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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 28 APRILE 2024

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Nesci (M5s): “Su ritorno al voto interrogato il Governo” Per la parlamentare è "doveroso" in Calabria ritornare alle urne

Nesci (M5s): “Su ritorno al voto interrogato il Governo” Per la parlamentare è "doveroso" in Calabria ritornare alle urne
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Sul possibile ritorno alle urne in Calabria dopo la recente sentenza della Corte costituzionale in merito alla legge elettorale abruzzese, la deputata M5s Dalila Nesci ha presentato immediatamente un’interrogazione alla Camera, chiedendo «quali iniziative di competenza il governo intenda assumere per assicurare che i calabresi abbiano al più presto organi di governo costituzionalmente legittimati». A riguardo, la parlamentare Cinque stelle spiega: «Il governo Renzi deve chiarire subito la propria posizione sulla vicenda calabrese, analoga a quella dell’Abruzzo, sia perché non è ammissibile una mancanza di legittimazione giuridica del presidente e dei consiglieri regionali, sia per evitare che in Calabria ci siano lungaggini e speculazioni come quelli avvenuti dopo la decadenza del precedente governatore, Giuseppe Scopelliti». «Capisco – prosegue la parlamentare M5s – che per il potere sia stata una doccia fredda la notizia dell’incostituzionalità della legge abruzzese in questione, approvata in prorogatio come quella elettorale calabrese e con precisa censura della Corte costituzionale. Non ci si può nascondere dietro a un dito, adesso anche in Calabria si deve tornare a nuove elezioni, intanto per salvaguardare le istituzioni, che non sono cose private». Nesci conclude: «Proprio perché il presidente del Consiglio ha detto che la Calabria è una priorità del governo centrale, ci auguriamo di avere in tempi rapidissimi risposta alla nostra interrogazione, in modo che si sciolga presto ogni dubbio sulla permanenza degli attuali giunta e consiglio regionale».

INTERROGAZIONE:

NESCI. — Al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Interno — Per sapere – premesso che: la Corte costituzionale ha stabilito, con sentenza n. 81/2015 depositata il 15 maggio c.a., «l’illegittimità costituzionale» della legge elettorale della Regione Abruzzo (la n. 25 del 28 aprile 2014); in base alla succitata sentenza, le ultime elezioni regionali abruzzesi sono da annullare perché i cittadini hanno votato con una legge elettorale emanata da un consiglio regionale «in regime di prorogatio»; la Corte costituzionale ha stabilito, nella riferita sentenza, che tutte le leggi approvate che esorbitano dai limiti della «ordinaria amministrazione», o dalla categoria degli «atti urgenti dovuti», sono nulle perché violano l’articolo 123 della Costituzione, prima comma, secondo cui «Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento»; secondo quanto si legge nel dispositivo della sentenza in parola, «l’istituto della prorogatio riguarda, in termini generali, fattispecie in cui “coloro che sono nominati a tempo a coprire uffici rimangono in carica, ancorché scaduti, fino all’insediamento dei successori” (sentenza n. 208 del 1992; nello stesso senso, sentenza n. 64 del 2015). Questa Corte ha poi chiarito, con specifico riferimento agli organi elettivi, e segnatamente ai Consigli regionali, che “[l]’istituto della prorogatio, a differenza della vera e propria proroga (cfr., rispettivamente, art. 61, secondo comma, e art. 60, secondo comma, Cost., per quanto riguarda le Camere), non incide […] sulla durata del mandato elettivo, ma riguarda solo l’esercizio dei poteri nell’intervallo fra la scadenza, naturale o anticipata, di tale mandato, e l’entrata in carica del nuovo organo eletto” (sentenza n. 196 del 2003; nello stesso senso, sentenze n. 44 del 2015 e n. 181 del 2014)»; nel dispositivo summenzionato, la Corte ricorda anche altre sentenze in cui già era stato ribadito «il proprio costante orientamento», secondo il quale in questa fase, i Consigli regionali «dispongono di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza» (sentenza n. 468 del 1991), pertanto, in mancanza di esplicite indicazioni contenute negli statuti, devono limitarsi al «solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili». Essi, inoltre, devono «comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori» (sentenza n. 68 del 2010); la Consulta specifica dunque che, nonostante «la disciplina della eventuale prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni […] sia oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della Regione», comunque gli statuti «dovranno essere in armonia con i precetti e con i principi tutti ricavabili dalla Costituzione» (sentenza n. 196 del 2003, sentenza n. 304 del 2002); a scanso di equivoci, nel dispositivo si specifica che, nella fattispecie, mancherebbe anche il requisito della necessità e dell’urgenza «che legittima il consiglio regionale a esercitare i propri poteri in regime di prorogatio». Tale requisito, tuttavia, «evoca l’esigenza che l’intervento normativo sia adottato nell’immediatezza della grave situazione alla quale esso intende porre rimedio, perché diversamente verrebbero travalicati i limiti connaturati all’istituto della prorogatio, che implicano non soltanto la gravità della situazione che forma oggetto dell’intervento, ma anche la sua improcrastinabilità». È illegittima – per contrasto con il già ricordato articolo 123 – pertanto la riforma della legge elettorale; la Regione Abruzzo non sarebbe l’unica a dover tornare al voto, poiché, come scrive il giornalista Paolo Pollichieni su «Il Corriere della Calabria», «le censure mosse alla Regione Abruzzo […] sarebbero esattamente sovrapponibili alla situazione registratasi in Calabria, laddove il consiglio regionale uscente, guidato dall’ineffabile presidente Franco Talarico, ha modificato la legge elettorale e legiferato su materie che erano tutt’altro che “urgenti” o “indifferibili”»; già nella sentenza del Tar Calabria, sezione di Catanzaro, n. 519 del 20 marzo c.a., che ha disposto «l’immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni, alla Corte Costituzionale», si giunge peraltro alla medesima conclusione; a riguardo si legge, nella ricordata sentenza del Tar, che «il “dubbio” sulla costituzionalità» della legge elettorale della Regione Calabria (n. 19 del 12 settembre 2014) sorge innanzitutto «con riguardo all’art. 123 Cost, interpretato nel senso che, nel periodo di prorogatio di un organo legislativo – quale il Consiglio regionale sciolto per effetto delle dimissioni del Presidente della Regione – tale organo sia titolare unicamente “delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili” (sentenza Corte Cost. n. 68 del 2010), essendo connaturale a tale istituto proprio la limitazione dei poteri degli organi regionali, anche laddove non espressamente previsti dallo Statuto regionale; attribuzioni limitate in forza della deminutio della rappresentatività politica dell’organo legislativo “in scadenza” e tra le quali non può intendersi ricompresa l’adozione di una legge elettorale»; oltretutto, la nuova legge elettorale della Calabria ha colpito fortemente la democrazia, in quanto a rappresentatività –: quali iniziative di competenza il governo intenda assumere per assicurare che i calabresi abbiano al più presto organi di governo costituzionalmente legittimati.