Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), MARTEDì 07 MAGGIO 2024

Torna su

Torna su

 
 

“L’Italia e la retorica delle riforme”

Il pensiero di Giovanna Senatore (Risveglio ideale)

“L’Italia e la retorica delle riforme”

Il pensiero di Giovanna Senatore (Risveglio ideale)

 

 

Riceviamo e pubblichiamo:

“Andare avanti sulla strada delle riforme”, “bisogna fare le riforme”, “basta un anno per fare le riforme”, “l’Italia nomina 35 saggi per fare le riforme”. Non c’è attualmente in Italia, un’affermazione più popolare che possa competere con questa insistente necessità. Sono passati quasi trent’anni da quando nel nostro Paese il concetto di riforma ha ripreso vigore trasversalmente, diventando una scelta politica necessaria e condivisa. In principio fu l’Europa a chiederci le riforme, certi obiettivi andavano raggiunti per entrare a farne parte, primo fra tutti quello di ridurre il rapporto fra Pil e debito pubblico, esploso negli anni ottanta. Non bisognava solo superare le difficoltà contingenti, l’Europa ci chiedeva riforme strutturali, capaci cioè di incidere profondamente sull’organizzazione dello Stato.
Per gli anni a venire si è continuato a invocarle, ma a giudicare dai tassi di crescita economica degli ultimi due decenni, sempre al di sotto della media europea, evidentemente non hanno mai trovato un’organica realizzazione. Abbiamo forse solo assistito a degli aggiustamenti strutturali che non ci hanno permesso comunque di cambiare rotta, siamo insomma figli di scelte politiche e istituzionali sbagliate, d’interventi a singhiozzo che non hanno inciso in profondità, anzi hanno allontanato quel dinamismo economico sperato. Producendo oltretutto un ulteriore danno nell’immaginario dell’italiano medio, ormai tendenzialmente diffidente nei confronti di alcuni interventi sulla finanza pubblica. Privatizzazioni e liberalizzazioni in particolar modo, pare siano diventate per alcuni i demoni da esorcizzare, l’allarme prodotto è tale da tradursi nel timore che tali politiche possano trasformasi in deregolamentazione, saccheggio dei beni dello Stato e concentrazione nelle mani di pochi di risorse appartenenti a tutti, senza aver mai pensato che l’approccio precedente era probabilmente errato tanto da non portare i risultati sperati. La politica avrebbe dovuto offrire soluzioni adeguate, ma nessuno può ritenersi incolpevole, gli italiani troppo spesso hanno preferito delegare continuando a dare consensi in cambio di apparenti momenti di tranquillità. Ora, dopo anni di politiche frammentarie che hanno accelerato lo scadimento culturale, oltre che economico dell’Italia, siamo all’angolo, imprigionati in una stagnazione che rischia di allontanarci sempre di più da un futuro di rinnovata prosperità, crescita e benessere. Tutto ci appare datato, il sistema Paese è imbrigliato nelle maglie della farraginosità burocratica che sbarra la strada a qualsiasi iniziativa, i dati sciorinati dagli istituti di statistica tracciano un generale quadro d’inefficienza che non risparmia nessun settore. Diversi i fronti sui cui agire contemporaneamente per rivitalizzare l’organizzazione dello Stato e, in questo caso, la simultaneità pare sia indispensabile per recuperare il tempo perduto. Favorire l’innovazione, modernizzare la pubblica amministrazione, riformare la giustizia, intervenire su scuola e università per garantire un’istruzione di alta qualità, rendere ancora più efficiente la sanità, queste le sfide immediate. Non mancano le indicazioni concrete su come far cambiare rotta al Paese, tutti ormai sono quasi concordi su come intervenire su tasse, debito, spesa pubblica, mercato del lavoro. Invertire la rotta su finanza pubblica, liberalizzazioni, pubblica amministrazione è ormai l’ultima possibilità per accelerare quel processo che smuove risorse e ridà opportunità di investimento e di crescita, utili a migliorare quella coesione sociale da troppo tempo attesa. Anche perché la crisi non colpisce tutti allo stesso modo, c’è ancora un Paese che conserva privilegi e un Paese che annaspa nelle difficoltà quotidiane. Ancora è prassi assicurarsi il consenso raccomandandosi alla spesa pubblica e allo spreco ed è inutile rimarcare che in un siffatto sistema qualsiasi criterio meritocratico ne rimane avulso.
Nessun ripensamento è più ammissibile, non c’è spazio per le partigianerie, continuare a rimestare nella retorica delle riforme ci porterebbe verso un definitivo declino.

Dott.sa GIOVANNA SENATORE
Componente Associazione RISVEGLIO IDEALE