Locri, inaugurato museo archeologico “Palazzo Nieddu” Un piano del museo è dedicato ai reperti provenienti dalla realizzazione della nuova strada stradale della 106 'Jonica' nel tratto compreso tra Marina di Gioiosa Jonica e Sant’Ilario allo Jonio a Reggio Calabria
Oggi è stato inaugurato il nuovo polo museale di ‘Palazzo Nieddu’ a Locri. Un intero piano è stato dedicato alle importanti scoperte archeologiche effettuate nel corso della realizzazione della nuova strada stradale della 106 ‘Jonica’ nel tratto compreso tra Marina di Gioiosa Jonica e Sant’Ilario allo Jonio.
Grazie alle indagini Anas, sono stati aggiunti importanti tasselli nella ricostruzione del storia del popolamento del territorio e sono emerse anche importanti e singolari testimonianze che rappresentano un unicum nel panorama del patrimonio archeologico dell’Italia Meridionale accrescendo così il panorama della conoscenza e si implementando la valorizzazione dei territorio nazionale laddove i cantieri stradali consentono di portare alla luce una parte della straordinaria storia del nostro paese.
Ne sono un esempio la singolare fortificazione del Bronzo antico, datata agli inizi del secondo millennio a.C. rinvenuta a Siderno in località Santimarini e il complesso insediativo di età greca (VII-IV secolo a.C.) ubicato alle porte dell’antica città di Locri Epizefiri, in località Canneti. In quest’ultimo sito il rinvenimento dei resti carbonizzati di una piccola imbarcazione costituisce il fulcro di uno straordinario quanto peculiare atto rituale che, praticamente sconosciuto archeologicamente, testimonia una eccezionale procedura funerario-cultuale legato al mondo della religiosità antica.
Si conferma pertanto l’importanza dei risultati che solo le sinergie messe in atto dagli Enti preposti (Anas, Soprintendenze, Musei, Regioni, Comuni, ecc…) possono trasformare la scoperta archeologica da “intoppo” in occasione di conoscenza, valorizzazione e sviluppo di interi comparti territoriali.
Nel corso dei lavori della variante della nuova SS 106 (2007-2012) si è messo in atto un percorso collaborativo tra Anas e l’allora Soprintendenza Archeologia della Calabria per consentire da un lato, la prosecuzione dei lavori stradali senza dover considerare il ritrovamento archeologico un intralcio alla realizzazione dell’opera e dall’altro, l’importanza e le ragioni della scoperta archeologica vista come occasione di conoscenza e mezzo di valorizzazione del territorio, intesa dunque come risorsa del paese.
Ma la collaborazione messa in atto è andata ben al di là dell’intervento archeologico strictosensu mettendo in atto una programmazione strategica che ha individuato nelle indagini archeologiche solo il primo passo di un intervento globale finalizzato al completamento di un iter comprensivo dello studio, del restauro, della fruizione dei beni e della loro divulgazione.
A conclusione delle indagini sul campo è stato effettuato il lavaggio e la prima inventariazione del materiale mobile recuperato ed è stata realizzata ad hoc una struttura all’interno del Parco Archeologico di Locri Epizefiri atta ad ospitare in maniera permanente i manufatti e a consentire al tempo stesso i necessari e opportuni interventi di restauro, analisi e studio dei materiali. Ulteriore frutto di questo antesignano accordo sinergico tra le parti è anche l’edizione dei risultati delle indagini cui è dedicato il volume di prossima pubblicazione “Tra il Torbido e il Condojanni. Indagini archeologiche nella Locride. I lavori Anas per la nuova Statale 106 trova spazio nell’ambito della collana editoriale “I percorsi dell’archeologia” presentata a Roma nei giorni scorsi e che ha già visto la nascita del volume “L’archeologia si fa strada. Scavi, scoperte e tesori lungo le vie d’Italia”.
La collana editoriale, insieme al Protocollo di intesa stipulato tra Anas e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, sono importanti traguardi per l’azienda, resi possibili grazie ad ArcheologOnlus, l’associazione no profit di Anas nata per reperire i fondi da destinare al restauro e alla valorizzazione dei reperti archeologici rinvenuti nel corso della realizzazione delle infrastrutture stradali, contribuendo in tal modo alla promozione della storia, della cultura e del turismo.
Nello specifico, il protocollo tra Anas e Mibact, finalizzato a strutturare il binomio infrastrutture e archeologia come strumento di programmazione strategica ai fini della conoscenza e valorizzazione delle specificità culturali del territorio nazionale sancisce in Calabria (prima nell’area dei Piani della Corona a Bagnara Calabra, sul versante tirrenico, e poi nella Locride) quello che era già stato sperimentato: trovare un accordo perché l’archeologia non costituisse un intoppo alla realizzazione dell’opera ma una risorsa, elemento di conoscenza e strumento per il potenziamento e la crescita culturale e sociale del territorio e per la sua valorizzazione. A questo si aggiunge, nel caso locrese, l’anticipazione di un altro fattore importante ossia la presenza dell’archeologo “di cantiere”, figura altamente specializzata capace di assicurare il monitoraggio dei lavori sul campo sotto la supervisione della stazione appaltante, profilo professionale che oggi il protocollo Anas-Mibact introduce di fatto nell’ambito della gestione dei lavori.