Ponte sullo Stretto. No other words Emanuele Pecheux commenta il clamore mediatico innescato dalle dichiarazioni del Premier Renzi su una futura realizzazione del Ponte sullo Stretto
Da oltre 40 anni Istanbul, la più grande città della Turchia è unita da un ponte che attraversa lo stretto del Bosforo e permette di collegare le sue due sponde e dunque l’Europa con l’Asia.
Da 33 anni è stato affiancato dal Ponte Fatih Sultan Mehmet.
Un terzo ponte è già in costruzione.
Dall’autunno del 2013 il tunnel ferroviario sottomarino Marmaray connette le parti europee e asiatiche delle linee ferroviarie e le linee della metropolitana della megalopoli turca, conosciuta anche con il nome di “Seconda Roma” (la terza è Mosca che, in quanto ad infrastrutture, neppure scherza).
Dovendo soprassedere, per carità di patria, ad ogni approfondimento sul tema che riguardi la Roma vera (la prima, la nostra) va dato conto dell’apertura di una novella sceneggiata mediatico politica che ci accompagnerà con il consueto corredo di stupidaggini che, nelle prossime settimane, dovremo ascoltare nostro malgrado.
E’ avvenuto che presidente del consiglio italiano Matteo Renzi ha annunciato che il ponte sullo Stretto di Messina si farà, premettendo tuttavia che allo stato delle cose, la sua realizzazione non è purtroppo imminente poiché occorre procedere rapidamente alle opere infrastrutturali di corredo, per così dire, propedeutiche alla realizzazione dell’opera medesima: la sistemazione della disastrata Messina, a cominciare dai problemi idrici, l’ esigenza di portare l’alta velocità ferroviaria anche in Sicilia, la sistemazione definitiva della Salerno Reggio Calabria, ecc. ecc.”.
Insomma l’annuncio di un complesso di interventi infrastrutturali, colpevolmente rimasti nel libro dei sogni per decenni, a favore dello sviluppo di due tra le regioni maggiormente colpite da un perdurante ritardo rispetto alla crescita e allo sviluppo economico e sociale del resto d’Italia.
Ritardo non più accettabile che occorre colmare ad ogni costo.
Apriti cielo! In attesa di conoscere l’opinione del profeta del “buon selvaggio 2.0″ Erri De Luca e sulle istruzioni che intenderà fornire per le prossime campagne di sabotaggio è cominciata la litania mediatica di quelli che Renzi chiama i gufi ma che più prosaicamente andrebbero definiti iettatori: ambientalisti fondamentalisti, columnist benaltristi e infine, neanche a dirlo, i soliti soloni, professionisti dell’antimafia che hanno già preso ad ululare alla luna, omettendo il non trascurabile particolare che il viceministro socialista Riccardo Nencini ha riscritto il Codice degli appalti, che è giunto in prossimità del traguardo al termine di un complesso iter parlamentare, dove ha voluto l’inserimento di norme draconiane funzionali ad evitare infiltrazioni di organizzazioni criminali nella realizzazione delle opere pubbliche.
Il rosario delle obiezioni, del nun se po’ fa, è già lungo: tra le tante, alcune surreali, altre sfacciatamente demagogiche, spiccano le deliranti affermazioni rese dal deputato grillino Riccardo Nuti, peraltro non nuovo ad enunciazioni ispirate dal nichilismo distruttivo del profeta da cabaret di angiporto genovese e dal suo inquietante guru, secondo cui:”Il ponte sullo Stretto non si farà mai, per fortuna, ma sarà la scusa per sprecare milioni di euro in consulenze e progettisti. E ancora: “Pensare di realizzare il ponte vuol dire pensare di aiutare le mafie” (sic!).
Dunque, secondo codesta cima del pensiero politico e antropologico, gli italiani sono inabilitati a progettare alcunché per il semplice fatto che intrinsecamente sono succubi di mafia e camorra.
I’ve no words.
Emanuele Pecheux