Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

Torna su

Torna su

 
 

“Un contratto a tempo determinato salverà il mercato del lavoro italiano?”

Daniela De Blasio, consigliera di Parità della Provincia di Reggio Calabria ed esperta di politiche del lavoro, in merito alla riforma “Jobs Act” del governo Renzi

“Un contratto a tempo determinato salverà il mercato del lavoro italiano?”

Daniela De Blasio, consigliera di Parità della Provincia di Reggio Calabria ed esperta di politiche del lavoro, in merito alla riforma “Jobs Act” del governo Renzi

 

 

In estrema sintesi la vera novità del jobs act, varato nei giorni scorsi dal Governo Renzi, è proprio questa! Ovvero incentivare il contratto a termine quale contratto di ingresso nel mondo del lavoro. È pur vero che oggi il mercato del lavoro è arrivato quasi ad un punto di non ritorno, a causa della crisi economica, della scarsa crescita dei consumi, della paura imprenditoriale, a causa di una demoralizzazione generalizzata associata ad un terrorismo mediatico che da solo disincentiva la volontà di fare per cambiare e alimenta il timore del futuro. Quasi a chiudere le speranze di ogni giovane, donna o anziano che sia, in cerca di prima, seconda o terza occupazione. Questa è la triste fotografia dei nostri giorni ed è da qui che parte l’analisi di quella che molti definiscono la riforma epocale del mercato del lavoro. Bisogna, anzitutto, partire da un assunto: il mercato del lavoro italiano funziona male, è caratterizzato da bassi tassi di occupazione, specie femminile, dal lavoro nero, da una miriade di forme di contratto che non garantiscono ai giovani un futuro stabile, da un mancato ricambio generazionale e dalla mancanza di tutele universali. Si è andato avanti a tentativi, per ultimo con la legge 92/2012 (la cosiddetta riforma Fornero) che non ha prodotto assolutamente gli effetti sperati, ma a volte addirittura accentuato alcuni degli effetti negativi sopra richiamati. Risulta molto difficile dissentire sulla necessità di fare nuovamente qualcosa per cambiare lo stato attuale del mercato del lavoro, ma questa volta la svolta deve essere davvero epocale. Il “vecchio” modello di welfare era stato concepito per un’altra Italia, quella del boom economico. Ma oggi si vive decisamente tutta un’altra storia. In passato il mercato del lavoro è cresciuto trainato dal settore manifatturiero, dal basso costo della manodopera e dalle esportazioni. Situazioni oggi irripetibili, complici molte variabili che hanno affossato l’intero sistema economico. Bisogna concentrarsi sul vero problema che è dato dall’elevato costo del lavoro in Italia, cosicchè l’industria impiega solo 1/5 di lavoratori italiani (circa il 19%). Per cambiare radicalmente il concetto di lavoro, bisogna partire da una revisione del sistema economico globale, che vada incontro alle aziende in maniera concreta. Mancano gli investimenti, manca la liquidità e di conseguenza gli imprenditori o chi, d’altro canto, vuole fare impresa non ha gli strumenti necessari per portare avanti un progetto. Inoltre, lo scollamento tra scuola-università-mondo del lavoro è forse tra le prime cause del disfacimento di un sistema di welfare orientato su un paese che non esiste più. L’avvento di Renzi, con tutto ciò che ne segue, è già di per sè un dato positivo. Una scossa che serve ad un Paese che fatica a ripartire e che per ripartire ha certamente bisogno di creare nuovo lavoro. Forse questa nuova riforma contribuirà a ridurre la disoccupazione e a rilanciare un mercato ormai in stallo. Abbiamo razionalmente realizzato che c’è bisogno di una riforma dinamica, che dia migliori performance per tutti, introducendo maggiore flessibilità sia in entrata che in uscita, creando tutele e riequilibrando totalmente il sistema (giovani-donne-pensionati). Il nuovo, articolato piano di riforme di Renzi si presenta sicuramente in grado di svolgere tutti i compiti necessari alla ripresa. Dal rilancio dell’occupazione, alla semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese. Le premesse buone ci sono tutte, o quasi. Nel dettaglio, come già detto, si è data priorità ai rapporti di lavoro a termine con un innalzamento da 12 a 36 mesi della durata del rapporto di lavoro a tempo determinato “a-causale”, introducendo inoltre la possibilità di prorogare anche più volte (fino ad otto) il contratto a tempo determinato, sempre entro il limite dei 3 anni. Insomma, si può parlare di rivoluzione? Si può dire agli imprenditori: cosa vuoi di più per assumere? Resta il dubbio che questa novità possa produrre una nuova marea di precari, ma da qualche parte si deve pur partire! Anche le modifiche alla disciplina del contratto di apprendistato sono di indubbio rilievo. Viene meno l’obbligo della forma scritta per il piano formativo individuale e l’assunzione di nuovi apprendisti non sarà più necessariamente condizionata alla conferma in servizio dei precedenti; viene inoltre eliminato l’obbligo del datore di lavoro di integrare la formazione professionalizzante e di mestiere con l’offerta formativa pubblica. Ugualmente in questo caso la “revolution” è servita. “Sburocratizzando” uno strumento importantissimo come l’apprendistato, che rappresenta da sempre un importante processo di ingresso nel mondo del lavoro, ci si avvicina a quel modello di welfare degno di questo nome. Il disegno di legge delega al Governo prevede, tra l’altro, anche profonde riforme per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, i servizi per il lavoro, una migliore conciliazione dei tempi di lavoro con le esigenze genitoriali (ad esempio introducendo l’indennità di maternità anche per le lavoratrici iscritte alla gestione separata), nonché una serie di interventi strutturali di forte impatto sul mercato del lavoro, semplificando ulteriormente le procedure burocratiche e, pian piano, riordinando anche le forme contrattuali a disposizione. Infatti, negli anni ci si è resi conto che nulla è stato fatto né per bonificare o, almeno, drasticamente ridurre le tante (troppe) tipologie contrattuali atipiche attualmente disponibili, né per favorire il reale allargamento della platea di chi usufruisce degli ammortizzatori sociali. Questa riforma sembrerebbe andare in questa direzione e qualora così sarà, il “sindaco” d’Italia, Matteo Renzi, sarà certamente ricordato per aver messo in campo una svolta epocale che, prendendo spunto da un suo slogan, farà davvero cambiare verso all’Italia.
Daniela De Blasio