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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 07 MAGGIO 2024

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Faida Oppido, 20 fermi. Killer intercettato: “Quello lo abbiamo dato in pasto ai porci”

Faida Oppido, 20 fermi. Killer intercettato: “Quello lo abbiamo dato in pasto ai porci”

Sequestrati beni immobili, conti bancari e rapporti finanziari per oltre 70 milioni di euro. Il drammatico contenuto delle intercettazioni – I NOMI E LE FOTO DEGLI ARRESTATI

Ricostruiti omicidi faida Oppido, 20 fermi. Il killer intercettato: “Quello lo abbiamo dato in pasto ai porci”

Venti fermi tra la Calabria e Roma per gli omicidi della guerra di Oppido Mamertina. Sequestrati beni immobili, conti bancari e rapporti finanziari per oltre 70 milioni di euro. Il drammatico contenuto delle intercettazioni

 

 

REGGIO CALABRIA – Francesco Raccosta lo hanno dato in pasto ai porci ancora vivo. Era il killer che aveva ammazzato il boss Domenico Bonarrigo. Prima lo hanno massacrato a sprangate poi lo hanno buttato nella porcilaia dove gli animali hanno finito l’opera. Simone Pepe di quell’omicidio se ne vantava con un altro affiliato. Non sapeva di essere intercettato dai carabinieri del Nucleo Investigativo e così ha firmato la sua delirante confessione: “… E’ stata una soddisfazione sentirlo strillare… mamma mia come strillava, io non ho preso un cazzo … loro dicono che rimane qualche cosa… io alla fine non ho visto niente… per me non è rimasto niente.. Ho detto no, come mangia sto maiale!”.

I resti di Raccosta non sono mai stati trovati. E’ stato rapito e ucciso, assieme al cognato Carmine Putrino, dagli uomini del clan Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo di Oppido Mamertina. La stessa fine l’hanno fatta Vincenzo Ferraro e Vincenzo Raccosta, sparati in mezzo alla strada. Così il clan dell’Aspromonte ha vendicato la morte del vecchio padrino, assassinato il 3 marzo del 2012 da quel gruppo emergente che ai “capi della ‘ndrangheta” non volevano dare conto. Quei ragazzotti che facevano capo alla “famiglia” Ferraro-Raccosta, guidata da Giuseppe Ferraro, si stavano allargando troppo. E Oppido non è posto per teste matte che si erano messe a fare furti e rapine.

Per questo Bonarrigo li aveva “richiamati” pesantemente. Gli aveva detto di piantarla di fare casino in paese. Ma loro niente. Anzi, per tutta risposta avevano ammazzato il pezzo da novanta. Un errore fatale. Nel giro di qualche ora si era scatenato l’infermo. A Oppido errano arrivati tutti, anche la parte della famiglia che vive da anni a Roma, dove il clan ha interessi economici importanti. Giuseppe Ferraro, all’epoca latitante, era stato chiamato a rispondere di quello che avevano fatto i suoi uomini. E per uscirne vivo era stato costretto a consegnarli uno a uno. Dieci giorni dopo i killer dei Mazzagatti -Polimeni-Bonarrigo erano andati a cercarli per cancellarli dalla faccia della terra. E li avevano presi di sorpresa, i sicari della ‘ndrangheta che parlavano romanesco, gente come Simone Pepe che raccontava il massacro con soddisfazione: “Lui era già mezzo morto… perché io lo vedo, calcola era diventato nero ‘n faccia, già era nero, appena ha preso le prime tre quattro botte de pala… è stata una sensazione no bella, de più…”.

E’ questa la storia che fa da prologo all’operazione scattata oggi all’alba: i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, assieme allo Squadrone cacciatori hanno eseguito venti fermi su ordine delle procure di Reggio Calabria e Palmi (l’indagine porta la firma dei pm Saverio Dolce, Giovanni Musarò e Giulia Pantano) e del procuratore dei minori Carlo Macri. In carcere sono finiti 20 esponenti della ‘ndrina (uno dei quali minorenne) accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio, traffico di droga e riciclaggio.

Boss e picciotti sono finiti in galera a seguito della maxinchiesta che ha tenuto impegnati gli uomini del colonnello Lorenzo Falferi per quasi due anni. Ventiquattro mesi nei quali attraverso intercettazioni ambientali, appostamenti e pedinamenti, sono stati ricostruiti 5 omicidi, individuandone mandanti ed esecutori materiali. Ma che, soprattutto, hanno consentito di ricostruire la struttura della cosca e gli interessi dei boss tra Lazio e Calabria. Non a caso la Direzione distrettuale antimafia ha fatto eseguire un sequestro preventivo di 14 imprese (quote sociali, annesso patrimonio aziendale e conti correnti), 88 immobili, 12 beni mobili e 144 rapporti bancari e prodotti finanziari, per un valore complessivo di circa 70 milioni di euro.

I fermi sono scattati, secondo quanto affermato dal Procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, perché “esisteva il pericolo reale di fuga”. Il clan sapeva delle indagini. Dalle intercettazioni si capisce infatti che “avevano consapevolezza dell’esistenza di un’attività di indagine a loro carico” e, cosa ancor più grave, che “avevano la possibilità di procurarsi continue informazioni sull’eventuale emissione di provvedimenti restrittivi”.

Nelle case di alcuni indagati, tra Roma e la Calabria, è stato rinvenuto e sequestrato materiale documentale ritenuto dagli inquirenti di interesse investigativo, e denaro contante per un totale di 170mila euro, nascosto in intercapedini dei muri delle abitazioni.

Cc: “A Roma creata una ‘filiale’ criminale”. Acquistati, attraverso prestanome, case e attività commerciali
Avevano creato a Roma una vera e propria ”filiale criminale”, secondo la definizione degli investigatori, gli affiliati alla cosca Mazzagatti sgominata dai carabinieri con i 20 fermi eseguiti stamattina nell’ambito dell’operazione denominata Erinni. Nella Capitale il gruppo criminale capeggiato da Rocco Mazzagatti avrebbe gestito, attraverso una serie di prestanome, una serie di società ed attività commerciali ed acquistato un consistente quantitativo di immobili. In alcune telefonate intercettate dagli investigatori Rocco Mazzagatti fa riferimento alle sue attività imprenditoriali vantandosi della sua capacità nel portarle avanti e dispensando consigli agli affiliati alla sua cosca sui metodi per nascondere i proventi illeciti in modo da eludere gli accertamenti patrimoniali. In una telefonata, tra l’altro, Mazzagatti critica la cosca Alvaro della ‘ndrangheta per essersi fatta sequestrare dalla Dda di Reggio Calabria il ‘Cafè de Paris’ a Roma. “Noi non siamo come loro. Siamo sicuramente più scaltri e più abili”, afferma il boss in una conversazione telefonica con uno degli affiliati al suo gruppo criminale. Tra gli arrestati un ruolo di rilievo sarebbe stato svolto da Domenico Scarfone, di 56 anni, residente a Genzano di Roma. Sarebbe stato proprio Scarfone, grazie ad amicizie con avvocati e persone gravitanti nell’orbita delle aste giudiziarie e delle procedure fallimentari, a consentire alla cosca Mazzagatti di acquistare numerosi appartamenti nelle aste giudiziarie che venivano poi intestati ad altre persone. Mazzagatti aveva anche interessi a Catanzaro, dove aveva trasferito la sua residenza ed una parte dei suoi interessi economici, rilevando, sempre attraverso prestanome, una serie di attività. La cosca Mazzagatti, inoltre, a detta degli investigatori, avrebbe intrecciato stabili rapporti criminali con altri gruppi criminali di tutta la Calabria, ed in particolare con quelli di San Luca e Platì. Il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, ha sottolineato “la capacità che aveva Rocco Mazzagatti di intrecciare rapporti anche con gruppi criminali del Crotonese e del Vibonese, oltre che di Catanzaro, ampliando così i suoi interessi”. Tra i fermati nell’operazione Erinni c’è un diciottenne, all’epoca dei fatti ancora minore, “che aveva una partecipazione piena e consapevole – ha detto, in conferenza stampa, il Procuratore dei Minorenni di Reggio Calabria, Carlo Macrì – all’interno dell’organizzazione, per la quale aveva il compito di detenere delle armi, tenerle nascoste e metterle a disposizione degli uomini della cosca quand’era necessario”.

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REGGIO CALABRIA – Venti persone sono state arrestate dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, che all’alba hanno dato esecuzione al provvedimento di fermo di indiziato di delitto spiccato dalla locale Direzione distrettuale antimafia nell’ambito di un’operazione contro il ‘locale’ di ‘ndrangheta di Oppido Mamertina, sul versante tirrenico.
Le accuse sono a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidi, intestazioni fittizie di beni e investimento di denaro di provenienza illecita nel mercato immobiliare della Capitale. L’indagine è scattata dalla ripresa della faida che vede contrapposte la cosca “Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo” a quella dei “Ferraro-Raccosta”, che dal 1991 ha già causato numerosi morti.
SEQUESTRI A ROMA, PERQUISIZIONI A CATANZARO – Nell’ambito dell’operazione sono stati sequestrati a Roma ottantotto immobili, tra terreni e case, per un valore di oltre 70 milioni di euro. Il gruppo criminale sgominato con l’operazione ruotava attorno alla figura dl boss Rocco Mazzagatti, di 50 anni, capo dell’omonima cosca, che è stato arrestato. Mazzagatti, attraverso una serie di prestanome, avrebbe gestito un vasto giro di attività imprenditoriali a Roma ed in Calabria, tra cui attività di commercio di automobili e distributori di carburante. E decine di perquisizioni sono state eseguite anche nel Catanzarese, nei confronti di persone ritenute in contatto con il clan reggino. Numerosi i carabinieri mobilitati nei controlli su tutto il territorio provinciale.
GLI AFFARI DEL CLAN NELLA CAPITALE – Nella capitale, anche grazie a complicità che gli inquirenti stanno cercando adesso di individuare, il presunto boss avrebbe acquisito, in particolare, la proprietà di immobili ed attività commerciali ed imprenditoriali attraverso il sistema delle aste giudiziarie, per le quali non è escluso che Mazzagatti possa avere beneficiato di favoritismi. L’operazione dei carabinieri ha consentito anche di fare luce su cinque omicidi avvenuti nell’ambito della faida tra i Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo ed i Ferraro-Raccosta.
Le indagini che hanno portato all’esecuzione dei fermi sono partite dall’arresto di Domenico Polimeni, inserito nella lista dei latitanti più pericolosi d’Italia, catturato nel luglio 2012. Polimeni era considerato elemento di spicco della “locale” di ‘ndrangheta di Oppido Mamertina, oggetto dell’indagine. In alcune abitazioni degli indagati, tra Roma e la Calabria, è stato rinvenuto e sequestrato materiale documentale ritenuto dagli inquirenti di interesse investigativo, e denaro contante per un totale di 170mila euro, nascosti in intercapedini dei muri delle abitazioni.

Operazione “Erinni”, l’elenco dei fermati
Sono in tutto 20 le persone colpite da fermo spiccato dalla DDA nell’ambito dell’operazione Erinni, più un minorenne il cui fermo è stato emesso dalla Procura dei Minori di Reggio Calabria.
Tra i 20 maggiorenni, uno è irreperibile in quanto già da tempo è residente all’estero, mentre un altro è latitante da molti anni. Gli indagati maggiorenni colpiti dal provvedimento di fermo: Simone Pepe, di 24 anni; Rocco Mazzagatti di 40 anni; Giuseppe Mazzagatti di 29 anni; Antonino De Pasquale di 28 anni; Leone Rustino, di 32 anni; Giuseppe Rustico di 33 anni; Pasquale Rustico di 28 anni; Rocco Bonina di 35 anni; Domenico Scarfone di 56 anni; Cosmo Polimeni di 26 anni; Paolo Polimeni di 32 anni; Rocco Alessandro Ruffa di 22 anni; Francesco Mazzagatti di 22 anni; Diego Zappia di 28 anni; Carmine Murdica di 20 anni; Domenico Lentini di 19 anni (all’estero); Giuseppe Ferraro di 45 anni (latitante da diversi anni); Valerio Pepe di 22 anni; Leandro Pepe di 39 anni; Matteo Scarponi di 21 anni.

LA NOTA DEI CARABINIERI

Sono ancora in corso le perquisizioni connesse all’esecuzione dell’Operazione “Erinni” e contemporaneamente la notifica dei sequestri preventivi delle aziende individuate nel novero del circuito economico delle cosche di Oppido Mamertina. In varie abitazioni degli indagati tra Roma e la Calabria è stato rinvenuto materiale documentale ritenuto di particolare interesse per il proseguo delle indagini e somme contanti per complessivi 170.000 euro nascosti in intercapedini dei muri delle abitazioni. Ulteriori dettagli saranno forniti nel corso della conferenza stampa, a cui parteciperà il Procuratore della DDA Reggina Dott. Federico Cafiero De Raho, che si terrà presso la sede del Comando Provinciale di Reggio Calabria alle ore 10.30.

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