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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 02 MAGGIO 2024

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Porto di Gioia Tauro: le riflessioni di Bruno Morgante

Porto di Gioia Tauro: le riflessioni di Bruno Morgante

“Occorre affrontare i veri problemi o si assisterà ad un lento declino”

Porto di Gioia Tauro: le riflessioni di Bruno Morgante

 

“Occorre affrontare i veri problemi o si assisterà ad un lento declino”

 

“Se non si affrontano i problemi veri della crisi del porto e se non si fanno scelte conseguenti in termini di investimento ritengo ineluttabile che Gioia Tauro si avvii verso un lento declino, quantomeno in termini di attuale ruolo nel transhippment”. E’ quanto afferma in una nota Bruno Morgante. “Sugli appelli e sulle buone intenzioni – continua – così come anche su provvedimenti tampone per abbassare i costi di ancoraggio, prevarranno le convenienze del mercato  e gli interessi delle aziende che, nella situazione attuale tendono a marginalizzare il porto di Gioia Tauro o al massimo farlo diventare il porto di una unica grande compagnia. I punti di forza che hanno fatto velocemente di Gioia Tauro il primo porto del Mediterraneo per movimentazione di contenitori erano: alti fondali idonei per accogliere le grandi navi di nuova generazione; grandi piazzali contigui alle banchine di attracco delle navi, in grado di accogliere e ottimizzare i tempi per la movimentazione di migliaia di contenitori al giorno; posizione baricentrica nel Mediterraneo rispetto alle rotte transoceaniche  Suez- Gibilterra. Questi punti di forza, che sembravano punti di debolezza rispetto alla vecchia concezione dei porti, insieme ad una inaspettata capacità operativa degli operatori portuali calabresi, a dispetto dei tanti che ritengono sbagliato investire in Calabria perché mancano le risorse umane, hanno permesso al porto di Gioia Tauro, di diventare il primo porto del Mediterraneo, in quanto si incontravano, questi punti di forza, con le domande del mercato del movimento di merci in container, che in quegli anni stava rivoluzionando il commercio marittimo internazionale. La grande performance di Gioia Tauro portò benefici a tutto il sistema portuale del Mediterraneo e sicuramente a tutti i porti italiani, che erano in profonda crisi, perché inadeguati strutturalmente ad accogliere le grandi navi di nuova generazione, non disponendo di alti fondali e di grandi piazzali, essendo nati insieme alle città, ma in grado di accogliere le navi feeder con le merci in contenitori provenienti dal Far East e dal Nord America,  trasbordati dalle grandi navi  madre nel porto di Gioia Tauro. In questi anni dai governi nazionali e regionali sono stati fatti convegni, proclami per declamare  Gioia Tauro quale naturale  porta dell’Europa, ma non è stato mai speso un euro per realizzare questa porta, anzi sono state ostacolate le poche e deboli iniziative che tentavano di sperimentare in questa direzione, anche se sono stati spesi molti soldi in progetti, ricerche. L’importante era che rimanessero solo parole e studi, anche se costosi, come intimò il ministro dei trasporti pro-tempore al neo nominato presidente delle ferrovie Necci che sottopose il problema del collegamento ferroviario della rete nazionale con il porto, come lui stesso denunciò in una intervista al Corriere della sera prima di morire senza essere mai smentito. Gioia Tauro doveva rimanere solo un porto di transhippment  e non doveva disturbare, in termini di concorrenza sulla lavorazione delle merci, la riorganizzazione degli altri porti italiani alla luce della rivoluzione in atto del commercio marittimo internazionale. Si disse che queste scelte rispondevano ad una visione complessiva del sistema portuale italiano e del sistema logistico più in generale. Si modernizzò il sistema di collegamento ferroviario e stradale dei porti del centro-nord, si potenziarono i centri intermodali per lo scambio delle merci, se ne costruirono dei nuovi, come quello di Novara collocato sul corridoio europeo Madrid- Marsiglia- Trieste- Berlino. A Gioia Tauro rimase il ruolo di porto hub per alimentare gli altri porti, facendo anche investimenti cospicui in questo senso, quali quelli per l’allargamento del canale o per la costruzione della banchina alti fondali. L’importante era ed è che non si parli, o meglio non si pretendi di operare nella logistica delle merci. Oggi il vantaggio che aveva Gioia Tauro per i suoi punti di forza si è esaurito. A Porto Said, all’uscita del canale di Suez, e a Tangeri, sullo stretto di Gibilterra sono stati costruiti dei porti con alti fondali, con amplissimi piazzali. Sono direttamente sulla rotta Suez-Gibilterrasare e garantiscono costi per ancoraggio e per movimentazione dei contenitori molto più bassi che a  Gioia Tauro. Per gli altri porti europei, compreso quelli italiani, è una riorganizzazione accettabile, perché garantisce comunque il flusso delle merci senza che possa svilupparsi concorrenza, in quanto entrambi i porti sono in Nord Africa e quindi non collegati via terra con il continente europeo, luogo di destinazione e di partenza della quasi totalità delle merci che transitano nel Mediterraneo. Non è un caso che a Porto Said e a Tangeri abbiano investito anche Contsip e Maersk, che sono i maggiori azionisti di Gioia Tauro e tra i maggiori operatori nella logistica delle merci in Italia e in Europa. Sembrerebbe che quello di Gioia Tauro sia un destino segnato. Prima che l’area industriale circostante e il porto siano presi in considerazione solo quale pattumiera d’Italia, sarebbe utile esaminare il quarto punto di forza, che è quello di essere sul continente e quindi in grado di garantire, se operati gli opportuni, non eccessivi, e finalizzati investimenti, un collegamento nelle 24 ore con il centro-nord Europa senza ulteriori rotture di carico, garantendo minori costi, migliore salvaguardia della qualità della merce, minori tempi di transito tra luogo di produzione e cliente finale. Purtroppo l’attuale realtà è che stiamo allargando il canale, investiamo sulle tecnologie più avanzate nelle attuali operazioni portuali, ma il porto è collegato con tutti i continenti  meglio che con l’Europa. Puntare su questo quarto punto di forza è la cosa più difficile perché dipende da scelte politico-economiche, da forza di rappresentanza degli interessi territoriali e noi siamo deboli. Però varrebbe la pena di battersi per questi obiettivi, perché su queste battaglie si forma e si seleziona una forte classe dirigente. Vanno bene gli incontri con il governo per abbattere i costi di attracco per tamponare la situazione, ma una classe dirigente, contemporaneamente,  dovrebbe elaborare un progetto di grande distripark del Mediterraneo,corredato di tutte le strutture necessarie e utilizzando le tecnologie più avanzate, un progetto di collegamento con l’Italia del Nord e con l’Europa sia stradale che ferroviario, agganciando l’alta velocità. Dovrebbe finalizzare alla realizzazione di questo progetto le risorse disponibili e il confronto con il governo nazionale Contemporaneamente dovrebbe avviare una grande operazione di marketing territoriale a livello internazionale per presentare il progetto della Calabria quale grande e naturale piattaforma logistica nel Mediterraneo al servizio dell’Europa”.

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