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TAURIANOVA (RC), VENERDì 03 MAGGIO 2024

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Riflessione sul significato e sul valore del 1° maggio

Riflessione sul significato e sul valore del 1° maggio

Di Benedetto Di Iacovo presidente della Commissione regionale per l’emersione del lavoro non regolare

Riflessione sul significato e sul valore del 1° maggio

Di Benedetto Di Iacovo presidente della Commissione regionale per l’emersione del lavoro non regolare

 

 

VALORE AL LAVORO. Sono sicuro che, mai come in questo momento, ridare valore al lavoro e centralità a ciò nelle azioni di Governo ad ogni livello, non sia più uno slogan ma una avvertita, comune necessità dei diversi soggetti istituzionali e politici. Anche per questo, oggi, il significato di Festa del Lavoro assume, ormai per tutti, un senso del tutto diverso rispetto agli anni passati. Il primo maggio è stato da sempre un momento importante nella vita delle comunità, dei lavoratori e del mondo del lavoro, in particolare. Non solo una festa, ma un riconoscimento vero e proprio di dignità che veniva dato al lavoro in quanto tale, anche a quello più umile. Il lavoratore sentiva che era la sua festa, il primo maggio metteva il vestito buono, usciva con la famiglia quasi a riappropriarsi del tempo e del significato che il lavoro dava alla sua esistenza per effetto di quella dignità che era insita nell’essere lavoratore. Quello degli ultimi anni -e forse questo ancor di più- è un primo maggio diverso. Un primo maggio in cui il senso della festa viene sostituito dalle preoccupazioni per il futuro, per il lavoro che non c’è; da quel senso di precarietà, dalla paura del domani, dal rischio di non farcela. Questa ricorrenza, resta, comunque, importante per tutti, anche perché, dopo oltre un centenario di festeggiamenti, ci consente di riflettere sui mutamenti avvenuti nella società del lavoro ma, soprattutto, nel rapporto tra lavoratore ed impresa. Per la prima volta a Treviso Imprenditori e lavoratori con i loro Sindacati marciano insieme ed a Perugia i Sindacati Confederali, dopo decenni di divisioni, tornano a celebrarlo insieme, quasi ad evidenziare un nuovo approccio rispetto al “valore del lavoro” che, senza unità ed impegno comune, tende sempre più verso una vera e propria “svalorizzazione”. Se ciò è vero, dobbiamo prendere definitivamente atto che, purtroppo, se si è modificato nel nostro Paese ed anche in Calabria sensibilmente il peso specifico delle diverse attività lavorative (con l’avvento di nuove professioni e nuove tipologie contrattuali che vedono largheggiare quelle forme di precariato diffuso: lavoro a chiamata, co.co.pro., partite iva, lavoro occasionale ed accessorio, ecc.:), quale dovrà essere il nuovo approccio delle istituzioni locali e delle forze sociali, ancorché degli stessi giovani che si vogliono addentrare nel mondo del lavoro, verso il lavoro stesso? Oltre ai cambiamenti attuali e il diverso peso specifico delle diverse attività lavorative, in questi anni è cambiato proprio il concetto stesso ed il modo di intendere il lavoro nelle sue diverse forme. E’ vero, e non va dimenticato, che il concetto del lavoro ha avuto nel tempo (nei secoli) concezioni e valori a seconda dei punti di vista. Anche di questo è giusto parlare e riflettere.
Siamo, quindi, di fronte ad un primo maggio atipico, diverso a causa della crisi e in questa luce non possiamo non riflettere su quella che è la situazione calabrese. Quello che emerge nella nostra regione, nonostante l’evidente crisi mondiale, è un quadro di luci e di ombre, con alcuni aspetti sicuramente negativi, ma anche con dei segnali di speranza a cui dobbiamo necessariamente appigliarci. Sul versante dei diritti e della qualità del lavoro non possiamo non prendere atto degli importanti risultati ottenuti in termini di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare ad alla sottostante economia sommersa che né il substrato.
Un primo dato da segnalare, anche in un momento critico per l’economia ed il Paese, come questo, nonché nel giorno della ricorrenza del 1 Maggio, è la sostanziale stazionarietà del lavoro sommerso nell’ultimo anno e il suo forte arretramento negli ultimi dieci anni. Alla fine del 2012 vi sono circa 139.000 unità lavorative irregolari registrate in Calabria, dato identico a quello riscontrato alla fine del 2011 e che segna il punto più basso mai rilevato in Calabria. Giova ricordare che nell’anno 2004 i lavoratori irregolari nella nostra regione, secondo Dati ISTAT e nostre elaborazioni, erano 210.000 e che nel 2009 si attestavano a 149.000 unità. Questa la piccola luce. Le ombre. Tra il 2011 e il 2012 cresce notevolmente i tasso di disoccupazione. Infatti rispetto allo stesso periodo del 2011 si riscontra una sostanziale stazionarietà degli occupati e un forte aumento del tasso di attività di 4,4 punti % ed anche un forte aumento della disoccupazione che però deriva esclusivamente da una maggiore partecipazione al mercato del lavoro e non dalla perdita di posti di lavoro. In effetti vi è il passaggio delle cosiddette non forze lavoro (quelli cioè che non si iscrivevano nelle liste, quindi non ricercavano attivamente lavoro) nelle liste dei disoccupati.

Poiché gli occupati in Calabria non sono diminuiti nel confronto fra il secondo trimestre 2011 e il secondo trimestre 2012, anzi, sono aumentati di 16.000 unità, se si confronta il primo trimestre 2012 con il secondo trimestre 2012, sia pur in periodo di grande crisi, l’aumento dei disoccupati è da attribuirsi, come già affermato, esclusivamente alla maggiore partecipazione al mercato del lavoro. Questo dato è confermato dal tasso di attività che sale per la prima volta tra il 2011 e il 2012 oltre il 50% raggiungendo il massimo assoluto nel secondo trimestre 2012 con il 51,9%.
Il fatto che in Calabria (Dati ufficiali ISTAT) nell’anno 2011 sia aumentata l’occupazione di 49.000 unità, portandosi a 600.000 occupati totali (soglia raggiunta solo nel 2005) e che contemporaneamente siano cresciuti coloro che sono in cerca di lavoro (per effetto delle non forze lavoro che si sono rimesse, come già detto, a cercare attivamente lavoro) e quindi che 63.000 calabresi tra il secondo trimestre 2011 e il secondo trimestre 2012, abbiano ritrovato fiducia nel mercato del lavoro iscrivendosi nelle liste, è segno inequivocabile e attendibile di speranza e fiducia ritrovate. L’aumento di coloro che cercano lavoro quando non si perdono posti di lavoro (in Economia e nelle dinamiche del mercato del lavoro) rappresenta un segnale di fiducia. Ciò significa che 63.000 persone hanno manifestato interesse verso il mercato del lavoro calabrese e chiedono una risposta Politica efficace da parte delle istituzioni preposte, un segno che ricompensi la fiducia che hanno mostrato.
La Calabria ha, ormai, un economia terziarizzata, se si vuole naturalmente postindustriale, le politiche del lavoro devono quindi tenere conto di questa nuova caratterizzazione dell’economia locale, trovando anche strumenti opportuni per sostenerla e supportarla.
Altro elemento caratteristico che spiega le fluttuazioni trimestrali degli indicatori è costituito dal lavoro precario, dal lavoro a termine e dal lavoro sommerso.
L’economia calabrese, tuttavia, se opportunamente governata, ha la capacità potenziale di annullare in pochi anni il gap che la separa dalla altre regioni “avanzate” dell’Europa.
Occorre, quindi, promuovere e guidare processi di crescita e attuare politiche di sviluppo in grado di accrescere la dotazione di risorse materiali e immateriali della regione, governando i processi di produzione in maniera ottimale.
Le politiche del lavoro non dovranno più essere collegate, semplicisticamente, alle tante questioni che scaturiscono dalle emergenze occupazionali, a cui si dovrà, però, dare una soluzione rapida e definitiva. Dovranno, piuttosto, essere progettate delle politiche per governare i processi di cambiamento e di innovazione che, necessariamente, dovranno caratterizzare la regione nei prossimi anni per aumentarne il livello di competitività.
Tenuto conto che la disoccupazione è la patologia più grave della società calabrese, ed il fattore che più di tutti contribuisce alla bassa qualità degli assetti sociali e istituzionali, nonché alla riduzione del diritto alla cittadinanza e della stessa democrazia, è possibile porvi rimedio solo adottando un insieme coordinato e integrato di azioni che pongano in primo piano l’inscindibile nesso tra politiche del lavoro, politiche per lo sviluppo e politiche industriali.
L’impressione complessiva è che per il sistema economico calabrese il settore delle imprese (che dovranno essere, sempre più, internazionalizzate) sia un ambito di estremo interesse per avviare delle politiche di riduzione della disoccupazione, di lotta al sommerso e più in generale di sviluppo.
Le politiche dell’occupabilità, però, non possono fare molto in un sistema che ha un forte deficit dal lato della creazione dei posti di lavoro in attività produttive diffuse sul territorio.
Due quindi sono le indicazioni di politica del lavoro:
a)Promuovere nuove imprese in ogni settore produttivo ed investire in capitale umano ed innovazione per fare del terziario calabrese un terziario di eccellenza. b) Investire nella stabilizzazione e nella regolarizzazione dei contratti di lavoro relativi alle tipologie atipiche che generano precariato proponendo progetti di emersione dell’economia sommersa e del lavoro non regolare. Misure a sostegno dell’innovazione e alta formazione sono due strade per rispondere alla prima esigenza, credito di imposta e campagne di emersione sono gli strumenti per rispondere alla seconda esigenza.
Benedetto Di Iacovo, Esperto di Politiche del lavoro
Presidente della Commissione regionale della Calabria
per l’Emersione del lavoro non regolare