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TAURIANOVA (RC), VENERDì 19 APRILE 2024

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Operazione Magma, cade il 416 bis per Bujar Sejdinaj alias “lo zio” L'albanese, difeso dagli avvocati Casella e Ruffa, a novembre era estradato e tradotto da Tirana al carcere di Rebibbia

Operazione Magma, cade il 416 bis per Bujar Sejdinaj alias “lo zio” L'albanese, difeso dagli avvocati Casella e Ruffa, a novembre era estradato e tradotto da Tirana al carcere di Rebibbia

GIOIA TAURO – Si attenua rispetto all’iniziale ipotesi accusatoria la posizione di Bujar Sejdinaj, cittadino albanese considerato uomo di fiducia del clan di ‘ndrangheta dei Bellocco, che sfuggì alla cattura dopo essere finito tra gli indagati dell’inchiesta “Magma”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, la cui connessa operazione permise di smantellare un’organizzazione mafiosa facente capo proprio ai Bellocco di Rosarno, ‘ndrina operante nella Piana di Gioia con interessi criminali estesi anche in Emilia Romagna, Lazio e Lombardia. Gli arresti effettuati dalla Guardia di Finanza reggina, in collaborazione con i colleghi dello SCICO di Roma, per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti e detenzione illegale di armi, furono in tutto 45. Nei giorni scorsi, il Tribunale del Riesame, accogliendo parzialmente il ricorso presentato dagli avvocati difensori Giuseppe Casella e Antonio Ruffa per la riformulazione della misura cautelare applicata, ha infatti eliminato nei confronti di Sejdinaj l’aggravante del 416 bis 1 c.p. (aggravante dell’agevolazione mafiosa) annullando in parte l’ordinanza di custodia cautelare; un risultato che, di certo, cambia completamente le relative dinamiche processuali. Come si ricorderà, oltre a portare alla luce gli “affari” criminali della famiglia Bellocco, molto attiva nel traffico internazionale della cocaina che importava dai potenti cartelli dei narcos sudamericani grazie alle sue rilevanti disponibilità finanziarie e a una “fiducia” che gli derivava da un riconosciuto spessore criminale, gli inquirenti addebitarono a Bujar Sejdinaj (alias “lo zio”) il ruolo di emissario dei malavitosi calabresi nell’area dei Balcani accusandolo, tra l’altro, di aver curato l’acquisto di una partita di coca proveniente dalla Spagna. Riparato all’estero per qualche mese, la latitanza del Sejdinaj si era però interrotta la scorsa estate in Albania, dove fu arrestato in seguito a un’attività di cooperazione internazionale denominata I-CAN (Interpol Cooperation Against ‘Nrangheta) promossa dall’Italia insieme ad Interpol. Lo scorso mese di novembre, Sejdinaj fu estradato e tradotto da Tirana al carcere di Rebibbia.

Nella foto di copertina l’avvocato Giuseppe Casella. In basso, il collega Antonio Ruffa