“Guerra economica e intelligence – Il contributo della riflessione strategica francese contemporanea”
Set 30, 2013 - redazione
La gestione strategica dell’informazione nel libro di Giuseppe Gagliano
“Guerra economica e intelligence – Il contributo della riflessione strategica francese contemporanea”
La gestione strategica dell’informazione nel libro di Giuseppe Gagliano
Mentre il mondo soffre una crisi economica che non lascia intravedere sbocchi a medio termine, finalmente un libro per i lettori italiani che chiarisce, attraverso una lettura analitica delle opere di alcuni esperti, il ruolo chiave dell’Intelligence Economica. Il nuovo studio di Giuseppe Gagliano, Presidente del Centro Studi Strategici “Carlo de Cristoforis”, esamina per mezzo dell’esperienza francese ma senza fermarsi ai suoi confini, quanto un modello di sviluppo passi necessariamente dalla gestione strategica delle informazioni. “Guerra economica e intelligence – Il contributo della riflessione strategica francese contemporanea” edito da Fuoco Edizioni, è un testo che si sviluppa coerentemente con ciò che il titolo anticipa e che propone al lettore, prendendo in esame la riflessione strategica francese pertinente alla guerra cognitiva con un occhio attento all’intelligence economica, una consulenza divulgativa chiara e coinvolgente.
In più, grazie al sostegno degli scritti di Eric Delbecque e Christian Harbulot, l’autore propone un quadro delle strategie geoeconomiche che si manifestano nella nostra attualità tramite un’accurata osservazione delle logiche che hanno predisposto alla guerra economica. È proprio l’economia il nuovo terreno di scontro, che porta non solo le imprese ma anche gli stessi Stati verso nuove forme di conflittualità.
Queste ultime, infatti, hanno preso il posto dei contraddittori politico-militari e ideologici che hanno caratterizzato gli anni della Guerra Fredda.
Gagliano evidenzia i rischi di una forma d’attenzione patrio-centrica e lo fa supportato dall’indagine di analogie strategiche risultate dall’accostamento delle esperienze rilevate dagli esperti. Il risultato è una sintesi che favorisce il lettore nell’interpretazione della complessità del mondo contemporaneo. In questa non è risparmiata l’analisi dell’incremento dell’illegalità economica, una conseguenza spesso sottovalutata del sistema globale: nello scorrere i testi di Jean Pichot-Duclos l’autore rimarca quanto le economie mafiose abbiano come supporto le nuove tecnologie dell’informazione e, ancora, come sia necessaria una rielaborazione del tema etico.
Un occhio attento, quello dell’autore, anche verso i conflitti che hanno come trofeo il governo dell’informazione: Gagliano pone l’accento sull’esempio americano che propone Éric Dénécé, rilevando quanto esso diventi il paradigma di pressioni a scopo commerciale. Non è trascurato nemmeno l’excursus storico del fenomeno in seguito alle riflessioni prodotte da Harbulot e Philippe Baumard: gli studiosi, nel loro saggio, evidenziano quanto le fragilità di stampo politico abbiano trasmesso agli Stati l’urgenza di proteggere il campo industriale con l’InfoWar. La divulgazione delle informazioni, in questo caso, si pone come scopo primario la messa in opera di politiche di influenza con la destabilizzazione di soggetti determinanti. L’interpretazione di Emmanuel Lehmann e Franck Decloquement aiuta il lettore nell’acquisizione della conoscenza di quelle azioni tese all’appropriazione delle informazioni in possesso non soltanto, come da manuale, di grossi gruppi industriali, ma anche di piccole e medie imprese che possono diventare esse stesse oggetto d’attenzione.
Le conseguenze, in quest’ottica, possono essere altamente devastanti in relazione al fatto che la maggior parte di esse non sono pronte a questo tipo di lotta, che si dipana in un terreno senza limiti concreti e facilmente avvisabili. Un’analisi, quella di Giuseppe Gagliano, che pone una particolare attenzione su questi nuovi campi di battaglia con confini non convenzionali ma anche verso le moderne forme di conflittualità.
Ciò che emerge è un conduttore comune che lega le esperienze pregresse all’attuale gestione dell’informazione, contribuendo in maniera efficace alla diffusione della riflessione su tematiche decisive; non soltanto per il mondo dell’impresa ma per tutti gli attori coinvolti inconsapevolmente.
Dentro un momento storico che fa subire, a chi non è preparato, i rischi prodotti da una guerra economica che si svolge nel nostro quotidiano.
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Giuseppe Gagliano si è laureato in Filosofia presso l’Università Statale di Milano. Ha conseguito il Master in Studi strategici e Intelligence e quello in Diritto internazionale e conflitti armati. È Presidente del Cestudec (Centro Studi Strategici Carlo De Cristoforis) e collabora con la «Rivista Marittima», l’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie, la Glocal University Network, la Società italiana di Storia Militare, il Centro de Estudos em Geopolítica e Relações Intenacionais (Brasile), il Centre Français de Recherche sur le Renseignement (Francia), il Sage International (Australia), il Terrorism Research & Analysis Consortium (Usa), Geostrategic Forecasting (Usa) e l’International Journal of Science (Inghilterra). . Ha pubblicato “Sicurezza internazionale e controllo degli armamenti”, “Il potere marittimo negli scenari multipolari”, “Studi strategici. Introduzione alla conflittualità non convenzionale, vol. I”, “Studi strategici. Il ruolo della conflittualità non convenzionale nel contesto delle ideologie antagoniste del novecento, vol. II”. È inoltre autore di numerosi saggi e articoli in lingua inglese e francese.
INTERVISTA CON L’AUTORE
Quando si parla di Guerra Economica, cosa intendiamo e quali sono i soggetti in campo?
«I soggetti in campo sono gli stati le imprese e le ONG. La Guerra Economica definisce il proprio spazio geografico attraverso tre elementi: l’informazione; la presenza economica dello Stato e dei privati sul territorio straniero e la normalizzazione. Basandosi sulla metodologia dello studio dell’informazione, la Guerra Economica analizza la diffusione di contenuti e di notizie, soprattutto a mezzo stampa, consapevole di quanto la trasmissione di informazioni possa condizionare gli attori politici e, chiaramente, l’opinione pubblica. Attualmente la Guerra Economica cerca di analizzare scientificamente (soprattutto in termini quantitativi, ma anche semantici) la trasmissione di notizie per identificarne le fonti primarie, i maggiori canali di trasmissione, quanto le informazioni influenzino le scelte economiche e se sia possibile valutare gli effetti degli attacchi. Individuare quali siano le armi degli operatori economici per instaurare un conflitto e architettare attacchi ai rivali permettere di comprendere anticipatamente, ad esempio, quanto potrà essere grave la diffamazione di un prodotto o di un marchio a seconda della strategia adottata. In definitiva la Guerra Economica, per mezzo del suo strumento principale, la Guerra dell’Informazione, analizza sia l’immissione sia l’effetto delle informazioni che possono riguardare l’ambito economico. Il secondo elemento, la presenza di attori economici nei Paesi stranieri, si concretizza nelle Camere di Commercio, una struttura di rappresentanza che facilita le relazioni economiche tra gli Stati, contribuendo all’espansione delle proprie imprese nel mercato dello Stato ospite. Nonostante le Camere non siano ugualmente utili in tempo di guerra come gli avamposti marittimi, esse sono contatti stabili all’estero che promuovono la mutua conoscenza evidenziando, ad esempio, le opportunità d’investimento alle proprie imprese. Conoscere profondamente la realtà locale dove s’intende avviare un’attività economica è di fondamentale importanza per la buona riuscita degli affari. Inoltre le Camere di Commercio possono promuovere il proprio Paese, facendo una “buona pubblicità” che può influenzare molto, e positivamente, le istituzioni del Paese ospitante. Il terzo elemento fondante è la normalizzazione, intesa come procedimento politico e tecnico che costruisce un impianto normativo, il quale regola le opportunità e i vincoli degli attori economici. Questo terzo pilastro è di grande importanza per la disciplina; inoltre non è riconducibile a nessuna delle dottrine geopolitiche. Storicamente, gli Stati si sono impegnati nell’approvazione di norme che proteggessero i mercati interni o che promuovessero la loro espansione all’estero. La normalizzazione mira a evitare la conflittualità tra Stati, soprattutto tra Stati vicini».
Ci parli dell’Intelligence Economica…
«È un altro aspetto della Guerra Economica e una pratica ormai diffusa che prevede la raccolta e l’utilizzo (non sempre legale) di informazioni sensibili che possono danneggiare gli avversari. In realtà molte di queste pratiche strategiche sono state incluse e metabolizzate attraverso un altro nome: Guerra dell’Informazione, disciplina di origine militare risalente alla Guerra Fredda, che include anche la manipolazione della conoscenza. La Guerra Economica, affinandone gli strumenti e appropriandosi delle strategie, è riuscita a orientare la Guerra dell’Informazione verso il solo ambito economico dandole un nome più appropriato: Guerra Cognitiva».
La tecnologia e internet che ruolo giocano? In una fase storica in cui l’accesso alla divulgazione di informazioni è notevolmente facilitato a tutti, quanto aumenta la probabilità che i contrasti vengano risolti con la forza e quindi con le guerre piuttosto che con campagne mediatiche mirate?
«Come già indicato l’informazione gioca un ruolo fondamentale. Infatti, attraverso informazioni mirate ,è possibile screditare una impresa o determinare il suo tracollo economico. L’insieme di queste tecniche informative rientra nella guerra psicologica».
Può l’Intelligence Economica essere utilizzata come rimedio per l’incremento della competitività di uno Stato? E se sì, quali sono le figure che possono contribuire all’attività?
«L’intelligence Economica è parte integrante della Guerra Economica e oltre ad essere attuata dai servizi di sicurezza viene praticata anche da analisti di intelligence non necessariamente legati ai servizi di sicurezza».
Ci chiarisce il concetto di guerra asimmetrica, in cui i rapporti di forza si possono invertire proprio come in Davide contro Golia? L’informazione è l’elemento principale per questo capovolgimento dei rapporti di potere in campo?
«Se collochiamo il concetto di guerra asimmetrica nel contesto della Guerra Economica concettualmente intendiamo fare riferimento a un conflitto che si serve della guerra psicologica (e quindi della disinformazione per esempio), del diritto, delle mobilitazioni di massa per destabilizzare le imprese. In questo ambito non c’è dubbio che la Scuola di Guerra Economica francese fondata da Christian Harbulot abbia attinto dalla esperienza della guerriglia e della guerra psicologica portata in essere dai francesi durante la guerra di Algeria».
Le piccole e medie imprese non sono pronte per affrontare le azioni offensive di attacchi come quelli relativi al furto di informazioni strategiche e vitali. In una realtà come quella italiana come pensa si possa attuare un’educazione all’uso dell’informazione come strumento di sviluppo economico?
«Attraverso una sinergia tra università ed esperti di Intelligence Economica, Camere di commercio e unioni industriali».
Su questo fronte come valuta la preparazione dell’Italia? È al passo con i tempi che delinea all’interno del suo saggio?
«Rispetto alla Francia il ritardo è enorme. Naturalmente uno degli scopi delle pubblicazioni del Cestudec è quello di stimolare il dibattito in Italia. Al di là di qualche Università pubblica (Università Tor Vergata di Roma) e privata (Links Campus di Roma) solo di recente (2012) il Direttore Generale del Dis ha affermato: “Credo che oggi l’intelligence economico-finanziaria sia chiamata non solo a proteggere gli interessi economici nazionali, ma anche a promuoverli, ac¬cendendo i riflettori sul terreno nel quale le nostre aziende operano, in Italia come all’estero, e bonificandolo dagli eventuali pericoli che esso può nascon¬dere. In tale veste, i Servizi di Informazione possono svolgere un preziosissimo ruolo di supporto nei confronti del Sistema Paese, contribuendo in modo fatti¬vo alla riattivazione del processo di crescita e sviluppo del nostro sistema eco¬nomico”. Di maggiore interesse l’intervento di Giovanni De Gennaro – Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica- che il 24 gennaio 2013 presso l’Università di Camerino ha sottolineato : “L’apporto dell’intelligence rappresenta un vantaggio al quale non rinunciano molti dei Paesi con i quali l’Italia si misura. La mancata o insufficiente utilizzazione di questa leva può perciò determinare sensibili limitazioni alle potenzialità competitive del nostro sistema-Paese” ponendo l’enfasi sulla penetrazione straniera in Italia, finalizzata “alla sola acquisizione del know how o a indebolire l’autonomia del Paese in ambiti economici rilevanti per gli interessi nazionali”. Insisto nel sostenere che al di là di queste riflessioni le Camere di commercio e le Unioni Industriali del nostro paese dovrebbero giocare un ruolo di rilievo e dovrebbero attivarsi per fare sinergia».