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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 01 MAGGIO 2024

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L’onestà civile e politica di Costa Gavras Omaggio di Emanuele Pecheux al regista greco che compie 82 anni

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La Confessione. Finale di P_S_I

Con l’inglese Ken Loach è espressione di una generazione di cineasti che hanno privilegiato l’impegno sociale e politico riuscendo a richiamare l’interesse del grande pubblico su temi scottanti con film di grande onestà civile che, in particolare nel caso di Gavras, hanno la struttura e il ritmo dei thriller.
Fu il padre, originario di Odessa (Ucraina) e militante nella Resistenza durante la Seconda guerra mondiale, a influire sulle scelte politiche e sia pure non direttamente sulla vocazione di cineasta di Costa Gavras, nato nei pressi di Atene.
Studente a Parigi, influenzato da quei segmenti della gauche francese incline al libertarismo e non al dogmatismo del Pcf (studiò e apprese il know how cinematografico alla scuola di calibri come Renè Clement e Renè Clair), nel corso degli anni Gavras ha saputo dare di sé l’immagine dell’uomo e dell’artista fortemente impegnato politicamente ma contemporaneamente anticonformista e insofferente alle convenzioni e ai codici non scritti quanto rigorosi del cosiddetto cinema impegnato.
Nella sua filmografia ne ha avute per tutti: dai colonnelli greci ai dittatori dell’America latina, dai criminali nazisti a chi offrì loro protezione.
Insomma una carriera quella di Gavras spesa nel nome della libertà e nella difesa dei diritti civili e politici che nel XX secolo furono calpestati a destra come a sinistra.
Uno dei suoi film più riusciti, La Confessione, è anche la rappresentazione del ripensamento sulla militanza comunista sua e dei due interpreti principali: la coppia di artisti icona dei comunisti francesi Yves Montand e la moglie Simone Signoret. Fu il film dello scandalo e delle scomuniche perché infranse il tabù secondo cui criticare la sinistra e smascherare i crimini perpetrati in Unione Sovietica e nelle cosiddette democrazie popolari significava fare il gioco della destra.
L’accoglienza entusiasta, soprattutto da parte della sinistra europea non legata al mito dell’Urss al film ruppe la cortina del silenzio e delle omissioni conformiste e dimostrò che stavano maturando i tempi del cambiamento
Costa Gavras narra la tragedia di Artur London, viceministro degli esteri che con Rudolf Slansky e altri 12 dirigenti comunisti cecoslovacchi fu arrestato nel 1951, accusato di tradimento e sionismo (l’ossessione senile di Stalin), torturato, processato l’anno successivo e condannato.
Il film, sceneggiato da George Semprun, sulla base del libro denuncia pubblicato dallo stesso London, che fu rilasciato e riabilitato dopo la destalinizzazione, rientra in quel filone di cinema d’inchiesta di matrice storica di cui il regista greco è stato un maestro. Con “Z. L’orgia del potere” (sul golpe militare che instaurò il regime dei colonnelli in Grecia) dell’anno precedente e “Missing. Scomparso” (sulla scomparsa di un giornalista in Cile dopo il golpe del 1973) rientra una sorta di trilogia quasi di taglio documentaristico sulla degenerazione del potere e sul dispotismo.
La Confessione, girato nel 1970, dunque poco tempo dopo l’invasione della Cecolovacchia da parte dei sovietici, attirò al regista durissime critiche da parte dei partiti comunisti occidentali. Il regista greco, uomo di sinistra, ma spirito libero e amante della libertà non se ne dette per inteso e continuò a costruire un cinema in cui diritti, giustizia e verità storica sono rimasti i fondamenti in cui la sua opera è proseguita.

Emanuele Pecheux