Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 11 DICEMBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

“Relazioni sociali e logica trinitaria” L’ultima “riflessione sociologica” di Mimmo Petullà

“Relazioni sociali e logica trinitaria” L’ultima “riflessione sociologica” di Mimmo Petullà
Testo-
Testo+
Commenta
Stampa

Prefazione “Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”

La lettera di San Paolo ai Corinti fa rivivere gli istanti di fede, pesanti e imponenti come un macigno che dentro, nell’anima, sai che c’è, ma non si vede. La potenza di un Dio onnipresente che impera nel mondo tra gli umani peccatori, rivendicando un concetto universale di salvezza, la carità. Cos’è un uomo senza carità? E cos’è un uomo senza aver scolpito nel suo cuore, la profezia di tutti i misteri? Un “bronzo che risuona o un cembalo che tintinna”?
Il nuovo libro del sociologo Mimmo Petullà, “Relazioni sociali e logica trinitaria. Una riflessione sociologica per la pastorale”, Laruffa Editore. Dedicato al noto e insigne mariologo di origini taurianovese Padre Stefano De Fiores, scomparso nell’aprile di sei anni fa, definendolo suo “maestro di vita e di fede”.
Dal titolo dell’opera si evince con estrema facilità che la il tema principale è il dogma della Trinità, ma descritto anche in maniera critica, con un accenno a teorie della ragione illuminista, citando Kant che ne fece un saggio su questo “mistero”, e che insieme alla reincarnazione, rappresenta le fondamenta della teologia. Dalla unicità di Dio, in cui la stessa apre scorci filosofici sulla non più validità del concetto di Trinità, secondo le drasticità da Cartesio a de Tocqueville, passando appunto per Kant. Perché nei fatti, “dalla dottrina trinitaria, presa alla lettera, non è possibile ricavare alcunché di pratico”.
Mimmo Petullà, attraverso un’analisi, fatta di note e riferimenti in un concetto, seppur cavilloso e per un pubblico selezionato, di élite sociologica, partorendo un’opera colma da spunti di riflessione e che lascia interpretazioni multiple di colorazioni diverse. Dove l’anima, potrebbe spaziare tra le immense vigne della carità cristiana alla ricerca di quello specchio su cui veder riflettere, il padre, il figlio e lo Spirito Santo.
Il dono della profezia, dei misteri, la conoscenza della sostanza cristiana, di quel corpo “bruciato” dalla fede senza il concetto di Trinità, non sarebbe nulla se non la superficialità di un peso asettico lanciato nel vuoto e perso tra gli oblii di un infinito. Ogni conoscenza è sempre imperfetta e lo sarà sempre anche nella ricerca della verità, le imperfezioni della vita aumentano la curiosità del sapere e da ciò che vive alimentando il mistero di Dio sempre con nuove scoperte, e da qui, la fede.
Colpiscono particolarmente colpito alcuni passaggi nella pagina introduttiva dell’opera quando l’autore scrive a proposito delle relazioni sociali, “(…) esse si rivelano come l’indispensabile e inevitabile condizione del nostro pensare e del nostro agire, al punto che le sue cruciali variabili, rappresentate da sottovalutate forme di povertà, a partire dall’individuale isolamento (…) espongono non solo a processi di spersonalizzazione ma anche al rischio di potenziali derive democratiche”. Anche se su certi aspetti strutturali viene riportata la teoria di de Tocqueville sulla democrazia americana, c’è una forte attinenza alle condizioni sociali e politiche in quest’Italia del terzo millennio. E aprendo uno scorcio in quella curiosità dell’anima di una ragione in più per leggerlo come un saggio tascabile per una forma educativa comportamentale e sociologica, vista attraverso le piaghe che colpiscono una società moderna, ma con falle sociali ancora da “riparare”.
“D’altra parte fuori di te non esisteva nulla, da cui potessi trarre le cose, o Dio, Trinità Una e Trinità trina. Perciò creasti dal nulla il cielo e la terra … Tu sei onnipotente e buono, per fare tutto buono, il cielo grande, come la piccola terra. C’eri tu e null’altro”, così intendeva Sant’Agostino il mistero della Trinità nelle sue Confessioni, e così nel suo genio trae spunto da quell’unità di quella croce, Cristo e Padre, un unico messaggio. Quelle volontà e intelligenze divine, le quali insieme formano la Trinità. Un solo Dio e che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono di una sola e medesima sostanza.
“Signore nostro Dio, crediamo in te, Padre e Figlio e Spirito Santo. Perché la Verità non avrebbe detto: Andate, battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28, 19)”.