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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 08 MAGGIO 2024

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L’inferno della Ciambra

L’inferno della Ciambra

Quali le colpe? Quali le sentenze? Chi i giudici? Chi gli aguzzini? Urgono interventi per attenuare l’apartheid e proteggere i giovani 

di LUIGI MAMONE

L’Inferno della Ciambra

Quali le colpe? Quali le sentenze? Chi i giudici? Chi gli aguzzini? Urgono interventi per attenuare l’apartheid e proteggere i giovani

 

di Luigi Mamone

 

 

Sei vite umane. Sei cuori che battono e pulsano. Sei anime. Sei esseri invisibili. Mani che tremano . Occhi che ti guardano sgomenti . Sei storie di una vita non vissuta, di una esistenza negata, segnata da un annichilimento inammissibile, da una barbarie inimmaginabile. Quali le colpe? Quali le sentenze? Chi i giudici? Chi gli aguzzini ? Chi i carnefici ? La distratta società del consumismo , troppo facilmente crea alibi e si autoassolve dalle proprie colpe. Fra queste una delle più gravi, espressione di fariseismo, è stata quella di relegare le tribù ROM in agglomerati periferici: gruppi di case popolari loro concesse o – spesso – occupate d’iniziativa dai nomadi che hanno così mantenuto intatti, in un diverso habitat d’allogio, i crismi di una cultura tribale che se ha avuto un senso in epoche lontane, oggi non può più resistere al modernismo , alla globalizzazione, alle sue spinte razionalizzatrici. La Ciambra di Gioia Tauro, nella quale le forze di Polizia Giudiziaria si sono recate, pare, non perché avessero avuto sentore di sei giovani ridotti in una condizione vergognosa di oltraggio alla dignità umana, ma solo – più prosaicamente – per verificare i contatori dell’ENEL che in massima parte, con artifici, erano stati manomessi o posti in condizioni di sottoconteggiare il consumo. Da questa esigenza, – figlia del capitalismo – è casualmente emersa la condizione di brutale vessazione in cui erano ridotti sei giovani ROM. Con la responsabilità dei carcerieri e la complicità dell’intera comunità che non poteva “non sapere”. Sono poche le notizie che trapelano . Si sa che tutti – senza tener conto delle condizioni di igiene in cui versavano – hanno problemi di malnutrizione , atrofia muscolare, fonetizzazione, della stessa capacità di relazionarsi con gli altri, esseri della loro ( e nostra ) specie , di stare in piedi, di mangiare con l’utilizzo di posate, di vestirsi. Uno in particolare , verosimilmente in condizioni più gravi e preoccupanti , pare sia stato ricoverato nel reparto di Psichiatria dell’ ASP 5 a Polistena. Secondo voci – da verificare – le condizioni di vita in cui era stato costretto lo hanno segnato indelebilmente: la spina dorsale curvata a forza di non fare alcun movimento e di restare praticamente sempre accucciato, ranniccchiato, seduto in terra, capo chino sulle ginocchia, problemi motori e di atrofizzazione dei muscoli . Oltre a ciò – pare – che tutti abbiano avuto forti difficoltà a rivedere la luce essendo i loro occhi ormai abituati a una perenne oscurità. I loro aguzzini sarebbero stati identificati e arrestati dai militari intervenuti, insieme ad un ulteriore cospicuo numero di altri soggetti, circa 50, responsabili “solo” di furto di energia elettrica e che il giorno successivo , dopo la convalida in Tribunale , sono stati quasi tutti mandati ai domiciliari. Nuovamente in quella Ciambra che, a beneficio di chi non la conosca, è un vero girone dell’inferno dantesco. Alla Ciambra si arriva percorrendo un tratto di strada di campagna delimitata da due siepi selvagge dopo essersi lasciati alle spalle alcune fra le eleganti ville espressione della grandeur gioiese degli anni ’80 e ’90 del secolo scorso ed aver oltrepassato una antica fornace di mattoni . Da qui ci si inoltra fra le campagne fino a una traversa poderale (a sinistra per chi viene dall’abitato di Gioia) che immette in un sentiero sterrato che conduce ad un gruppo di case ATERP , peraltro di non remota costruzione, ridotte in condizioni di fatiscenza e degrado inenarrabili. Qui vive la comunità ROM della Ciambra. Davanti alle palazzine carcasse di macchine incidentate, smontate, pezzi di motore, ruote di camion. Odori di ogni possibile sporcizia , grandi pozzanghere fetide nelle quali l’acqua insozzata dal passaggio di autoveicoli ristagna frammista a chiazze di carburante e olio esausto . Oltre, campagne semi-abbandonate. Tutt’intorno brusìo , animazione, allarme: “Un forestiero , forse un nemico, comunque un estraneo alla societas tribale della Ciambra sta transitando in macchina !. ” Meglio sarebbe stato farsi accompagnare, L’uscita dal ghetto avviene fra due ali di gente che guarda curiosa e con grinte non del tutto tranquillizzanti mentre altri in uno spiazzo fra due palazzine – sul far della sera , dopo aver dato fuoco a una ruota di autocarro all’interno della quale bruciano cartoni e pezzi di legno – si riscaldano intorno a quel falò. Tutti in cerchio a respirare diossina . In queste condizioni di degrado è maturata la tragedia dei sei prigionieri della Ciambra. Parlare di “sequestro di persona” è riduttivo. E’ un termine troppo asettico per dare la misura della atrocità della condizione dei sei ragazzi in un contesto dove tutti sanno tutto di tutti. Perché? La domanda allo stato è senza risposta. Alla Magistratura il dovere di accertare la verità e di punire – senza attenuanti – i colpevoli. Altre risposte su come lenire la condizione di apartheid di queste comunità – alla Ciambra di Gioia o a Ciccarello di Reggio o a Catanzaro o a Cosenza la differenza è poca – si potrebbero dare. In primo luogo attenuare il livello di concentrazione abitativa – allontanando i nuclei familiari ROM al fine di ridurre fino ad annullarla la forza aggregante del vincolo tribale obbligando – di fatto – le famiglie di etnia ROM a vivere e a integrarsi in consorzi civili diversi dalla tribù. Maggiore intervento sociale : assistere fin dalla nascita i bambini ROM inserendoli da subito , con sottrazione alle loro famiglie d’origine – se ritenute a rischio – in comunità di crescita educazione e studio. Non si possono perpetuare a cuor leggero le condizioni che consentono a questi bambini , generazione dopo generazione , di restare i paria della società consumistica. Diversa ulteriore necessità è quella di creare le condizioni affinché la cultura ROM possa proseguire lecitamente le attività tipiche ritenute non degradanti quale la raccolta dei rifiuti ferrosi. Per i ROM , ancora oggi spesso analfabeti, refrattari comunque alla burocrazia, sarebbe necessario creare strumenti particolarmente semplici che garantiscano loro la possibilità di lavorare nella raccolta e nel riciclaggio dei rifiuti, Potrebbero ipotizzarsi delle cooperative che con una unica autorizzazione valida per tutti i soci cooperatori consentano senza rischi lo svolgimento di questa attività, comunque importante per lo smaltimento di particolari rifiuti, speciali non pericolosi, come le carcasse di auto e di elettrodomestici. Tantissimi sono stati i ROM che hanno visto questo loro umile lavoro – grazie al quale però sopravvivevano senza rubare – interrotto a seguito del sequestro – per giunta finalizzato alla confisca – delle loro vecchie motoapi o dei camioncini sui quali avevano raccattato rifiuti raccolti in strade , campagne e letti di fiume : luoghi protetti nei quali – gli altri – i non zingari, i civilizzati – invece li abbandonano arbitrariamente. Quale fra le due la condotte è più grave : gettare i rifiuti o raccattarli ? Il perbenismo e l’ipocrisia codina che caratterizza i politici e dunque le leggi che dalla loro azione prendono corpo tutto questo non lo hanno compreso. Urgono rimedi. Urge, infine , una task force di servizi sociali – con poca burocrazia da rispettare e tanta voglia di lavorare per monitorare costantemente le condizioni dei giovani Rom. Nei quartieri ghetto il tasso di promiscuità, di positività ai markers dell’Epatite C e dell’AIDS , la mancanza di igiene e l’ ignoranza di norme di profilassi – sanitaria e sessuale – unita a quello dei matrimoni fra consanguinei spesso adolescenti e talvolta – pare- anche a situazioni border line che rasentano l’incesto (matrimoni fra zii e nipoti ) rappresentano una emergenza sociale che deve essere curata . Ai politici e al Clero infine un invito: meno passerelle televisive e meno turismo religioso. Il pellegrinaggio facciamolo alla Ciambra di Gioia. Negli occhi sgomenti di ognuno dei sei ragazzi schiavi – che forse mai riusciranno a trovare un loro nuovo equilibrio – leggiamo la passione di Cristo