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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 25 APRILE 2024

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Sciacalli ed omertà. L’ennesima vile aggressione ad Avetrana Ne parla Antonio Giangrande, scrittore, sociologo storico, blogger, youtuber, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie

Sciacalli ed omertà. L’ennesima vile aggressione ad Avetrana Ne parla Antonio Giangrande, scrittore, sociologo storico, blogger, youtuber, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie
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Ad Avetrana, alle 5.30 di mattina del 27 marzo 2016, dì di Pasqua, il 63enne
disoccupato ed incensurato Salvatore Detommaso esce di casa da via Magenta
(via per Manduria – Salice Salentino) ed in sella alla sua bicicletta si
dirige lungo via Roma (via per Nardò) che si interseca alla sua via. A
quell’ora va a prendere il caffè presso il solito bar. Lungo il tragitto ne
approfitta per comprare le sigarette dalla macchinetta automatica posta
lungo la via. Sua intenzione è poi andare a raccogliere gli asparagi in
campagna. Da casa al suo bar ci sono da percorrere poche centinaia di metri.
Un vita da cavamonte (estrattore di blocchi di tufo per l’edilizia) lo porta
a svegliarsi all’alba. Un’abitudine. Alle 5,45 il fratello Leonardo
Detommaso esce anche lui da casa. Stessa abitudine da manovale. Lungo la
strada incontra uno spazzino che gli comunica che più avanti c’è suo
fratello ferito. In effetti vicino al bar c’è suo fratello che presso la
fontana pubblica cerca di lavarsi la testa sanguinante. Non c’è alcuno
strumento contundente, né la vittima ragguaglia suo fratello da questo
interpellato sulle modalità dell’accaduto: se sia caduto, se sia stato
investito o se sia stato aggredito con mazze, bottiglie o spranghe di ferro.
Per questa ipotesi, tantomeno, lui stesso non riferisce i nomi dei presunti
assalitori. Lui che era cosciente. Tanto cosciente che da solo si è
riavviato per tornarsene a casa, nei pressi della quale è stato poi
prelevato dall’ambulanza, chiamata da chi era accorso nei primi momenti
dell’accaduto. Cosciente è rimasto nei due giorni successivi e nulla ha
riferito di utile alle indagini. La mattina di Pasqua non c’è gente che va a
lavorare, solo eventuali ragazzi che rincasano da pub o discoteche. Gente
anche non del posto: di passaggio. Ora troppo tarda per vedere in giro ladri
a cui dare le colpe. In quel frangente la via, man mano, si è riempita di
curiosi. L’unico che era presente nell’immediatezza ha raccontato ai
carabinieri quello che ha visto e ricordato, così desunto dai quotidiani ben
informati dagli inquirenti.

Bene. Un fatto di cronaca come tanti e come in altre parti d’Italia.

Sì, ma qui siamo ad Avetrana: il paese degli omertosi, così come definito da
Mariano Buccoliero, il Pubblico Ministero del delitto di Sarah Scazzi.
Allora ecco che scatta la speculazione mediatica e politica.

La vittima Salvatore Detommaso inizialmente è stato trasportato all’ospedale
Giannuzzi di Manduria. Poi, data la grave emorragia cerebrale riportata, è
stato in seguito trasferito nel reparto di neurochirurgia del Santissima
Annunziata di Taranto. Solo dopo due giorni dal ricovero, una volta finite
le feste, nonostante strazianti sofferenze e lancinanti dolori, si è
provveduto a stabilizzare il paziente e ad operarlo alla testa, per poi
ricoverarlo nel reparto di rianimazione. Ciò dovuto all’aggravamento della
sua condizione clinica, in riferimento anche ad un peggioramento di natura
cardiaca. Di questo, però, del comportamento dei sanitari, nessuno ne parla.
Nemmeno quelli che sparlano di omertà. Ed a proposito di omertà ad Avetrana,
il 2 aprile 2016 si organizza una fiaccolata per la legalità e per
invogliare chi sa, a parlare. E’ stata messa in piedi, anche, una raccolta
di fondi per sostenere la famiglia della vittima che versa in condizioni
economiche preoccupanti. Ma ancora una volta nessuno, però, difende Avetrana
dall’ennesima aggressione gratuita e ingiustificata. Tantomeno i politicanti
locali. Anzi è proprio il vicesindaco, Alessandro Scarciglia ad esortare il
“chi sa, parli”.

«Continuano le indagini dei carabinieri di Avetrana per individuare i
responsabili della brutale aggressione che questa mattina ha ridotto in fin
di vita un avetranese di 63 anni colpito alla testa con delle bottiglie di
vetro. Il violento pestaggio è avvenuto davanti al bar Mojito alla presenza
di numerosi testimoni che hanno dichiarato di non aver visto niente o di non
ricordare particolari utili. E sugli avetranesi ritorna il fantasma
dell’omertà venuto fuori durante le indagini del delitto di Sarah Scazzi, un
episodio che ha fatto parlare e fa parlare ancora l’Italia intera e che ha
visto il coinvolgimento di una quarantina di persone tra sospettati,
indagati, imputati, condannati e sognatori. Nessuna ammissione, nessun aiuto
concreto agli inquirenti e alla verità sulla morte della quindicenne uccisa
dai parenti». Così scriveva Nazareno Dinoi il 27 marzo 2016 su “La Voce di
Manduria” in riferimento all’aggressione avvenuta a danno di Salvatore
Detommaso la mattina presto del giorno di Pasqua, ricoverato poi in prognosi
riservata. Aggressione su una via di passaggio per chi, proveniente da
Manduria, è diretto a Nardò od a Torre Colimena. Lo stesso Dinoi continua
con la solita litania anche il 29 marzo 2016: «Il bruttissimo episodio è ora
materia degli investigatori dell’Arma che stanno incontrando difficoltà a
raccogliere testimonianze dei presenti. Sino a ieri il maresciallo Fabrizio
Viva che comanda la stazione di Avetrana ha sentito diverse persone che
erano presenti nelle vicinanze, ma nessuno di loro ha detto di ricordare o
di aver visto niente. Un atteggiamento omertoso che ha spinto gli
amministratori pubblici e il parroco a lanciare appelli a parlare (di questo
parliamo a parte). I militari hanno già ritirato le registrazioni delle
telecamere di sorveglianza installate nei punti commerciali della zona, ma
nessuna di loro era puntata sulla zona dell’aggressione. Un testimone che
avrebbe visto tutto, avrebbe detto di aver visto delle persone fuggire a
bordo di una piccola utilitaria di colore scuro di cui non ricorda la marca.
Ancora poco per dare un nome e un significato a tanta violenza.» A quell’ora
del dì di festa ovviamente non potevano esserci tanti avventori del bar, nè,
tantomeno, numerosi testimoni, ma parlare di omertà ad Avetrana fa notizia.

Chi fa la professione di giornalista dovrebbe sapere che i curiosi, accorsi
in massa, non possono essere definiti testimoni. Non si può parlare di
omertà se la stessa vittima non ha potuto fornire notizie utili alle
indagini, né tanto meno si può parlare di indagini. Le indagini vengono
svolte alla notizia di reato e, a quanto pare, al momento del fatto il reato
palesato (lesioni) era perseguibile per querela, che non vi è stata. E
comunque l’indagine fatta bene, anche successivamente attivata per querela o
denuncia per fatto più grave, i responsabili li trova.

Nazareno Dinoi, come corrispondente del Corriere della Sera ha scritto
sempre articoli su Avetrana dello stesso tenore quando riferiva sul caso di
Sarah Scazzi, come tutti d’altronde. Rispetto agli altri, però, Dinoi è di
Manduria, paese a 17 chilometri da Avetrana, non certo un canonico razzista
settentrionale.

Nazareno Dinoi, amico dei magistrati di Taranto e direttore de “La Voce di
Manduria”, un giornalino locale di un paese vicino ad Avetrana. Il
“mandurese” diffama indistintamente tutti gli avetranesi e non me ne spiego
l’astio. Gli amministratori locali e la loro opposizione, poi, non sono
capaci di difendere l’onore di Avetrana contro la gogna mediatica
programmata sin dal 26 agosto 2010 e protratta da giornalisti da strapazzo
sui giornali ed in tv.

«La triste fine di Sarah Scazzi ha dato improvvisa notorietà al piccolo
paese di Avetrana altrimenti sconosciuto ai più – scriveva già il 29 luglio
2015 il nostro Dinoi – Ha portato luce su un paese in ombra infastidendo chi
vi abita. Ed è anche sugli avetranesi che il caso Scazzi si è
contraddistinto per un’altra peculiarità: l’omertà, il visto e non visto, il
non ricordo, il forse, il lo so ma non ne sono sicuro, il meglio farsi gli
affari propri. Un popolo onesto che di fronte alla richiesta di coraggio si
è tirato indietro. Anche in questo caso parlano i numeri e i dati: gli
investigatori hanno ascoltato poco più di duecento persone, per la
maggioranza avetranesi, poche hanno detto di aver visto qualcosa, nessuno si
è presentato spontaneamente per aiutare la giustizia con l’amaro risultato
che resterà negli annali delle cronache giudiziarie: dodici di loro sono
stati indagati per falsa testimonianza o addirittura per favoreggiamento. Un
record in negativo con cui Avetrana e gli avetranesi dovranno fare i conti.»

Tra gli altri anche il programma Mediaset Rete 4 “Quarto Grado” di Gianluigi
Nuzzi ci ricasca a fare informazione spazzatura, vomitando, con i suoi
invitati, liquame sulla comunità avetranese. Soggetti non nuovi a queste
nefandezze.

Nel caso dell’omicidio di Sarah Scazzi, trattato molto spesso da “Quarto
Grado” su “Rete 4” di Mediaset la redazione (guidata da Siria Magri) si è
attestata su una linea prevalentemente conforme agli indirizzi investigativi
della pubblica accusa, cioè della Procura della Repubblica di Taranto. Tanto
che i suoi ospiti, quando sono lì a titolo di esperti (pseudo esperti di
cosa?) o, addirittura, a rappresentare le parti civili, pare abbiano un
feeling esclusivo con chi accusa, senza soluzione di continuità e senza
paura di smentita. A confermare questo assioma è la puntata del 15 maggio
2015 di “Quarto Grado”, condotto da Gianluigi Nuzzi ed Alessandra Viero e
curato da Siria Magri.

A riprova della linea giustizialista del programma, lo stesso conduttore è
impegnato a far passare Ivano come bugiardo, mentre il parterre è stato
composto da:

Alessandro Meluzzi, notoriamente critico nei confronti dei magistrati che si
sono occupati del processo, ma che sul caso trattato è stato stranamente
silente o volutamente non interpellato;

Claudio Scazzi, fratello di Sarah;

Nicodemo Gentile, legale di parte civile della Mamma Concetta Serrano
Spagnolo Scazzi.

Solita tiritera dalle parti private nel loro interesse e cautela di Claudio
nel parlare di omertà in presenza di cose che effettivamente non si sanno.

Per il resto ospite è Grazia Longo, cronista de “La Stampa”, che si imbarca
in accuse diffamatorie, infondate e senza senso: «…e purtroppo tutto questo
è maturato in seno ad una famiglia ed anche ad un paese dove mentono
tutti…qui raccontano tutti bugie».

Vada per i condannati; vada per gli imputati; vada per gli indagati; ma
tutto il paese cosa c’entra?

Ospite fisso del programma è Carmelo Abbate, giornalista di Panorama, che
anche lui ha guizzi di idiozia: «Io penso che da tutto quello che ho sentito
una cosa la posso dire con certezza: che se domani qualcuno volesse scrivere
un testo sull’educazione civica, di certo non dovrebbe andare ad Avetrana,
perché al di là della veridicità o meno della dichiarazione della ex
compagna di Ivano, al di là della loro diatriba, è chiaro che qui c’è
veramente quasi un capannello di ragazzi che nega, un’alleanza tra altri che
si mettono d’accordo: mamma ha visto questo, mamma ha visto quest’altro. Ma
ci rendiamo conto di quanto sia difficile scalfire, scavalcare questo muro,
veramente posto tra chi deve fare le indagini e la verità dei fatti? E’
difficilissimo. Cioè, la sicurezza, la nostra sicurezza è nelle mani di
noi.»

Complimenti ad Abbate ed alla sua consistenza culturale e professionale che
dimostra nelle sue affermazioni sclerotiche. Cosa ne sa, lui,
dell’educazione civica di Avetrana?

Fino, poi, nel prosieguo, ad arrivare in studio, ad incalzare lo stesso
Claudio, come a ritenere egli stesso di essere omertoso e reticente. Grazia
Longo: «…però Claudio anche tu devi parlare, anche tu, scusa se mi
permetto, dici delle cose e non dici. Io non ho capito niente di quello che
hai detto. Tu sai qualcosa e non lo vuoi dire!»

Accuse proferite al fratello della vittima…assurdo! Tutto ciò detto di
fronte a milioni di spettatori creduloni.

Si noti bene: nessun ospite è stato invitato per rappresentare le esigenze
della difesa delle persone accusate o condannate o addirittura estranee ai
fatti contestati.

Ma i nostri prodi si ripetono. Quarto grado 1 aprile 2016. Questo è il
conduttore imparziale, Gianluigi Nuzzi: «Oltre 10 persone (su oltre 8mila
ndr) accusate di aver intralciato le indagini, tra reticenze e sogni e
quant’altro. Qui abbiamo una proiezione di paese fatte di una maglia di
complicità…».

Ospite fisso del programma è ancora Carmelo Abbate, giornalista di Panorama:
«Io penso che la gente di Avetrana andrebbe riportata a scuola a studiare
daccapo l’educazione civica. Questa è gente omertosa, parliamoci chiaro.
Questa è gente omertosa. Forse hanno ragione i giudici quando dicono che
“tutti sapevano quello che è successo, molti sapevano quello che è successo
a Sarah, ma nessuno ha aperto bocca. Ricordiamoci che l’unica testimone che
si presenta spontaneamente a fare dichiarazioni è Anna Pisanò. Tutte le
altre persone vengono in qualche modo braccate, costrette a raccontare
qualcosa. Tutte le altre non vanno spontaneamente. Cinque giorni fa, la
mattina di Pasqua, ad Avetrana, prima mattinata, davanti ad un bar un uomo,
una brava persona di 62 anni è stato aggredito selvaggiamente. In queste ore
lotta tra la vita e la morte. Quest’uomo è stato aggredito davanti ad un
bar. Decine e decine di persone ascoltate dai carabinieri “non so”, “non
ricordo”, “non ho visto”. Ci sono appelli del sindaco “chi lo sa, per
favore, dica qualcosa”. Ci sono appelli del sacerdote. Appelli pubblici “per
favore parlate. Per favore non siate omertosi”. Il risultato è che non
dicono nulla. E quest’uomo sta morendo».

Per il resto è ancora ospite Grazia Longo, cronista de “La Stampa”: «Il
teatro dell’orrore non ha mai fine in questo paese».

Ma vaffanculo ai giornalisti da strapazzo. Questa imprecazione non è
riferita in particolare a quelli citati, ma a tutti coloro che tra tutti i
fatti di cronaca di cui si sono occupati, solo ad Avetrana hanno
trasfigurato i criminali in tutta la loro comunità.

Prendete lezione ed esempio dall’ex Generale Luciano Garofano: «Ma io ho
avuto sempre forti dubbi su quella che è la conclusione dell’autorità
giudiziaria. Per altro, scusatemi, io sono molto rispettoso, ma non credo
che sia un bello spettacolo che le motivazioni escano dopo 11 mesi (primo
grado) e dopo otto mesi (appello). Significa che noi non vogliamo
contribuire ad un paese in cui il processo sia giusto ed in cui le persone
si possano anche difendere. E non credo a tantissimi degli elementi a
partire dal movente. Perché questo è un movente assolutamente inconsistente.
Peraltro con il prof. Picozzi ci siamo occupati di questo caso. E anche
nell’incidente probatorio, che fu considerato il trionfo della prova,
effettivamente ci rendemmo conto che c’era qualche cosa che non funzionava.
Tra le tante cose, ma voi ve lo immaginate un papà che è pronto a coprire
immediatamente un omicidio che non ha motivo d’essere. Già pronto,
confeziona quel corpo, lo porta via. Insomma, per non parlare poi di altri
particolari che riguardano le intercettazioni. Il punto in cui avrebbero
telefonato e non telefonato. Una mamma che rincorre Sarah, per riprenderla,
così poi che l’hanno acchiappata, scusate il termine, possono finalmente
portarla a casa ed eliminarla? Io credo che ci siano ancora molti dubbi e
spero che la Giustizia, come sempre trionfi con puntualità.»

Il Prof. Massimo Picozzi conferma: «I dubbi li condivido con il generale
Garofano che ho sentito di questo famoso incidente probatorio, in cui
Michele Misseri raccontò un po’ tutta la vicenda. Ricordiamo poi, molta
della credibilità, pochissima, che poi lo zio Michele, come lo abbiamo
imparato a conoscerlo, si è portato appresso, derivò anche dal fatto che lui
disse “io ho ucciso questa poveretta. E’ stata uccisa con una corda, anziché
con una cintura”. Ti assicuro, l’interrogatorio di Michele Misseri fu il più
suggestivo possibile. Lui continuava a dire, ad insistere sul fatto che
sulla scena ci fosse una corda. Gli si diceva “ma è proprio una corda? E’
proprio sicuro? Noi sappiamo diversamente. Non è una cinta per caso?” Alla
fine, alla quindicesima insistenza, lui cambiò versione.

7 Ottobre 2010 – La criminologa Bruzzone: “Misseri un pedofilo assassino”.
Ma poi cambia diagnosi!

Ed a proposito di credibilità.

Esattamente il 7 ottobre 2010 sul Tgla7, la dottoressa Bruzzone diceva, a
proposito del Misseri: «Non credo francamente che questa vicenda sia nata
quarantadue giorni fa. Non penso che il 26 agosto sia l’unico momento in cui
questa persona soggetto ha avuto un interesse sessuale per un minore.
Parliamo di un pedofilo assassino e questo tipo di soggetti difficilmente a
quell’età ha il proprio ingresso nella vita criminale per cui purtroppo c’è
da indagare in maniera molto più allargata nella vita di quest’uomo e sono
convinta che emergeranno elementi ancora più inquietanti…» Allorché la
giornalista chiedeva alla dottoressa Bruzzone se secondo lei il Misseri
avesse avuto dei complici, lei rispondeva testualmente che non lo riteneva
proprio veritiero: «Penso che sia assolutamente probabile che questa persona
abbia commesso tutto da sola. Non ci vedo nulla di impossibile per una
persona soltanto… Ha fatto quello che ha fatto, ha abusato del corpo di
questa giovane, poi ha atteso un tempo secondo me ragionevole tanto per
muoversi probabilmente magari con il favore della notte, e portare poi il
corpo là dove è stato ritrovato, celato in maniera estremamente accurata e
difficilmente ritrovabile se non su indicazione dell’assassino, come poi
effettivamente avvenuto.» Quando poi le è stato chiesto che pena meritava
quest’uomo, ha risposto senza esitare: «In questo caso l’ergastolo penso sia
impossibile non comminarlo… c’è piena consapevolezza, c’è lucidità…
probabilmente sentiremo parlare ….forse un tentativo di stabilire una
sorta di seminfermità, ma in questo caso ripeto è assolutamente escludibile
sulla base di ciò che è stato fatto da quest’uomo sia durante la fase
omicidiaria, sia nella fase successiva di occultamento del cadavere e ahimè
nella fase che ha riguardato come sembra anche la fase della violenza
sessuale…» A questo punto la giornalista chiedeva come difendersi da
questi soggetti, visto che a dire della Bruzzone uno come il Misseri doveva
essere già conosciuto come pedofilo. E a questo punto la Bruzzone è stata
quanto mai categorica: «Denunciando! Facendo emergere il tutto! facendosi
consigliare da professionisti, andando ai Centri Antiviolenza… Telefono
Rosa…. Io collaboro con loro da anni e sono assolutamente un interlocutore
preziosissimo per questi tipi di casi…». Immaginiamo cosa sarebbe successo
se Sabina Misseri si fosse recata a Telefono Rosa e avesse denunciato che da
mesi sapeva che il padre molestava Sarah e lei…Che giustizia avremmo
avuto, ascoltando oggi le parole della criminologa dottoressa Bruzzone, che
dice il contrario di tutto quanto affermato prima?

Dr Antonio Giangrande