“L’antimafia si inchini davanti alla legge”
redazione | Il 08, Ago 2014
Oreste Romeo interviene in merito alla scarcerazione degli avvocati Giulia Dieni e Giuseppe Putortì e del dottore commercialista Rosario Spinella
“L’antimafia si inchini davanti alla legge”
Oreste Romeo interviene in merito alla scarcerazione degli avvocati Giulia Dieni e Giuseppe Putortì e del dottore commercialista Rosario Spinella
Riceviamo e pubblichiamo:
Magistrati con almeno quindici anni di professione alle spalle.
Nel momento in cui si tenta timidamente di riformare la Giustizia, questo sarebbe un affidabile titolo che il cittadino comune non dovrebbe stancarsi di pretendere non solo nei confronti del rappresentante della parte processuale che intendesse avanzare richieste di misure coercitive della libertà personale in relazione a reati associativi ed a quelli destinati a suscitare grave allarme sociale.
Identico requisito, infatti, lo si dovrebbe esigere anche nei confronti di ciascun componente l’organo collegiale chiamato a concedere o negare l’emissione del titolo custodia le per gli stessi reati.
Se la “meritocrazia” non è solo utopia, non ci si può nascondere l’elevata percentuale di conclusione in senso favorevole alla Difesa di processi avviati con il clamore degli arresti, e ciò, di per se solo, dovrebbe suggerire ad un Legislatore autenticamente attento l’idea di affidare competenze esclusive “de libertate” ad un organo collegiale che abbia maturato “sul campo” la necessaria e rassicurante qualificazione.
Negare, oggi, dopo circa venticinque anni e qualche tentativo di realizzare qualcosa che si avvicini all’idea del cosiddetto “giusto processo”, l’indulgenza del Gip, giudice monocratico, verso lo strapotere processuale dell’Ufficio di Procura, significherebbe rinunciare in partenza a comprendere le reali ragioni che recentemente hanno indotto il Legislatore, con decretazione d’urgenza, ad approntare una parvenza di argine al sovrabbondante ricorso alla carcerazione preventiva, per di più nella persistente ed incivile vigenza un regime penitenziario che non è azzardato definire “da terzo mondo”, si come l’Europa rimprovera al nostro Paese ormai da troppo tempo.
Una Giustizia moderna passa da questi interventi che saprebbero assicurare al cittadino comune un minimo di riparo da una Giustizia sofferente, efficacemente riflessa dai non sempre giustificati eccessi di un’Antimafia che deve riscoprire l’umiltà di inchinarsi davanti alla Legge.
Quella stessa Legge che oggi ha restituito alla libertà tre professionisti, gli avvocati Giulia Dieni e Giuseppe Putortì ed il dottore commercialista Rosario Spinella.
Una riflessione conclusiva si impone sulla ricorrente ed apparentemente non altrimenti infrenabile pubblicazione di atti processuali provenienti dalla sola parte pubblica, senza esclusione del “culto delle manette” che offre la cifra della involuzione di cui è preda parte della Stampa, tanto da farla apparire megafono di vendetta sociale.
Occorre, cioè, interrogarsi se l’enfasi che ha caratterizzato la suggestiva “comunicazione” nel caso dei citati professionisti mirasse anche ad orientare in qualche modo il giudizio del cittadino.
Ed appare inevitabile, nel caso di risposta affermativa, fare proprio quanto tempestivamente ed efficacemente “denunciato” dalla Camera Penale “Gaetano Sardiello” nel lamentare che “l’indagine dell’Autorità Giudiziaria non necessita di forme di pubblica legittimazione intese ad ipotecare un giudizio di “certa” colpevolezza presso l’opinione pubblica a poche ore dalla emissione delle misure restrittive della libertà personale e prima che gli indagati abbiano avuto la possibilità’ di difendersi nel contraddittorio”.
Oreste Romeo, avvocato