reggio Calabria, Musolino ha costruito il suo regno milionario facendo leva su rapporti consolidati con gli ambienti mafiosi. Secondo gli inquirenti, Musolino negli anni ha avuto rapporti con i più potenti clan della provincia di Reggio: dai Serraino ai Nirta, dai Libri ai Condello, passando per gli Italiano, i De Stefano, i Tegano, gli Araniti, gli Imerti e gli Alvaro. Accertati sono poi i contatti con rappresentanti della pubblica amministrazione e delle istituzioni. Proprio per questo in passato, gli erano stati sequestrati i beni. Beni che gli vennero poi restituiti per decisione della Corte d’Appello di Reggio Calabria. A quanto pare, oggi il procuratore aggiunto Michele Prestipino ed il pm Stefano Musolino, hanno messo insieme ulteriori elementi, che aggiunti a quelli di circa 10 anni fa, sono utili a sostenere un’accusa di “pericolosità sociale”, accolta dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria. Il sequestro riguarda il patrimonio aziendale dell’impresa individuale “Musolino Rocco di Francesco” ed i relativi conti correnti, le quote sociali e il patrimonio aziendale della “Maius Immobiliare”, intestata a Rocco Musolino e alla moglie Caterina Briganti, e poi ancora tutti i conti correnti intestati a Musolino alla moglie e alla figlia Francesca. A questi vanno aggiunti centinaia tra terreni, capannoni, e fabbricati sparsi nell’intera provincia, da Reggio Calabria a Molochio a Santo Stefano d’Aspromonte, suo paese natio e di cui fu anche sindaco.
Il provvedimento di oggi nasce dall’inchiesta aperta a seguito dell’agguato che lo stesso Musolino subì il 23 luglio del 2008, quando viaggiando in auto in compagnia del suo autista Agostino Priolo, venne raggiunto da diversi colpi di fucile. Entrambi furono feriti, ma gli autori dell’attentato rimasero ignoti. In quell’occasione venne accertato dagli inquirenti che Musolino, portasse sempre con sè, una pistola (regolarmente detenuta) con il colpo sempre in canna e con un caricatore di riserva. A seguito della perquisizione conseguente, venne anche trovata una lettera di minacce indirizzata alla figlia, risalente ad un anno prima e mai denunciata alle forze dell’ordine. Numerose sono anche le intercettazioni che lo vedono protagonista, oltre alle dichiarazioni di alcuni pentiti come Giacomo Ubaldo Lauro, Antonino Zavettieri e Paolo Iannò. Dichiarazioni che al tempo del processo “Olimpia”, che lo vedeva imputato, vennero però ritenute dai giudici insufficenti, tanto da mandarlo assolto. Nel 2010 saltarono poi fuori le intercettazioni in cui Pasquale Libri (nipote acquisito di Rocco Musolino) parla dell’anziano assieme a Carlo Chiriaco (persona arrestata nell’ambito dell’inchiesta Crimine). I due commentano il fatto che Musolino non abbia più la forze di un tempo «nè il vecchio apparato». E questo è per i magistrati il segno che, almeno in passato, quell’apparato esistesse. Secondo i giudici «anche se è vero che Musolino, come sostenuto da Libri, non potesse più contare sulla solida protezione che aveva in passato, ciò nonostante, lo stesso ha continuato ad esercitare, in modo del tutto illecito, la sua auctoritas, specie nei luoghi in cui egli vive ed esercita la propria influenza». E sarebbe proprio grazie a questa influenza che Musolino negli anni sarebbe cresciuto a dismisura conquistando il monopolio dell’industria boschiva.
Secondo i magistrati, «gli indizi di appartenenza alla ‘ndrangheta già presi in considerazione», cui la Procura «ne ha offerti di ulteriori e diversi, che consentono di poter affermare che Rocco Musolino nel corso degli anni, sfruttando le proprie relazioni illecite, si sia inserito a pieno, e con ruolo assolutamente verticistico, nel panorama criminale reggino, riuscendo ad intessere strette, solide e perduranti relazioni con i più importanti gruppi criminali, divenendone interlocutore illustre e privilegiato».