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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 01 MAGGIO 2024

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Passava i “pizzini” tra i boss nel carcere di Siano, agente penitenziario arrestato a Catanzaro Un agente di polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Siano è stato arrestato dalla squadra mobile di Catanzaro con l'accusa di concorso in associazione mafiosa per aver fatto da "postino" tra i boss detenuti e l'esterno

Passava i “pizzini” tra i boss nel carcere di Siano, agente penitenziario arrestato a Catanzaro Un agente di polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Siano è stato arrestato dalla squadra mobile di Catanzaro con l'accusa di concorso in associazione mafiosa per aver fatto da "postino" tra i boss detenuti e l'esterno
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CATANZARO – Faceva da “postino” per i boss, almeno questa è l’accusa per cui un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere catanzarese di Siano, Luigi Petruzza, 53 anni, è stato arrestato dalla squadra mobile di Catanzaro. Secondo gli inquirenti l’uomo, che formalmente dovrà rispondere del reato di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione aggravata dalla finalità mafiosa, avrebbe agevolato le comunicazioni interne al carcere tra detenuti della cosca Giampà di Lamezia Terme oltre ad aver portato pizzini per favorire il passaggio di informazioni tra gli affiliati reclusi e quelli liberi.

Il provvedimento restrittivo nei confronti di Petruzza è stato emesso dal gip distrettuale alla luce delle indagini condotte dalla squadra mobile di Catanzaro diretta da Rodolfo Ruperti, e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia finalizzate a riscontrare le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia in passato esponenti di spicco del clan Giampà. In particolare sono stati il capocosca Giuseppe Giampà, 35 anni, e la moglie Francesca Teresa Meliadò (29), nipote di Petruzza, a parlare delle presunte responsabilità dell’agente della polizia penitenziaria. Quest’ultimo, secondo l’accusa, in più circostanze si sarebbe reso disponibile a consegnare le direttive scritte in carcere da Giuseppe Giampà agli affiliati liberi ed a recapitare le relative risposte all’interno della Casa circondariale. Per le sue prestazioni, secondo l’accusa, l’agente avrebbe ricevuto beni e servizi a titolo gratuito da parte di alcuni affiliati alla cosca Giampà.