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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 15 DICEMBRE 2024

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Opposizione alla modifica dell’art.18: questione logica non ideologica !

Opposizione alla modifica dell’art.18: questione logica non ideologica !

| Il 23, Mar 2012

“Monti vuole imporre un modello sociale diseguale e ingisto”, e ciò che afferma Cetty Cuzzocrea (Sinistra Eecologia e Libertà)

Opposizione alla modifica dell’art.18: questione logica non ideologica !

“Monti vuole imporre un modello sociale diseguale e ingisto”, e ciò che afferma Cetty Cuzzocrea (Sinistra Eecologia e Libertà)

 

 

Riceviamo e pubblichiamo:

Non chiamiamolo più governo tecnico. Con la cd “riforma del lavoro” è chiaro che a Monti è stato affidato il compito che Berlusconi non aveva più alcuna credibilità per assolvere: imporre un modello sociale sempre più diseguale e ingiusto. Peccato, ci eravamo appena liberati da quei visi plastificati e falsamente sorridenti che entravano nelle nostre case attraverso la TV ai tempi del governo Berlusconi, a riposare le nostre orecchie dai deliri urlati nei talk show, a farci abbindolare dal pianto della Fornero, a credere nel Governo che salvava l’Italia (da chi poi se non da se stessa?).

Altro che opposizione ideologica alla modifica dell’art. 18, si tratta piuttosto di un’opposizione LOGICA. Con una sola elegante stoccata Monti stringe in un angolo il PD e lo inchioda alle sue responsabilità. Da buon economista, con un ottimo rapporto costi-benefici, riesce a soddisfare la destra unendo l’utile al dilettevole: si riducono i diritti dei lavoratori e si cerca di annientare ogni credibilità al centrosinistra in parlamento. Con un sol colpo la destra ottiene finalmente ciò che aveva in programma di fare senza sporcarsi le mani. A pensarci prima si poteva fare lo stesso con la riforma Gelmini che oggi si poteva chiamare riforma Profumo con i medesimi effetti devastanti sulla qualità dell’istruzione e sull’occupazione. Almeno, quando le diceva il governo Berlusconi, le bugie si potevano facilmente smascherare, non aveva la spocchia di “quellichesannoquellochefanno”, ma era ben chiaro a quali interessi rispondeva. Ma ai comuni mortali, sottoposti al terrorismo psicologico di finire come la Grecia, forse non appaiono chiari gli effetti devastanti di una riforma del lavoro fatta con i guanti di velluto ma pur sempre al cianuro per i lavoratori. Non possiamo sentirci dire che per poter assumere di più bisogna licenziare meglio né che per liberarci dal lavoro precario in entrata bisogna rendere precari quelli che il lavoro ce l’hanno già. Non vale nemmeno sostenere che “ce lo chiede l’Europa”.

Attualmente l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (che si applica alle imprese con almeno 15 dipendenti) prevede che a fronte di un ingiusto licenziamento è diritto del lavoratore riottenere il posto di lavoro e la corresponsione di tutti gli stipendi dal licenziamento alla reintegrazione. Il progetto di riforma distrugge questo sistema di protezione, limitando la tutela reale solo ad alcune tipologie di licenziamento che si verificano più raramente, come il licenziamento discriminatorio. Quanto poi al cd. licenziamento disciplinare, con il vigente sistema, una volta accertata l’illegittimità del licenziamento, il Giudice dispone il reintegro del lavoratore e la condanna del datore di lavoro al pagamento di tutti gli stipendi dal licenziamento al reintegro. Con la riforma si elimina il diritto alla reintegra, che viene limitata ai soli casi più gravi determinati nei Contratti Collettivi e si introduce, sempre per questi casi, una soglia per la risarcibilità in un massimo di 12 mensilità. In tutte le altre ipotesi di ingiusto licenziamento, invece, l’impresa se la potrà cavare corrispondendo unicamente un indennizzo al lavoratore illecitamente licenziato, senza dover procedere alla sua riammissione in servizio.

Infine, si riforma anche il cd. licenziamento per motivi economici. Anche in questo caso, con la riforma si nega il diritto alla reintegra, sicché il Giudice può disporre, in caso di nullità del licenziamento, solo un risarcimento economico fino a un massimo di 27 mensilità.

Un datore di lavoro nel momento in cui licenzia un lavoratore per motivi discriminatori (perché, è comunista, sindacalista, omosessuale, antipatico, ecc.) non giustificherebbe mai tale condotta adducendone la ragione effettiva, ma si limiterebbe a sostenere che il licenziamento è motivato dall’esigenza di procedere ad una ristrutturazione aziendale dettata da motivi economici.

Per licenziare un lavoratore “scomodo”, sarà sufficiente sostenere che l’Azienda ha soppresso un’attività produttiva.

Nel caso che il licenziamento sia dichiarato illegittimo, il datore di lavoro sarà condannato, solo, a corrispondere una somma forfetizzata, mentre il lavoratore si ritroverà disoccupato.

Oggi si sta consumando la distruzione dei principi base della nostra comune convivenza civile. Non è tanto l’idea di riscrivere le modalità di gestione nei rapporti di lavoro, sarebbe stato comprensibile discutere di come estendere anche ai precari le tutele e le garanzie già esistenti per i, pochi, lavoratori a tempo determinato. Il tema ideologico è rompere il criterio della reintegrazione, mercificando un diritto. E’ come stabilire che chi ruba non debba restituire il maltolto, ma semplicemente indennizzare il rapinato. La riforma Monti è, nella sua essenza, eversiva dei principi storici del diritto del lavoro e dei valori di solidarietà e di tutela di cui è esso è espressione nel nostro paese.

Ecco cos’erano le lacrime della Fornero, erano “lacrime di coccodrillo”, modo di dire che si applica a chi, dopo averne combinata una, travolto dalle conseguenze inattese o più gravi del previsto, si pente di aver male operato. Questa volta però le lacrime erano a scopo preventivo, mal celando il compito che la Ministra si accingeva a svolgere su commessa. Ora le lacrime dovremo versarle noi comuni lavoratori, mentre i padroni sono stati, ancora una volta, ben serviti.

Cetty Cuzzocrea, Componente Coordinamento provinciale “Sinistra Ecologia e Libertà”