Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), VENERDì 26 APRILE 2024

Torna su

Torna su

 
 

L’invidia ed il nulla

L’invidia ed il nulla

Riflessione filosofica dell’avvocato Cardona

L’invidia ed il nulla

Riflessione filosofica dell’avvocato Cardona

 

 

Un sentimento molto comune e presente a tutte le latitudini è l’invidia.
Le neuroscienze verificano che è qualcosa di simile ad un dolore fisico, per il cattolicesimo è uno dei 7 peccati capitali, per il buddismo è il fattore mentale che porta all’odio, infine, per l’islam appartiene a chi non professa la religione islamica.
L’invidia è ambiguamente confusa con la gelosia, l’avidità e il rancore ma è un’emozione diversificata che secondo una interpretazione colpisce: “L’inferiore che non sta al suo posto”, il “subalterno” per status o per possibilità che ambisce a migliorare ma incanala questo desiderio nel modo errato.
Sintomi che segnalano l’invidia:
– si “denigra” portando svantaggi a persone che nemmeno si conoscono;
– si “critica” immotivatamente il pensiero espresso in contrasto con l’invidioso;
– si “epiteta” blaterando locuzioni avversative dell’umano vivere civile;
– si “mente” pur di esprimere concetti notoriamente falsi e di pubblico dominio.
Aristotele affermava che “noi invidiamo coloro il cui successo riecheggia come un rimprovero fatto a noi”.
Secondo altri studiosi l’invidia germina da un sentimento di profonda frustrazione di chi non è appagato dal proprio status (sociale, psico-fisico, sentimentale, economico ecc.), e invece di cambiare in meglio il proprio status si affida al livore verso gli altri, mettendo in atto strategie infide per chinare la loro reputazione: denigrare, criticare, svalutare, insultare, ingiuriare, sporcare, ecc.
Certamente l’invidia patologica o maligna comporta la regressione del sentimento al suo stato primordiale, cioè ad uno stato fatto di ostilità, odio intenso, avversione e aggressività molto esplicita con annessa visione distorta della realtà che conduce a reazioni aggressive non necessariamente sul piano fisico, bensì sul piano psicologico.
Anticamente l’ostracismo o petalismo, che ad Atene si determinava attraverso l’iscrizione nel guscio di un’ostrica del nomen del cittadino che fosse sospettato di aspirare alla tirannide e nella greca Siracusa nella foglia (petalo) dell’albero d’ulivo e comportante la condanna a dieci anni d’esilio, oggi viene caratterizzata e configurata penalmente con gli istituti giuridici della ingiuria, diffamazione e calunnia.
Ma a chi la date a bere, credete forse di trovarvi dinanzi a crapuloni che prestano fede a tutte le vostre fandonie, corbellerie ed inverosimiglianze; Massimo D’Azeglio scriveva: “La vera e utile gloria (n.d.r. rappresentatività politica) non si acquista col nascere da questo o da quello, ma viene dalla probità, dall’ingegno, dal senno, dalla grandezza dell’animo”.
La manna o panacéa che è discesa illegittimamente dal settimo cielo dal padre della medicina Esculapio, ha ingozzato alcuni reprobi ai quali non rimarrà altro che autosomministrarsi la polverina che ricavata da cadaveri rinsecchiti, ovvero mummie dall’arabico mum, nel 1500 attribuivasi la più miracolosa efficacia fisiologicamente evacuativa.
Per chiosare, nullità antropomorficaménte ectoplasmatiche, sappiate che così operando fomenterete solo l’accamparsi sotto la tenda del mitico Achille ad aspettare in lontananza la misera fine del Tersìte di turno, che, stupendamente descritto da Omero nell’Iliade: “di dolor macerato e di paura, col dosso della man si terse il pianto”.