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Processione con inchino: dopo Oppido nuovo caso a San Procopio? Il sindaco non ci sta

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Secondo il Quotidiano della Calabria la procura avrebbe aperto un’inchiesta. Per Lamberti Castronuovo si tratta però di “baggianate” e promette di denunciare il giornalista

Processione con inchino: dopo Oppido un nuovo caso a San Procopio? Ma il sindaco non ci sta

Secondo il Quotidiano della Calabria la procura avrebbe aperto un’inchiesta. Per Lamberti Castronuovo si tratta però di “baggianate” e promette di denunciare il giornalista

 

 

REGGIO CALABRIA – A distanza di quarantotto ore dal caso dell’inchino della Vara davanti all’abitazione del boss Giuseppe Mazzagatti a Oppido Mamertina, secondo “Il quotidiano della Calabria” un altro caso sarebbe finito sotto la lente della Procura di Reggio Calabria e dei carabinieri e sempre nella diocesi di Oppido-Palmi. L’8 luglio scorso, infatti, altre “anomalie religiose” sarebbero state riscontrate nella festa patronale a San Procopio, piccolo centro della Piana di Gioia Tauro che conta meno di 600 anime.

Durante la processione della statua del patrono San Procopio, a destare l’attenzione degli investigatori sarebbe stata una fermata di qualche minuto davanti all’abitazione di Grazia Violi, la moglie di Nicola Alvaro, 80 anni.

Ad un certo punto la donna si sarebbe avvicinata e avrebbe fatto la sua offerta al santo patrono davanti ad autorità civili e religiose. 

A tutto questo però il sindaco Eduardo Lamberti Castronuovo non ci sta. Per lui si tratta quindi di «baggianate». Proprio per questo ha convocato un consiglio comunale straordinario urgente martedì prossimo: «Chiederò ai cittadini – ha anticipato – di sottoscrivere una denuncia contro il giornalista perché è una montatura».

LA STORIA DI NICOLA ALVARO

Tutti conoscono in paese e nella Piana un personaggio di spessore come Nicola Alvaro. Nel settembre del 1982 venne arrestato con l’accusa di essere stato il killer del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Secondo un testimone l’uomo di San Procopio era colui che fece fuoco la sera del 2 settembre in via Isidoro Carini, a Palermo, contro l’A112 guidata da Emmanuela Setti Carraro e del generale Dalla Chiesa seduto accanto. Successivamente il testimone si rivelò inattendibile e Alvaro venne scagionato dopo un lungo tempo trascorso in isolamento nel carcere di Palmi. A difenderlo dalle accuse ci aveva pensato pubblicamente la moglie. Per Grazia Violi l’unica colpa del marito era stata quella di essere democristiano e per questo motivo veniva attaccato dai comunisti. Ma non si è mai saputo chi e perché organizzò quel clamoroso depistaggio sulle indagini che resta uno dei misteri irrisolti del «caso Dalla Chiesa». Nicola Alvaro è stata successivamente al centro di indagini della Dda sulla cosca egemone di quest’area della Piana di Gioia Tauro.

IN ALLEGATO LA LETTERA DI EDUARDO LAMBERTI CASTRONUOVO