Rosa Zagari , la donna del boss Ernesto Fazzalari rischia la paralisi per una caduta, ma non viene curata L'incidente è avvenuto a febbraio scorso
Da mesi è senza cure appropriate e rischia l’atrofizzazione degli arti. Non è una detenuta qualunque colei che si trova costretta a vivere l’incubo di poter rimanere paralizzata per sempre. Si chiama Rosa Zagari, condannata in primo grado a otto anni al processo denominato “Terramara Closed”, compagna dell’ex latitante Ernesto Fazzalari di Taurianova – catturato nel 2016 – il quale era considerato il ricercato più pericoloso dopo l’imprendibile Matteo Messina Denaro. Ma la Zagari, quarantaduenne, si trova nel carcere di Santa Maria Capua Vetere in condizioni gravi, senza riuscire a muoversi dal letto.
LA CADUTA
Perché? Il nove febbraio scorso, quando era al carcere di Reggio Calabria, è caduta nella doccia. Subito è stata trasportata all’ospedale, nel reparto di neurologia, e dalla tac è emersa una “duplice rima di frattura lineare in corrispondenza del processo trasverso di destra di L3 e rima di frattura a livello del processo trasverso di L2”.
Il primario ha consigliato delle cure adeguate per evitare peggioramenti. “Riposare su letto rigido idoneo – si legge nella cartella clinica -, praticare terapia medica con antalgici al bisogno e proseguire con la terapia antitrombotica come da prescrizione neurochirurgica.
Si consiglia inoltre di iniziare fin da subito a sottoporsi a prestazioni di Magnetoterapia alla colonna, a massaggio leggero decontratturante dei muscoli paravertebrali, alla rieducazione motoria degli arti inferiori, per cicli di 20 gg. al mese per almeno 5 mesi”.
E infine: “Utile, ma solo dopo il terzo mese e dopo controllo radiografico e specialistico, oltre alle prestazioni di fisioterapia, la rieducazione dei muscoli paravertebrali e della colonna dorsolombare in piscina, in assenza di carico sul rachide”. Cure tuttora non ricevute.
SERVE UN INTERVENTO URGENTE
L’associazione Yairaiha Onlus si è attivata il 16 luglio scorso scrivendo al garante nazionale delle persone private della libertà, a quello regionale, al ministro della Giustizia e al magistrato di sorveglianza, sollecitando un intervento urgente perché «le cure ricevute sono state esigue e inadeguate limitando la terapia al busto, che porta ininterrottamente dal 9 febbraio, e ad antidolorifici. Riteniamo – concludono – che il diritto alla salute rientri tra i diritti fondamentali dell’uomo, a prescindere dagli eventuali reati commessi, così come sancisce la nostra Costituzione» .
L’avvocato Antonino Napoli, legale di Rosa Zagari, ha anche presentato un’istanza a giugno scorso, denunciando la mancanza di cure e ha chiesto la nomina di un perito per verificare lo stato di salute della donna, anche per chiedere la compatibilità delle sue condizioni con il regime carcerario.
Stando a quanto denuncia anche la madre di Rosa, lo stato di salute della figlia sarebbe «gravemente peggiorato, a causa dell’assenza di cure – scrive in una lettera indirizzata alla direzione del carcere di Santa Maria Capua Vetere -, a tratti inappropriate, come la vana somministrazione di Flactodol, farmaco rigettato fisicamente fin da bambina, deteriorandole pesantemente il normale funzionamento dei reni».
La madre – che ha problemi di salute – è disperata, tanto da aggiungere che se la situazione di sua figlia non cambia radicalmente in positivo, «non mi resterà che sospendere la terapia, tutte le mie cure, e lasciarmi morire finché non avrete curato mia figlia».
DIRITTO NEGATO
Il diritto alla salute è riconosciuto universalmente dalla nostra Costituzione, compreso chi è privo della libertà. Non a caso l’articolo 39 comma 2 dell’ordinamento penitenziario sancisce espressamente l’obbligo di sottoporre a costante controllo sanitario il soggetto detenuto, garantendo, la propria tutela alla salute. Un dritto garantito anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che sancisce espressamente il divieto di sottoporre i detenuti a trattamenti disumani e degradanti.