Legge Lazzati: bonifica e consenso della legalità
redazione | Il 03, Nov 2012
Come proposta del Movimento 5 stelle di Cosenza per il programma nazionale
Legge Lazzati: bonifica e consenso della legalità
Come proposta del Movimento 5 stelle di Cosenza per il programma nazionale
Riceviamo e pubblichiamo:
Il MoVimento 5 Stelle di Cosenza, allo scopo di ribadire che la mafia si combatte in prima linea e con i fatti, che il rispetto della legalità non ha appartenenza politica, che la politica – sia di destra che di sinistra – degli ultimi decenni ha contribuito alla realizzazione degli interessi della malavita organizzata, che la lotta per la restituzione di un voto libero è fondamentale per una sana e durevole democrazia, intende ripristinare l’originario testo della cd. legge Lazzati, concordemente al Presidente emerito di Cassazione giudice De Grazia, “padre” della legge medesima, una legge che partiva da un concetto a noi, gente del Sud, molto chiaro: le mafie votano e fanno votare, condizionando la vita democratica del Paese.
L’originaria formulazione della legge Lazzati voleva incidere su uno dei nodi cruciali dei delicati rapporti tra politica e malaffare, condizionante il momento più importante della vita di una moderna società civile, la formazione del consenso, proiettando una nefasta ombra sulle istituzioni democratiche e avanzando più che sospetti sull’inquinamento degli appuntamenti elettorali; sospetti diventati crude realtà grazie alle indagini della magistratura che hanno reso evidente come l’infiltrazione criminale nelle istituzioni sia ormai esteso a tutte le regioni d’Italia, soprattutto in quelle più ricche del nord, e sia frutto del voto di scambio tra politica e criminalità organizzata.
Lo strumento che il MoVimento 5 Stelle di Cosenza, in uno al Centro Studi Lazzati, ha individuato per un’effettiva rinascita che parta dalla Calabria ma che vuole e richiede un dibattito nazionale sui temi concreti della legalità, dello sviluppo e della giustizia sociale consiste nella denuncia dell’abuso compromissorio che questo Parlamento ha realizzato nel licenziare l’attuale legge Lazzati, abuso che lo stesso proponente ha vissuto come un tradimento allo spirito dell’originaria formulazione della stessa. Il disposto originario della Legge, per come articolato e pensato dal Centro Studi, era uno strumento che mirava a recidere alla radice (cioè al momento elettorale) l’intreccio perverso tra politica e malaffare così togliendo ai delinquenti e all’antipolitica senza scrupoli la possibilità di concretizzare nel momento topico la collusione tra politica e malavita organizzata, delineando in maniera chiara e semplice il reato e qualificando i soggetti che lo commettevano.
La legge Lazzati (n.175/2010) voleva, di fatto, colmare un vuoto legislativo nell’ordinamento giuridico italiano, prevedendo e punendo il verificarsi del reato di voto di scambio in maniera chiara e semplice. In forza di ciò, oggi, è punito chi conduce una campagna elettorale a favore di terzi, raccogliendo voti attraverso il meccanismo dell’intimidazione (palese o implicita), a patto che risulti provata l’appartenenza al sodalizio criminoso e alla natura e contenuto del rapporto elettorale (art. 416-bis C.P., “do ut des, do ut facias”) o l’intervenuta elargizione di una somma di denaro (art. 416-ter C.P.). L’originaria formulazione della Legge, invece, puniva il sorvegliato speciale (il mafioso riconosciuto, con sentenza, socialmente pericoloso, il cui nome è a conoscenza di ogni presidio delle Forze dell’Ordine ed è privato del diritto al voto) ed il candidato, se in capo a quest’ultimo si dimostra la collusione, con una condanna fino a 6 anni di reclusione, in quanto: “è fatto divieto di svolgere propaganda elettorale in favore o in pregiudizio di candidati e simboli con qualsiasi mezzo, direttamente o indirettamente. Ai fini della presente legge è da intendere per attività di propaganda elettorale qualsiasi attività diretta alla raccolta del consenso svolta in occasione di competizioni elettorali e caratterizzata da molteplicità di atti, coinvolgimento di più persone, impiego di mezzi economici e predisposizione all’uopo di una sia pur minima struttura organizzativa”.
Così pensata, la legge Lazzati era un potente strumento a disposizione dello stato di diritto perché di facile e immediata applicazione: le liste dei sorvegliati speciali sono presenti in ogni questura e la prova circa la trasgressione del divieto di propaganda elettorale è di agevole acquisizione poiché ben individuata dalla normativa. La Legge, quindi, interviene nel momento della formazione della volontà popolare, non a distanza di anni e a danno ormai compiuto. Un principio di diritto così elementare, scritto in una legge di appena 3 articoli (18 righe) ha impiegato ben 18 anni per diventare legge dello stato (è stata in discussione dal lontano 1993): mentre a Milano partiva l’operazione Mani Pulite, in Calabria iniziava l’operazione Voto Pulito. La legge Lazzati è stata prima appoggiata (per pura formalità) e poi osteggiata (attraverso modifiche e lunghi iter di approvazione) sia da destra che da sinistra e, come preannunciato, non è stata approvata nella sua versione originaria, bensì con alcuni emendamenti che l’hanno totalmente depotenziata. Infatti, nella stesura definitiva della Legge, l’originaria formulazione è stata sostituita dalla seguente: “è fatto divieto di svolgere le attività di propaganda elettorale previste dalla legge 4 aprile 1956 n.212, in favore o in pregiudizio di candidati partecipanti a qualsiasi tipo di competizione elettorale”. In altre parole, mentre nella formulazione originale lo sguardo era rivolto a situazioni concrete di reciproco condizionamento tra piccoli o grandi boss del malaffare e uomini politici eletti grazie alla protezione dei primi, il testo – per com’è uscito dal Parlamento – ha voluto limitarlo soltanto al riferimento alla legge n.212/1956 ove per campagna elettorale si intende “l’affissione di stampati, giornali murali od altri e di manifesti di propaganda…” ; con questa formulazione, per restare impunito, il boss può fare tutto fuorché “affiggere manifesti o distribuire volantini”. Appare chiaro, dunque, come lo spirito originario della legge Lazzati sia stato stravolto e non è un caso che il testo attuale sia quello voluto da tutte le forze politiche.
Dalla viva voce del Giudice De Grazia, promotore della Legge, possiamo individuare due linee strategiche su cui impegnare tutti gli attivisti del MoVimento 5 Stelle: la prima riguarda la restituzione dell’originaria “potenza di fuoco” alla legge e la seconda la diffusione della conoscenza di tale strumento e delle finalità che vuole raggiungere. Riteniamo che il primo obiettivo si possa raggiungere attraverso la formulazione di una proposta di legge di iniziativa popolare su cui chiamare a raccolta il popolo italiano per una nuova formulazione della legge che ne ripristini lo spirito originario. Il secondo obiettivo dovrà essere raggiunto attraverso l’eco mediatico suscitato dall’azione dedicata alla raccolta delle firme necessarie nonché attraverso la diffusione del relativo materiale informativo sui nostri classici canali di comunicazione (Blog, Meetup, Social Network, Banchetti, ecc.) ed incontri/convegni mirati.
Movimento 5 stelle Cosenza